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 2013  luglio 05 Venerdì calendario

IN TUNISIA, I REALI DEL QATAR FANNO STRAGE DI GAZZELLE

Tra i punti di discussione del primo Forum ambientalista tunisino, il prossimo 29 giugno, c’è anche il calo d’attenzione nella difesa delle risorse naturali e della fauna selvatica. In particolare, la licenza di caccia informale data ai figli dell’Emiro del Qatar nel Sud della Tunisia ha provocato uno sterminio di gazzelle e di otarde.
Nei primi mesi dell’anno hanno piantato in vari punti delle regioni sahariane della Tunisia gli accampamenti «a 5 stelle», hanno scorrazzato con decine di grandi fuoristrada, e hanno praticato in grande stile la tradizionale caccia col falcone.
Apparentemente, una caccia che utilizza la dinamica naturale tra animali predatori e animali predati. In pratica, però, contro poche centinaia di esemplari censiti in Tunisia nelle specie in pericolo, segnatamente l’otarda houbara e la gazzella del deserto, poche decine di falconi ammaestrati sono più micidiali di altrettante mitragliatrici. Volano velocissimi, raggiungono le gazzelle più veloci, e le più lente otarde, azzoppano, sgozzano.
L’ambientalista Abdelmajid Dabbar denuncia: «Gli esemplari di otarda e di gazzella colpiti dai falconi, ma che hanno ancora qualche possibilità di sopravvivere, vengono comunque finiti dai cacciatori. Questi falconi che gli emiri del Qatar portano con sé, vengono allevati in Asia, costano una fortuna, 50 mila dollari l’uno. E nonostante ciò, vengono quasi sempre abbandonati in Tunisia, alterando la specie dei falconi locali e continuando senza tregua la caccia alle specie in estinzione».
La Tunisia è un Paese che regolamenta e controlla la caccia, che è consentita solo al cinghiale e a pochissime specie, e le otarde e le gazzelle sono protette, sulla carta. Il problema è che alla famiglia reale del Qatar – ufficialmente per ringraziarli degli aiuti dati in occasione dell’arrivo in massa di profughi dalla guerra civile in Libia – è stata concessa una sorta di informale licenza di caccia universale.
Proprio come avveniva per i regnati sauditi sotto il regime di Ben Ali, e non a caso il dittatore tunisino, dopo la fuga, si è poi rifugiato in quel paese.
«Solo con Bourguiba» sospira sconsolato l’ecologista Abdelmajid Dabbar «c’era stata una vera tutela della fauna selvatica a rischio. Quando ci siamo liberati di Ben Ali che lasciava fare ai sauditi tutto quello che volevano, è durata poco. Il nuovo governo a dominante islamista regala il nostro patrimonio faunistico ai suoi amici del Qatar. I quali nel loro paese hanno già estinto da tempo questo tipo di animali».