Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  luglio 03 Domenica calendario

Sui 9 milioni che servirebbero per recuperare il barcone con i trecento morti nel Mediterraneo

Vale la pena spendere 9 milioni di euro ( denaro pubblico) per recuperare un relitto contenente tra i due e i trecento cadaveri, nessuno dei quali di cittadini italiani o europei? L’interrogativo, posto un paio di giorni fa in Parlamento, con la consueta disarmante ferocia, dall’onorevole Giovanardi, è in realtà cruciale, e molto più popolare di quanto ci convenga pensare. Se sottoposto a referendum, non scommetterei mezzo euro sulla vittoria del “sì, vale la pena”. Penso che vincerebbe il “no, non ne vale la pena”, tanto hanno già provveduto i pesci a ripulire il Mediterraneo da quegli affogati. Gli umani sono biodegradabili, a differenza dei sacchetti di plastica.
Si sente dire in giro, sempre più spesso, che a dover temere il risentimento e l’ostilità degli esclusi sono le élite e gli establishment di ogni ordine e grado. Ma il sospetto è che quei cadaveri stivati, certamente non di alto bordo, più che sulla solidarietà degli esclusi di questa parte del mare possono contare, per il loro recupero, solamente sulla buona volontà dell’establishment (governo italiano e autorità europee). La solidarietà non è una nota distintiva, in questo momento, di chi si appella al popolo contro le élite. Giovanardi lo sa bene, fa politica da parecchi anni.