Vincenzo Trione, Corriere della Sera 04/03/2011, 4 marzo 2011
QUELLA SFIDA DI COSTRUIRE PICCOLE CITTA’ (IM) POSSIBILI
Nel corso dei secoli, gli artisti hanno sempre voluto mettere in scena il reale. Nel Novecento — con le avanguardie — hanno provato a sostituirlo, a reinventarlo, a ridisegnarlo. Si pensi ai futuristi. E al loro prometeico slancio per ricostruire radicalmente l’universo, come si legge in un celebre manifesto del 1916 di Balla e Depero, dove si afferma che non ci si può più limitare a «cantare» il mondo: bisogna trasformarlo, sostituirlo, rallegrarlo. Il piano bidimensionale della tela è inadeguato per esprimere le fughe della vita moderna. È giunta l’epoca dei «complessi plastici astratti» : prefigurazione delle installazioni contemporanee. Da questa profezia sono partiti molti protagonisti dell’arte del nostro tempo, i quali hanno edificato piccole città impossibili: esercizi minimali, fatti di tasselli accatastati, per simulare articolazioni e disarticolazioni urbane. Sperimentazioni plastiche: come l’ «Ephemicropolis» di Peter Root, sequenza di 100.000 graffette che compongono uno skyline provvisorio; o come «Plan B» di Thomas Hirschhorn, stratificazione di rifiuti adoperati per evocare metropoli; o, infine, come i panorami arcaici e insieme fantascientifici di Miquel Navarro, con blocchi di acciaio di diverse misure avvicinati, in modo da suggerire apocalittiche vedute. In altri casi, l’obiettivo è più ambizioso: portarsi al di là dell’ambito poetico. Una sfida impegnativa: ritagliare, nel corpo della società, cellule alternative. Estrarre costellazioni felici dalle costellazioni in cui quotidianamente ci muoviamo. Progettare scenari non scalfiti da conflitti etnici, da attriti politici, da ideologie invasive, da angosce produttivistiche. Farsi carico di una straordinaria utopia: far sorgere regni non contagiati da soprusi, né da gerarchie. In tal senso, il modello di riferimento è costituito dal Bauhaus. Un’accademia dei saperi, che verrà osteggiata e combattuta dal nazismo. Ideato da Gropius, animato da personalità come Albers, Itten, Kandinskij, Klee e Moholy-Nagy, il Bauhaus è sorretto dal desiderio di riannodare arte e industria. Fondato sulla costante collaborazione tra maestri e allievi, si propone di intervenire in ogni ambito della comunicazione visiva (la città, gli edifici, i veicoli, i mobili, gli oggetti, i vestiti, la pubblicità, i marchi di fabbrica, il packaging, la grafica, gli spettacoli teatrali, cinematografici). È una comunità che concepisce l’attività creativa non come momento eccezionale ma come mestiere da studiare: la forma non si dà mai come evento compiuto ma come processo in divenire. Una scuola democratica e anche, come ha scritto Argan, una scuola di democrazia, che vuole autodeterminarsi: «cioè si sviluppa (…) da sé, organizza ed orienta il proprio progresso» . Forse proprio al Bauhaus ha guardato un regista come Emir Kusturica, il quale, nel 2004, ha allestito un villaggio, su un piccolo altopiano, tra le foreste sulle montagne intorno a Belgrado. Destinato ad accogliere solo cinquanta abitanti, il villaggio è costruito con travi di legno e con parti di antiche dimore montane. Le case— in stile vernacolare-barocco — con tetti a doppia falda, convergono verso una strada principale, che termina con la prospettiva di una chiesa ortodossa. Un insediamento chiuso, autarchico, celebrazione dell’identità della Grande Serbia, governato da un Sindaco che può scegliersi i suoi concittadini. Di cosa si tratta? «Un film che puoi attraversare, toccare» , ha detto l’autore di Underground. Un luogo dove si tengono seminari e workshop per imparare a lavorare la ceramica, a fare la marmellata, la birra, un film. Benvenuti nel «Club degli Amici delle Arti e del Cinema» . Qualche anno prima — nel 1998 — Michelangelo Pistoletto ha istituito Cittadellarte. Un’organizzazione non a fini di lucro, che ha sede a Biella, in un’ex manifattura laniera (del XIX secolo): un complesso di archeologia industriale, tutelato dal Ministero dei Beni Culturali. Un laboratorio di talenti, che vuole promuovere un cambiamento collettivo attraverso idee e progetti «umanistici» . Un incubatore di energie, che interviene in diversi settori della società, in un’ottica etica ed ecosostenibile. Un’Università delle Idee, in cui sono coinvolti giovani di diversa provenienza. Una Repubblica platonica, dove si realizza tutto in maniera responsabile e civile: perché ogni uomo è un frammento del tutto. Per un verso, Cittadellarte è un’area in cui la «poesia» viene protetta e difesa. Per un altro verso, è una polis sempre in dialogo con l’esterno. È strutturata organicamente secondo un sistema monadico: vi è un nucleo centrale che, a sua volta, è suddiviso in altri nuclei, chiamati Uffizi. Ogni Uffizio si occupa di un tema (arte, educazione, ecologia, economia, politica, spiritualità, produzione, lavoro, comunicazione, architettura, moda, nutrimento). Siamo dinanzi a un prototipo simbolico, come ama ripetere Pistoletto, il quale da anni ha deciso di collocare qui anche il suo atelier. Il Bauhaus, il Villaggio serbo e Cittadellarte, dunque. Sono regioni extraterritoriali dove l’arte si fa atto esistenziale: gesto che vuole confondersi e ripercuotersi sulle dinamiche della vita. Descrivendo il suo buen retiro, Emir Kusturica ha detto: «È una fiaba in cui la bellezza è separata e difesa dal resto del mondo» .
Vincenzo Trione