ANTONELLA RAMPINO, La Stampa 4/3/2011, 4 marzo 2011
L’opzione militare è sul tavolo ma l’Italia non vi parteciperà - Il governo italiano è consapevole che esiste la possibilità di un’azione militare in Libia, così come affermato ieri da Barack Obama
L’opzione militare è sul tavolo ma l’Italia non vi parteciperà - Il governo italiano è consapevole che esiste la possibilità di un’azione militare in Libia, così come affermato ieri da Barack Obama. Al momento, la minaccia dell’uso della forza ha la forma di tre navi della Us Navy nelle acque antistanti Tripoli, in funzione di deterrenza. Ma l’opzione è sul tavolo, pronta in caso di ulteriori violenze sui civili, e Franco Frattini ne ha parlato mercoledì mattina al Comitato parlamentare per la sicurezza nazionale. Audizione secretata, ma dalla quale filtra da fonti politiche proprio questo: «È sul tavolo l’opzione militare». Frattini ha poi aggiunto che di quella missione militare «mai l’Italia farà parte, per ovvi motivi legati al nostro passato coloniale, semmai metteremo a disposizione le basi». Nessun accenno invece al Trattato di amicizia italo-libica firmato da Berlusconi con Gheddafi nel 2008, che proprio quel passato coloniale superava, e che è ancora in vigore: al punto 4 prevede che «nel rispetto dei principi della legalità internazionale l’Italia non userà e non permetterà l’uso del proprio territorio in atti ostili contro la Libia». Per questo, realisticamente, la messa a disposizione delle proprie basi militari non potrebbe che avvenire, come del resto tutta l’operazione, che con il via libera di un’apposita risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Al Copasir, riferiscono fonti politiche, Frattini avrebbe anche assicurato che a un’eventuale azione militare eviterebbero di partecipare Stati Uniti e Inghilterra. Si teme che scoppi come una polveriera l’Islam africano, in quel caso. Ma resta da vedere se un’eventuale missione Nato composta da altre nazioni verrebbe tollerata. Inizialmente, si era pensato a un coinvolgimento di Unione Africana, di difficile praticabilità poiché Gheddafi è per l’appunto uno storico leader africano; e della Lega Araba, che però nonostante la ferma condanna alle repressioni di Tripoli si è sfilata, prendendo invece in considerazione una «mediazione» del venezuelano Chávez, che da giorni grida al complotto anglo-americano contro il suo amico Gheddafi. Di Libia si parlerà al Consiglio Supremo di Difesa che Giorgio Napolitano ha convocato al Quirinale il 9 marzo, proprio alla vigilia del doppio vertice a Bruxelles, il 10 e l’11, dei ministri degli Esteri e dei Capi di Stato e di governo europei, dove si darà anche il via alla missione «di monitoraggio» a Tripoli della Ue. Ma intanto la Nato, dopo che nei giorni scorsi sia Hillary Clinton che Susan Rice, rappresentante americana all’Onu, avevano dichiarato che «nessuna opzione è esclusa», tiene esattamente la stessa linea. L’ha ribadita ieri il segretario generale Rasmussen che, dopo la riunione degli ambasciatori presso l’Alleanza a Bruxelles, ha dato l’incarico alle autorità militari di esaminare il possibile ruolo nella crisi: assistenza umanitaria, sostegno all’embargo per le armi, ed eventuale no fly zone. Gli Stati Uniti la considerano però ormai un’operazione ad alto rischio, e ai limiti della guerra: per istituirla occorre neutralizzare infatti le forze militari di Gheddafi. Inoltre, come ha detto a Frattini ieri il ministro degli Esteri Alain Juppé, la Francia è contraria. E così pure la Germania, che considera anche «controproducente» un intervento militare, stessa linea di spagnoli e polacchi. Una partita a scacchi complessa, quella ingaggiata con Gheddafi. Al fine di indurlo a mollare il potere, con il rischio che il ricorso alle armi scatti per reazione più che per intenzione. E in quel caso, senza neanche una risoluzione Onu di copertura.