
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ci sono un mucchio di notiziole politiche che non si sa bene come prendere, i tre partiti che sostengono la maggioranza litigano tra loro, Grillo impazza rispondendo a un appuntamento fissatogli da Napolitano «mi dispiace, ho da fare» (si vedranno, invece che stamattina, mercoledì alle 11), intanto i grillini esibiscono un mega-assegno da un milione e mezzo, cioè restituiscono i famosi soldi delle diarie, la Borsa sale del 3% perché Draghi ha detto che i tassi non aumenteranno e l’Europa ci concede un po’ di flessibilità a partire dal 2014 ( potrebbe valere 15 miliardi), però il Fondo Monetario proprio ieri ci ha fatto sapere che, a parer suo, l’Imu sulla prima casa non possiamo permetterci di toglierla, «tutti i paesi hanno tasse sulle proprietà immobiliari, e senza esenzioni per la prima casa» (così Kenneth Kang, portavoce del Fmi).
• Beh, Berlusconi aveva detto che se non si cancella l’Imu, il governo va giù.
Saccomani, che era a Washington, di fronte alle osservazioni americane, ha mormorato: «Ne terremo conto». Letta la cosa sulle agenzie, la Santanché ha commentato: «Se Saccomanni darà ascolto all’Fmi, si prepari a cercare un’altra maggioranza».
• Ma la Santanché non doveva diventare vicepresidente della Camera?
Santanché è troppo grossa - per dir così -, i democratici non l’hanno votata e la questione è scivolata a settembre. Pensi che, sul Fatto quotidiano , l’ha difesa persino Travaglio. In realtà, neanche la Santanché è convinta di quella promozione: alla fine, per questa via, i suoi cari amici di partito la farebbero fuori dalla corsa ai nuovi assetti del centro-destra, perché, come sa, Berlusconi ha in testa di cambiare tutto, vuole cancellare il Pdl e far rinascere Forza Italia, abbiamo risentito l’espressione “partito leggero” e anche un modo di dire forse nuovo, cioè “partito di manager”. Secondo molti, sono tutti copioni che servono a rappresentare il ritiro dal palcoscenico politico del Cav, dato che sarà difficile tener testa alle raffiche della magistratura. In ogni caso, smontare il Pdl e rimontare Forza Italia vuol dire azzerare i vecchi organigrammi. Santanché, qualunque cosa si pensi, è un bel tipo e una donna intelligente. Quelli del suo partito che aspirano a essere qualcosa la vivono come una concorrente temibile. Non è detto che i democratici, rifiutandosi di votarla, non le abbiamo fatto un favore.
• Poi litigano anche i democratici.
Ieri, al Nazareno, c’è stato una specie di precongresso del Pd, voluto dai bersaniani, a cui però i renziani (e Veltroni) si sono rifiutati di partecipare. Il raduno, quindi, ha preso l’aspetto di una fondazione del correntone antirenziano, cioè tutti uniti contro il sindaco di Firenze. Le risparmio il dibattito e le rendo noto solo che Franceschini ha ammonito sul pericolo che il partito, risultato della fusione fredda tra Margherita e Ds, ricominci a distinguere al suo interno i “democristiani” dai “comunisti”. E poi la informo che mentre i suoi compagni discutevano a Roma, Renzi gliene ha dette di tutti i colori: «C’è un’Italia che vuole sapere che cosa vuole fare il Pd... Vorrei che il Pd non fosse fatto di correnti, ma di idee... Che questi signori così importanti e autorevoli passino un pomeriggio a parlare di Renzi, mi dispiace per loro, mi sento spaesato, anziché parlare delle mie mosse si dessero loro una mossa... Vorrei un paese che decidesse, non possiamo continuare a rinviare» ecc.
• Ma perché il sindaco di Firenze fa così?
D’Alema gli ha rimproverato di fare la vittima. Lei avrà capito che per Renzi l’entrata di Letta a Palazzo Chigi è stato una specie di cataclisma. O riesce a rimettersi in carreggiata al più presto o verrà logorato dall’attesa. Ogni volta che parla, Renzi deve assicurare di voler bene a Letta. Anche ieri: «Da italiano faccio il tifo per Enrico». Frasi obbligatorie. È significativo però che le debba dire di continuo.
• Poi ci sono le litigate di Scelta civica.
Non è escluso che il risveglio di Mario Monti abbia venature renziane. L’ex capo del governo tecnico vorrebbe anche lui che Letta facesse scelte importanti e chiare. Questo, ha detto ieri, non significa che intende farlo cadere, anzi si augura che resti in piedi cinque anni. Il vero dissidio è con Casini, da cui è imminente il divorzio: Monti gli ha chiesto di uscire da Scelta civica e far gruppo a sé, cosa che avverrà a metà luglio. I partiti che sostengono il governo Letta saranno a quel punto quattro. In ogni caso, col suo attivismo Monti ha ottenuto che ieri si tenesse un vertice di maggioranza. Niente di particolare, Letta ha fra l’altro promesso che la rimodulazione dell’Imu sarà pronta prima di Ferragosto.
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