Corriere della Sera, 3 luglio 2016
Bolt si è fatto male, a 34 giorni da Rio
A trentaquattro giorni dalla cerimonia d’inaugurazione dei Giochi di Rio, un raffreddore farebbe scattare l’allarme rosso, un foruncolo getterebbe nello sconforto tutta la Giamaica, un’unghia incarnita decreterebbe lo stato di emergenza. Figuriamoci una lesione di primo grado all’adduttore della coscia sinistra, quel fondamentale ingranaggio nella catena di comando della multinazionale Usain Bolt, fabbrica di imprese, medaglie e record. Il Lampo, lanciato verso la terza tripletta olimpica consecutiva (100, 200, 4x100), è fermo ai box. Nella notte italiana ha rinunciato a correre la finale dei 100 ai Campionati nazionali di Kingston, che valgono come trials per Rio, lasciando strada libera al delfino Yohan Blake (9’’95), graziato per una falsa partenza dopo lungo esame del replay. Twittato il coscione dolorante, subito accudito («Il processo di recupero comincia immediatamente»), da quello straordinario medico di se stesso che è, Bolt ha poi postato sintomi, diagnosi e prognosi dell’infortunio che rischia di tenerlo fuori dalla ultima Olimpiade della carriera. «Dopo aver sentito dolore al tendine del ginocchio dopo il primo turno la scorsa notte e poi di nuovo nella semifinale, stasera sono stato visitato dal capo medico dei campionati nazionali, che ha evidenziato uno strappo di primo grado». Nessun problema per il pass per Rio: «Ho subito presentato un certificato medico per essere esonerato dalla finale 100 e il resto dei campionati». La flessibilità della Federatletica giamaicana (Jaaa), infatti, a differenza dell’intransigenza di quella americana (ai Giochi i primi tre dei trials, senza discussioni), consente deroghe per ragioni mediche se un atleta è in grado di dimostrare che un infortunio gli ha negato la possibilità di competere; ma Bolt dovrà comunque conquistarsi l’eleggibilità per il Brasile nei 200 con una gara pre-Olimpiade: la sua performance nella tappa di Diamond League di Londra, il 22 luglio, dove dovrebbe correre il primo mezzo giro di pista della stagione, potrebbe rivelarsi cruciale per le speranze di selezione dell’uomo più veloce del mondo. «Cercherò immediatamente di curarmi nella speranza di tornare in forma per l’anniversario dei Giochi di Londra e guadagnare il pass per Rio» garantisce. Presenza che Blake dà per scontata: «Usain sta bene: il forfeit di Kingston è stato solo a scopo precauzionale».
Sarà, però dopo la rinuncia delle stelle del Dream Team Usa di basket (Curry, Lebron, Leonard, Harden, Davis) e dei signorini del golf (Day, McIlroy), lo scenario di un’Olimpiade senza la stella più luminosa ed annunciata atterrisce. Oggi Bolt decolla dalla Giamaica in direzione di Monaco di Baviera, dove il dottor Muller-Wohlfahrt – l’ex sciamano del Bayern che curava i tedeschi con pozioni a base di sangue di vitello e creste di gallo – allungherà le mani sul velluto dei muscoli del Lampo azzoppato. Due settimane per il recupero, altre due per ritrovare un’intensità di corsa più che accettabile. Già nel passato Bolt è morto e risorto: l’avvicinamento a Rio è una corsa contro il tempo.