Alessandro Merli, Leonardo Maisano, il Sole 24 Ore 5/7/2013, 5 luglio 2013
DRAGHI RASSICURA: TASSI BASSI A LUNGO
FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente
La Banca centrale europea ha dichiarato ieri esplicitamente e a sorpresa che prevede che i tassi d’interesse resteranno ai livelli attuali, o anche più bassi, per un lungo periodo di tempo. L’indicazione sull’evoluzione futura della politica monetaria («forward guidance» nella definizione inglese), di fatto una guida sulle prossime mosse, è una novità assoluta per la Bce, che sia sotto la presidenza Trichet, sia ora con Mario Draghi, si era sempre rifiutata di impegnarsi in anticipo sull’andamento futuro dei tassi. La dichiarazione di Draghi ha giocato su un difficile equilibrio fra la decisione di mantenere per ora i tassi invariati (come era atteso e nonostante un’intensa discussione sulla possibilità di un taglio) e un atteggiamento nettamente più "morbido" del mese scorso.
L’annuncio, seguito a una decisione unanime del consiglio dell’Eurotower di ieri (con il consenso quindi anche della Bundesbank, nettamente contraria a quasi tutte le ultime mosse della Bce), ha colto in contropiede i mercati finanziari e contribuito a calmare le acque, abbassando la curva dei rendimenti e indebolendo l’euro e sostenendo le Borse, dopo che nelle scorse settimane l’annuncio della Federal Reserve di voler progressivamente ridimensionare l’espansione monetaria aveva creato non poche turbolenze.
La scelta della Bce, ha chiarito Draghi, dipende dal fatto che l’inflazione è sotto controllo, l’economia dell’Eurozona è debole e la moneta, e soprattutto il credito, non crescono. Questi tre fattori saranno decisivi per ogni decisione futura sui tassi. Il presidente della Bce ha anche detto anche che l’attuale livello dello 0,5% del principale tasso di rifinanziamento non è da considerarsi un "pavimento" e ha esplicitamente citato che il tasso sui depositi che le banche tengono presso la Bce stessa (oggi a 0) può essere abbassato. In generale l’Eurotower mantiene un «orientamento ribassista» sui tassi d’interesse e l’uscita da una politica monetaria espansiva è lontana.
Draghi ha precisato che la mossa della Bce non è stata una risposta agli annunci della Fed, ma ha ammesso che il rialzo dei rendimenti sul mercato monetario delle ultime settimane, determinato dalle dichiarazioni della banca centrale americana, e quindi la restrizione delle condizioni monetarie e finanziarie possono avere un effetto negativo sull’economia europea. È chiaro comunque dall’annuncio di ieri che la Bce non intende subire passivamente cambiamenti delle condizioni di mercato anche in Europa che vadano contro le sue intenzioni e che siano determinate da fattori esterni. Interessante notare che l’annuncio della Bce ha seguito di poco una dichiarazione analoga della Banca d’Inghilterra (si veda l’articolo in pagina).
La "forward guidance" è stata adottata per prima dalla Federal Reserve, quando ha voluto mandare un segnale che la politica monetaria sarebbe stata espansiva, con l’indicazione prima di un orizzonte temporale, poi di un "grilletto" che avrebbe fatto scattare un rialzo dei tassi, e cioè il calo della disoccupazione sotto il 6,5%. Draghi è stato assai più vago, non specificando né i tempi delle indicazioni fornite, né le eventuali soglie di inflazione, crescita e moneta che farebbero cambiare posizione alla Bce.
L’Eurotower vede un’economia reale che resta debole, anche se i risultati più recenti dei sondaggi indicano qualche miglioramento da livelli bassi (più che altro un rallentamento della caduta, ha precisato Draghi) con una possibile ripresa graduale fra la fine di quest’anno e il 2014, ma con rischi al ribasso.
Il presidente della Bce ha cercato di minimizzare i problemi creati dalla crisi politica in Portogallo, elogiando il ministro delle Finanze dimissionario Vitor Gaspar, ma anche il suo successore Maria Luis de Albuquerque. E ha ribattuto sul caso dei derivati, contratti dall’Italia quando lui stesso era alla direzione generale del Tesoro, ricordando che si tratta di operazioni elogiate a suo tempo da Eurostat e dalla Commissione europea e che fanno parte della gestione attiva del debito pubblico, per le quali è essenziale l’assoluta trasparenza.
Draghi è tornato anche sull’unione bancaria, sostenendo che, al momento dell’assunzione della vigilanza da parte della Bce e prima della sua verifica sui bilanci delle banche dovrà essere chiaro da dove vengano le risorse per coprire eventuali necessità di capitale.
Alessandro Merli
CARNEY ALLONTANA SUBITO L’IPOTESI DI UNA STRETTA –
LONDRA. Dal nostro corrispondente
Quattro giorni dopo il formale insediamento sulla poltrona di governatore, Mark Carney ha dato la prima inattesa svolta alla strategia monetaria della Banca d’Inghilterra. Inattesa nei tempi, non nella sostanza di una colomba annunciata, quale promette di essere quella che comincia a volare sui tetti di Threadneedle street. La prima riunione del comitato di politica monetaria sotto la guida del successore di Mervyn King ha confermato i tassi e non ha dato ulteriore impulso al quantitative easing. E questo era previsto. Non calcolato era invece il comunicato diffuso subito dopo la riunione ed esplicito abbastanza per far cadere la sterlina sul dollaro ai minimi delle ultime settimane. In un prologo della cosiddetta "forward guidance" che Mark Carney intende adottare, fornendo una dettagliata comunicazione ai mercati sulla strategia che l’istituto centrale vuole perseguire, dalle auguste stanze della Banca è stato lanciato un altolà. Un possibile rialzo dei tassi nel 2015 come le piazze finanziarie già immaginano «non è garantito dai recenti sviluppi dell’economia nazionale». In altre parole: non date affatto per scontata l’idea che nel medio periodo si vada di sicuro verso una stretta, se così si può dire, visto l’allentamento eccezionale che detta l’azione dei banchieri centrali in questi anni di crisi. Parole che alcuni analisti hanno interpretato come il possibile viatico ad un nuovo round di quantitative easing per stimolare l’economia che potrebbe essere deliberato nelle prossime riunioni del direttorio della BoE.
Mark Carney, 48 anni, ex governatore dell’istituto del Canada, per 15 anni in quella fabbrica di banchieri centrali che continua ad essere Goldman Sachs, ci ha messo pochissimo a confermare la sua fama, anticipando quanto illustrerà nei dettagli in agosto in occasione della seconda riunione del comitato di politica monetaria. E lo ha fatto andando contro ogni tendenza. Il suo insediamento è infatti giunto nelle stesse ore in cui una serie di dati macro - a cominciare dall’indice Pmi sul manifatturiero - indicavano un rimbalzo già in corso per l’economia di Sua Maestà. Strumento principe che il neo governatore adotterà è proprio la forward guidance anche se in passato aveva lasciato intendere di volere considerare - qualora il Tesoro fosse disponibile a mutare il mandato della Banca - obiettivi diversi dalla sola inflazione, dalla crescita del Pil alla disoccupazione, per orientare la politica monetaria. La fama di colomba ha indotto molti analisti a prevedere un progressivo calo della sterlina (ieri dopo la riunione era già scesa a 1,51 sul dollaro) già nel corso del mese di luglio e almeno fino alla fine dell’anno.
È evidente invece ciò che si attende il cancelliere dello Scacchiere George Osborne dal nuovo governatore: un aiuto per rilanciare l’economia. La determinazione del Tesoro di non cedere sul fronte dell’austerità, lascia di fatto alla Banca centrale il compito di adottare misure di politica monetaria capaci di stimolare la ripresa. Mark Carney, forte del suo solido record in Canada, è stato scelto per questo. George Osborne lo ha salutato come «un fuoriclasse» e come tale lo ha trattato garantendogli fra l’altro un mandato più breve - cinque anni - e uno stipendio che sfiora il milione di sterline, un multiplo del suo predecessore Mervyn King.
Leonardo Maisano