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 2013  luglio 05 Venerdì calendario

ORTOGRAFIA CREATIVA, UN DISASTRO

«Eine Katastrophe», si allarma il settimanale Der Spiegel. Alle elementari non sanno insegnare l’ortografia, e il risultato è catastrofico: alla fine del ginnasio, appena il 20 per cento dei ragazzi sa scrivere senza compiere marchiani errori. E ormai è troppo tardi, con conseguenze per il futuro.
Quale lavoro appena qualificato si potrà svolgere se non si sa scrivere e, dunque, si legge anche a fatica? Per anni si è voluto credere che i cattivi risultati scolastici fossero la conseguenza dei molti bambini stranieri. In certe classi a Berlino, per esempio, su 30 scolari i tedeschi sono due o tre al massimo. I maestri non riescono a farsi capire, e gli allievi non riescono neanche a comunicare tra loro perché manca una lingua base. Si è proposto che i piccoli immigrati seguissero dei corsi già prima delle elementari per imparare il tedesco, ma in nome della parità si sono opposti alcuni gruppi di cittadini bene intenzionati, nonostante che le associazioni di stranieri fossero favorevoli. Ma sembra che non sia del tutto vero.
I figli di una famiglia di profughi dalla Croazia, con genitori che hanno seguito in patria studi universitari, in una scuola di Berlino ottengono risultati migliori dei figli di disoccupati tedeschi, con scarsi studi alle spalle. È più una questione di classe sociale che di provenienza etnica. Ed è colpa di una ideologia libertaria dell’insegnamento: per anni si è voluto sostenere che ogni bambino dovesse imparare a scrivere seguendo il suo istinto, incominciando dalle lettere che più gli piacevano.
Credevo che ci si fosse ravveduti. Quando i miei figli andavano alle elementari in Germania, io facevo l’inviato speciale e quindi potevo frequentare di rado le riunioni dei genitori a scuola. Per la verità ci andai solo una volta, e mi bastò. Mia figlia frequentava un’ottima Montessori pubblica. La preside insegnava, per passione, musica ai bambini. Udii un padre protestare perché gli scolari erano obbligati in un balletto a compiere tutti gli stessi passi a una certa nota: «Ognuno deve muoversi come gli pare, questa è democrazia». Ma non un balletto. E la maggioranza diede ragione allo sciagurato. Era il tempo in cui Fellini girava Prova d’orchestra.
Più di trent’anni dopo, in Germania molti pedagoghi credono ancora all’ortografia democratica. Se un bambino in quarta elementare si ostina a scrivere Vater, padre, che si pronuncia fater, con la f invece che con la v, che male c’è? Prima o poi imparerà da solo la grafia corretta. «È assolutamente sbagliato credere in un modello che lasci al bambino la libertà assoluta di imparare», avverte il dirigente scolastico Timo Greger. Il metodo giusto è quello della mia infanzia: esercizio, esercizio, esercizio. Inoltre l’estrema libertà consente ai bambini di frequentare per cinque anni le elementari senza che gli insegnanti si accorgano di reali difficoltà d’apprendimento, come per i legastenici. Un immediato e giusto intervento pedagogico potrebbe risolvere i problemi. Dopo si complicano, e il ragazzo verrà escluso da studi superiori.
E va sempre peggio. Nel 1972, quando mia figlia imparava a leggere e a scrivere, su un dettato di 100 parole, la media degli errori era di 6,9. I bambini provenienti da famiglie più agiate commettevano meno di cinque errori, i figli di famiglie disagiate erano oltre sette. Trent’anni dopo la media era salita a 12,3 errori, e i bambini più fortunati commettevano oltre nove errori. L’anno scorso la media è stata di quasi 16 errori, e i peggiori allievi sbagliavano una parola su cinque. E il dettato evitava persino le parole dall’ortografia più complicata.