Corriere della Sera, 3 luglio 2016
«I nuovi sindaci sono dei borghesi di nuovo stampo. E incuriosisce immaginare come si comporteranno davanti agli interessi ed agli strumenti di lotta che gli imperituri lazzari metteranno in campo». L’analisi del voto di Giuseppe De Rita
Dopo una ventina di giorni dedicati a fatti inevitabilmente impressivi (da Brexit al riesplodere del terrorismo alle vicende del Campionato europeo di calcio) comincia pian piano a riaffiorare nell’opinione pubblica l’attenzione e la curiosità verso il governo delle città e verso le loro nuove classi dirigenti. Queste sembrano attratte, in prima battuta, dal confronto con qualche potere forte (in materia di stadio della Roma, di impegno sulle Olimpiadi, di gestione di grandi strutture aziendali e fondazionali, ecc.); ma non sembra in esse crescere la consapevolezza che la crescita delle nostre città non si sblocca se non si riesce a governare gli interessi minuti che si affollano nella loro vita quotidiana. Non è problema recente. Basterebbe rileggere uno straordinario libretto di Benedetto Croce (ristampato da Adelphi) dal titolo Un paradiso abitato da demoni : il paradiso in questione era la Napoli del Settecento, splendida nei suoi paesaggi come nella sua stagione illuministica; e i demoni in questione erano i «lazzari», cioè quei tanti segmenti della plebe napoletana che facevano i propri interessi e comodi con impunita spregiudicatezza e che rendevano quindi impossibili la coesione della vita collettiva e la qualità dell’azione pubblica.
Anche se sono passati decenni e decenni, anche le recenti elezioni cittadine hanno dovuto misurarsi (magari in silenzio) con l’esigenza irrinunciabile di riportare all’ordine, alla legalità dei comportamenti, allo stesso minimale orario di lavoro, alcuni potenti segmenti di lazzari: tassisti, conduttori di autobus e metropolitana, assenteisti seriali, vigili urbani e raccoglitori di rifiuti, ambulanti di vario tipo, capipopolo di periferia. L’elenco è incompleto, ma è sufficiente per capire che le spinte che vengono da questi mondi sono a livello locale più concrete e condizionanti delle nazionali istanze di legalità, di anticorruzione, di trasparenza e controllo dei contratti pubblici. Sono spinte rimaste silenti nella campagna elettorale, ma restano sul campo, e saranno condizionanti per il futuro, quando i sindaci se le ritroveranno davanti come nuovo e per loro sconosciuto campo di governo e probabilmente di scontro.
E sarà uno scontro non puramente localistico, perché si celerà in esso una sottile dialettica di classe. Tutti abbiamo infatti notato che i nuovi sindaci sono espressione e portatori di una cultura e di un’appartenenza squisitamente neoborghese; per la prima volta il ceto medio non si è ripiegato in se stesso o ha delegato il comando al vecchio notabilato, ma ha avuto iniziativa e ambizione da nuova classe. Il grande lago della cetomedizzazione, riempito fra gli Anni 70 e 80, non si è illanguidito in lamenti di sottoproletariato e di precariato, ma ha dato spazio ad un canale di neoborghesia, con chiara voglia di responsabilità e quasi di egemonia. Bastano, per conferma, i curricula e le esperienze dei nuovi sindaci e delle nuovissime sindache.
Sono dei borghesi di nuovo stampo. E incuriosisce immaginare come si comporteranno davanti agli interessi ed agli strumenti di lotta che gli imperituri lazzari metteranno in campo.
Si prepara quindi una bella battaglia e ad armi per ora impari. I lazzari non devono cambiare strategia, possono usare i comportamenti (espliciti e nascosti, furbastri e violenti) che fanno parte da secoli della loro arte di pressione; invece i nuovi amministratori dovranno maturare forme di trattativa e/o di contrasto che superino sia l’antica borbonica tentazione all’ appeasement, sia la ricorrente giusta tentazione al rigore più o meno repressivo. Guardando le prime dichiarazioni, la loro ambizione neoborghese li porterà a privilegiare rigore, trasparenza, efficienza e merito: il risultato finale per il futuro sociopolitico del Paese non è facilmente prevedibile, ma è certo che avremo spettacolo garantito.