Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  marzo 04 Venerdì calendario

SE ROMA È LA MATRIGNA CHE TI CAMBIAVA IL COGNOME

Basta entrare qui. Nella sede degli Schützen (il corpo che «replica» l’antica formazione militare tirolese) al quarto piano
della Casa della cultura di Bolzano, per capire che la polemica non finirà quel 17 marzo. Quando l’Italia festeggerà il 150° dell’unità e gli italiani di lingua tedesca che vivono in Alto Adige faranno finta che quello sia un giovedì come tutti gli altri.
«Noi aspettiamo con ansia il giorno X», dice subito Paul Bacher, comandante dei 5.500 Schützen del Sud Tirolo. «Non siamo interessati alla festa italiana. La cosa importante, per noi, è il ritorno all’amata patria austriaca. Vogliamo essere austriaci, con mezzi legali, ovviamente. Il giorno X costruiremo il nostro futuro con un referendum. Decideremo se restare in Italia, se avere uno Stato libero o se tornare all’Austria. Qualcuno si ostina a chiederci: perché vi sentite austriaci? La risposta è: noi siamo austriaci!».
E anche il presidente della Provincia di Bolzano, Luis Durnwalder, quando ha dichiarato di non avere nulla da festeggiare, si è preso gli applausi di questi patrioti del Sud Tirol: «È stato bravo perché è riuscito a ottenere tanto dal governo italiano e subito dopo ha dichiarato che si sente parte
della minoranza austriaca. «Siamo sotto l’Italia» ha spiegato «accettare va bene, festeggiare no...”. Ma ora vogliamo i fatti».
Parole cui fa subito seguito, però, una raffica di richieste precise, mescolate a rabbia e ricordi: «I monumenti alla Vittoria e a Mussolini debbono scomparire. Smontiamo tutto e mettiamoli in un museo. Ce n’è uno grandissimo a Fortezza, vuoto. Si debbono ripristinare i nomi tedeschi, cancellati da troppi anni. Durante il fascismo, i nostri cognomi furono scalpellati via anche dalle lapidi dei cimiteri. Il presidente non può più affermare, come prima, che non può cambiare nulla perché comanda Roma. Il governo, sui monumenti fascisti e su tante altre cose, gli ha fatto capire che può fare ciò che vuole e, così, gli ha messo in mano una bella patata bollente. Si metta in moto, e subito: e sul referendum, cominci a prepararsi. Anche lui dice che si dovrà svolgere: se e quando l’Italia ci toglierà i soldi che garantiscono l’autonomia. Quel momento è vicino. Durnwalder si impegni subito assieme a noi. Il giorno X non ci può cogliere impreparati».
Ogni domenica, ecco una parata, con i fucili Mauser e i cappelli piumati. Il 20 febbraio scorso, nel 201° anniversario della morte di Andreas Hofer, l’eroe tirolese che combattè contro Napoleone, il presidente del Consiglio comunale di Bolzano, Luis Walcher ha ricordato «gli eroi che si sono sacrificati per noi: Hofer, Peter Mayr e anche i combattenti per la libertà degli anni 60».
I combattenti, però, sono i terroristi che facevano saltare i tralicci dell’energia elettrica. Il comandante Bacher, allora, mette le mani avanti. «Lo ripeto: solo mezzi legali nel nostro presente e nel nostro futuro! I fucili possono sparare soltanto a salve. Ma vogliamo arrivare presto al referendum perché, dopo novant’anni trascorsi sotto l’Italia, ora ci sono dei giovani che dicono: “Che ce ne frega, la domenica noi andiamo a sciare, non in parata”. Per arrivare al giorno X, useremo tutto il nostro peso elettorale. Oltre ai 5.500 iscritti, abbiamo anche duemila soci e tutti i loro familiari. Durwalder è uno Schützen, ma non tutti l’hanno votato. Tanti lo accusano di non difendere la nostra patria».
Ma ora proviamo ad ascoltare il presidente: «Quelli di lingua italiana» replica «dicono che sono troppo tedesco e quelli di lingua tedesca che sono troppo filo italiano». Durnwalder, una
vita nella Südtiroler Volkspartei (Svp), allarga le braccia: «Per quanto riguarda i monumenti, abbiamo già dei progetti. Io non credo però che sia positivo abbattere il monumento alla Vittoria o togliere i simboli fascisti. Sarebbe come strappare i denti a un leone: dopo, nulla avrebbe più senso». Lui, invece, sembra pensare a una sorta di «museo» della sofferenza sudtirolese. «È giusto mettere cartelli che raccontino perché fu costruito l’arco della Vittoria, mostrando anche gli orrori del fascismo e del nazismo. E il bassorilievo del Duce, che oggi tutti sono obbligati a guardare entrando in tribunale, può essere nascosto da una costruzione di legno. Lo vedrà solo chi deciderà di varcare quella soglia. Così, anche gli amici Schützen saranno contenti...».
E gli italiani-italiani del Sud Tirolo? Migliaia di messaggi di protesta sono arrivati al giornale Alto Adige, dopo l’annuncio del no alla festa del 150°: «Fate gli autonomisti con i soldi di Roma!». «Io però ho chiarito» ribatte Durnwalder «Anche con Napolitano. Prima, forse, non ero riuscito a spiegare i miei sentimenti. Se la festa dell’unità ricordasse soltanto il 1861, parteciperei senz’altro, come ogni anno vado alla festa della Repubblica. Ma dopo c’è stato altro: la guerra di conquista, il fascismo… Fuori da qui, poi, sembrerà strana anche la richiesta di valorizzare la toponomastica tedesca. Ma bisogna essere nati qui per capire... Io, per esempio, ho potuto riavere il mio cognome solo nel 1970. Prima Durwal- der, che significa Bosco secco, era tradotto in Durna di Selvae io ero Luigi, non Luis. Il
mio maso si chiama Oberwalder che significa Bosco di Sopra: divenne Valda di Sopra. Mio padre, durante il fascismo, fu schiaffeggiato perché portava il cappello tirolese. Difendere nomi e tradizioni vuol dire difendere la nostra cultura».
Ma, a leggerla solo secondo la politica, appare tutto più complicato. Così, mentre la Svp, dopo il «mercato» di voti a favore di Berlusconi in cambio di nuovi poteri, rischia di spaccarsi (a Roma dà voti al Pdl, a Bolzano sta con il Pd), esulta invece la Südtiroler Freiheit (Libertà per il Sud Tirolo) di Eva Klotz, figlia di Georg, il terrorista altoatesino detto il «martellatore della val Passiria». «Adesso finalmente» spiega la consigliera provinciale Klotz «i tempi per il referendum sono maturi. Lo hanno fatto anche per l’indipendenza del Sudan e tutto il mondo ha applaudito... Perché non possiamo decidere anche noi? Il motivo vero è che la Svp, in realtà, non vuole andare via da Roma». E così l’accusa di una «intesa col nemico» si fa diretta: «Dicono che l’autodeterminazione è giusta, ma non realistica» aggiunge Eva Klotz «Intanto continuano a mercanteggiare per portare a casa sempre più
soldi. Il nostro obiettivo è un altro. Non è tutto oro quello che luccica. Durnwalder esalta l’autonomia conquistata, ma è bastata una sua frase sul no alla festa italiana per scatenare una polemica furibonda e l’intervento di Napolitano».
Così, il «mercato» di Montecitorio infiamma l’ala più dura del Sud Tirolo: «Ma che autonomia è mai questa, se non puoi esprimere ciò che senti? Forse anche la Svp lo capirà: i soldi non valgono la libertà».