
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri sono arrivati a Lampedusa 552 profughi. Ma provenivano dalla Tunisia e non dalla Libia, e questo ha – un po’ paradossalmente – svuotato l’evento di drammaticità, almeno dal punto di vista mediatico. Alloggiati nel centro di accoglienza, i 552 saranno poi trasferiti a Bari e a Brindisi. Profughi dalla Libia però ce ne sono: 77 mila uomini, quasi tutti non libici, che hanno varcato il confine con la Tunisia e vogliono tornare a casa loro. Sessantantamila sono egiziani, gli altri vengono dall’Asia o da altri paesi africani. Sono lavoratori stranieri, talmente disperati da essere andati a cercar fortuna da Gheddafi. Adesso stanno ammassati in una specie di fila da giudizio universale e aspettano di imbarcarsi per essere rimpatriati.
• E se venissero qui?Non questi, probabilmente. Frattini, in una conferenza stampa di ieri a cui hanno partecipato anche Maroni e La Russa, ha spiegato che c’è un piano per intervenire dall’altra parte del Mediterraneo, cioè per prevenire in qualche modo l’esodo. Da Catania dovrebbe partire oggi un pattugliatore Libra carico di materiale umanitario: kit, coperte, generi alimentari. L’Italia è intanto impegnata ad aiutare il rientro in patria degli egiziani. Frattini: «Nel giro di 24-48 ore sono in grado di partire navi per allestire nella zona di Ras Jejder un campo di assistenza italiano con la collaborazione dell’alto commissariato Onu per i rifugiati dell’Organizzazione internazionale migranti». Per tutta questa attività umanitaria sono stati stanziati cinque milioni. C’è poi una seconda linea di aiuti che ha come obiettivo Bengasi e Misurata. Si costruirà un accampamento-città in territorio tunisino dove si nutriranno e cureranno gli esuli «depredati di tutti i loro averi». Costoro saranno poi accompagnati, via nave o aereo, ad Alessandria o al Cairo.
• Intervenendo sul posto si eviteranno gli esodi biblici verso le nostre coste?
Esiste un piano B, nel caso tutto questo non serva. Lo ha spiegato Maroni: «Se dovesse verificarsi una fuga di massa verso le nostre coste, ebbene in quel caso avremo centri di accoglienza sufficienti. Li stiamo preparando. Oggi daremo il via alla realizzazione del villaggio di solidarietà di Mineo e accompagneremo questa misura per i richiedenti asilo con un patto territoriale per la sicurezza con i comuni che insistono sul territorio». Non è chiarissimo, ma insomma: il ministro ha evitato di dire che a risolvere il problema deve essere l’Europa. Maroni ha anche precisato che l’Italia è disponibile a fornire mezzi e personale di polizia per un «maggiore controllo dei porti» della Tunisia. Finora i tunisini hanno detto di no a quest’idea, ma il nostro ministro dice che si potrebbe fare, d’accordo con loro, in modo da aumentare gli effetti sulla sicurezza e prevenire l’esodo.
• E se gli americani ci chiedessero di aiutarli militarmente?
Su questo Frattini ha detto categoricamente di no. «È un’ipotesi che ha già sollevato perplessità da parte della Lega araba, è escluso che noi si possa mandar laggù dei soldati per ovvi motivi legati al nostro passato coloniale. Potremmo al massimo dare la disponibilità logistica delle nostre basi, ma anche in questo caso occorre un chiaro mandato internazionale dell’Onu». La Russa ha poi detto che, comunque, qualche contingente partirà per dare copertura militare all’intervento umanitario. Tutte dichiarazioni particolarmente significative nel giorno in cui Obama ha ribadito ufficialmente che Gheddafi «ha perso ogni legittimità e deve andarsene».
• Non c’erano delle navi americane che giravano dalle parti della Libia?
Sì, le tre navi di cui abbiamo parlato ieri e che sono a una cinquantina di miglia dalla costa. Ce ne sono altre due, la Kearsage e la Ponce, dirette verso Creta e pronte a imbarcare 400 marines trasferiti intanto nella base di Sounda Bay. Philip Gordon, sottosegretario al Dipartimento di stato, ha escluso che questi movimenti preludano a qualche iniziativa militare. «Stiamo semplicemente preparandoci a far fronte a qualunque eventualità».
• E la guerra tra Gheddafi e i ribelli come va?
Gheddafi ha sparato contro una nave della Fao carica di mille tonnellate di farina, costringendola a tornare indietro. Il procuratore capo della Corte penale internazionale, Luis Moreno-Ocampo, lo ha messo sotto inchiesta per crimini contro l’umanità. Lui sta cercando di ripigliarsi Brega, che gli insorti, dopo averla quasi persa, sono riusciti a riconquistare. Ieri il colonnello l’avrebbe bombardata, allargando poi l’offensiva a Ajdabiya. Gli strateghi americani hanno studiato la situazione e concluso che la partita è parecchio in equilibrio e ricca di variabili. Per gli insorti sarà ancora molto dura.
(leggi)