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 2011  marzo 04 Venerdì calendario

«Ho pilotato aerei per 13 anni. Senza brevetto» - La fine del viaggio arriva giusto un anno fa all’aeroporto di Amsterdam

«Ho pilotato aerei per 13 anni. Senza brevetto» - La fine del viaggio arriva giusto un anno fa all’aeroporto di Amsterdam. Il boeing 737 della Corendon Airlines è pronto per Ankara. La polizia è appena salita in cabina di pilo­taggio. Vogliono controllare la licenza di volo del comandante svedese Thomas Salme. Il cuo­re gli batte fortissimo, un lungo sospiro prima di prendere i do­cumenti. È la fine di viaggio du­rato tredici anni. E lui lo sa. Il brevetto è un maledettissimo falso. «Ho bluffato, non ho mai preso il brevetto, andiamo, ho una lunga storia da raccontar­vi ». Il comandante si toglie i gra­di e li­lascia sul tavolo della com­missariato. Thomas, 42 anni, ha mentito per tredici ed è stan­co. Mai messo piede in una scuola di volo, mai fatto una le­zione, la licenza lui,se l’è inven­tata una sera tardi, copiando quelle vere. «Quando ho letto che l’Air One cercava piloti ci ho provato. Ho mandato il cur­riculum; quando mi hanno chiesto le esperienze preceden­ti, ho pensato ai cartoni animati e ho scritto Aladin Airlines . Pen­savo che mi avrebbero scoper­to. Invece mi hanno chiama­to ». Era il 1996, e quel giorno Thomas ha iniziato a volare al­to. Tredici anni in cielo, come il titolo del suo libro che uscirà a fine anno per Norstedts, casa editrice svedese. Undicimila ore di volo, un milione di pas­seggeri. Mai un problema. Tho­mas aveva istinto e talento. I vo­li più pericolosi sono affidati a lui. Lampedusa e Reggio Cala­bria fanno paura quasi a tutti, a lui no. Thomas è un falso ma nessuno lo scopre fino all’anno scorso. Thomas cade e si rialza, oggi fa il fotografo e racconta con il sorriso, consapevole di averla scampata. «Ho osato e mi è andata bene. Sono la pro­va che anche uno senza possibi­lità può farcela». Come hanno fatto a ma­scherarla? «Una soffiata. Forse un impie­gato che si è insospettito dalla mia licenza senza timbro. Do­po 13 anni qualcuno si è posto qualche domanda». Ma come è possibile che mai nessuno se ne sia ac­corto? «Fortuna. Non me lo spiego neppure io. Si sono fidati, forse non pensavano che uno avesse il coraggio di mentire su que­sto ». Mai un errore? «Sì a dire il vero uno sì.Era l’ini­zio. Ero ancora secondo pilota. Volo Milano-Roma, gente seris­sima, a bordo politici e uomini d’affari.Il comandante mi dà la possibilità di fare l’annuncio ai passeggeri. Un onore. Saluto e dico: arriveremo con dieci mi­nuti d’anticipo perché abbia­mo il vento in culo. Gelo. Il co­mandante sbianca. Nessuno mi aveva spiegato che in italia­no si dice vento in coda. Esco dalla cabina e mi scuso. Mi han­no applaudito». È stato condannato? «Duemila euro di multa e due settimane di carcere. E la licen­za ritirata». Ma lei non l’ha mai avuta. «Appunto, sono stato fortuna­to anche in questo. Se mi aves­s­ero arrestato ad Ankara mi sa­rebbe andata peggio». Mai pensato di fare la scuo­la come gli altri? «Non avevo le possibilità eco­nomiche. La mia famiglia non era ricca. Mi sono dovuto arran­giare ». E lo ha fatto benissimo. «Non voglio sembrare presun­tuoso, ma io ero davvero un pi­lota eccezionale. Ho fatto tutto da solo, studiavo di nascosto, sentivo di avere un talento per il volo. Mai un problema, ai miei passeggeri non ho mai fatto cor­rere il minimo rischio, per que­s­to il procuratore non ha infieri­to ». Quando ha deciso che avrebbe fatto il pilota? «La passione per gli aerei è una cosa strana.Ti prende quasi al­l’improvviso e non ti lascia più. A me è arrivata a otto anni. Se­guivo mio padre fotografo. Un giorno mi ha portato in aeropor­to. Mi si è aperto un mondo. Ho visto tutta quella gente che par­tiva, che arrivava. È così che ho iniziato a voler volare». Come ha imparato a pilota­re un aereo? «Ho iniziato da casa, con i pro­grammi di Microsoft, che si­mulavano il volo. A Stoccol­ma, vicino a casa mia, c’era la scuola della Sas, la compa­gnia di bandiera. Un giorno ho telefonato, ho detto di es­sere un pilota disoccupato. Mi hanno fatto fare un volo sul simulatore di volo che usa­no i­piloti per tenersi in allena­mento. Non capivo niente, mille bottoni. Ma sentivo che era il mio destino». Tutto così facile? «Ho fatto amicizia con un tec­nico. Mi faceva entrare di not­te, quando il simulatore non serviva a nessuno. Le prime ore di volo le ho fatte lì. Fin­gendo ». Poi il salto di qualità. La chiama Air One. Come ha fatto? «Non mi sono mai posto limi­ti. Ho letto che cercavano pi­loti. Mi sono buttato. Quan­do mi hanno chiamato per fa­re una prova sul simulatore è andata benissimo. Il mio esa­minatore mi ha stretto la ma­no e mi ha detto: “ congratula­zioni Thomas, benvenuto a bordo“. Tre mesi dopo vola­vo ». Errori veri? «Mai. Nemmeno quel giorno che a Lampedusa sono atter­rato con un motore in avaria perché era entrata un’aqui­la ». Rimpianti? «Non lo so. Se ci pensi queste cose non le fai. Allora ero un ragazzo di vent’anni.Mi han­no preso. Ho tanti fan, il capo della polizia è venuto a trovar­mi in cella per un autografo, ma ai ragazzini ripeto di non fare come me, che poi queste cose si pagano. Le bugie ti pe­sano. Sono come una maledi­zione. Ogni volta che suona il telefono tremi, hai una mo­glie e figli che ti credono un altro. Dalla coscienza non scappi, torna sempre a pre­sentarti il conto. Anche se vai a 700 chilometri orari».