Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
I droni che hanno bombardato Sirte il 1° agosto sono partiti dalla Giordania. I prossimi potrebbero partire da Sigonella?
• Sìii?
Probabilmente partiranno da Sigonella, la più importante base americana nel Mediterraneo, in provincia di Catania. Il nostro ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ieri ha detto: «Il Governo è pronto a considerare positivamente un eventuale utilizzo delle basi e degli spazi aerei nazionali a supporto dell’operazione militare Usa in Libia, dovesse tale evenienza essere ritenuta funzionale ad una più efficace e rapida conclusione dell’azione in corso». Arturo Scotto, di Sinistra italiana, ha subito chiesto un passaggio parlamentare e un voto formale. Credo che su questo non ci saranno problemi, anche se un accordo bilaterale siglato a gennaio, e relativo al decollo dei droni, «non prevede passaggio parlamentare dal momento che si tratta di una disponibilità data ai nostri alleati nell’ambito della coalizione internazionale anti-Isis», come disse a suo tempo il presidente della commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre. Però gli italiani, anche se vogliono star sicuri, non vogliono guerre. Droni che partono da Sigonella per bombardare quelli dell’Isis possono far perdere voti, specie se poi arriva una reazione dell’Isis.
• Potrebbe esserci una reazione dell’Isis?
I servizi segreti di Seul hanno segnalato, qualche settimana fa, una lista segreta compilata dall’Isis e che contiene l’elenco delle 77 basi americane più importanti del mondo da colpire. E i nomi di diverse decine di personaggi, che vivono in 21 paesi, da uccidere. I servizi non hanno reso nota la lista, ma l’Italia è presente di sicuro con Aviano, Vicenza e Sigonella. Il tunisino Lassaad Briki e il pakistano Muhammad Waqas, arrestati l’anno scorso, a maggio sono stati condannati a sei anni per aver progettato attentati contro la base Ghedi di Brescia, da cui sono partiti i caccia incaricati di scoprire gli obiettivi sensibili in Iraq. Della settantina di bombe atomiche che gli americani tengono depositate in Italia, una ventina stanno proprio a Ghedi. Lo stesso lavoro che prima veniva garantito da Ghedi viene fatto adesso dagli Amx che decollano da Istrana in provincia di Treviso.
• Quante basi americane ci sono in Italia?
Considerando tutto, anche i depositi di munizioni o i centri d’ascolto, un centinaio: Sigonella, dove si verificò la famosa crisi tra Craxi e Reagan del 1985, quando Craxi mandò i carabinieri ad accerchiare le truppe americane che volevano la consegna di un gruppo di terroristi atterrati a Sigonella e che Craxi invece lasciò andare; la caserma Carlo Ederle di Vicenza, contestatissima ai tempi di Prodi, che ospita lo United State Army Africa, cioè le truppe americane che si dedicano all’Africa; Aviano in Friuli, che sarebbe italiana, ma viene adoperata dall’Usaf in quanto dal 1954 è base Nato: ospita aerei più grossi di quelli che stanno a Catania, per esempio i velivoli da rifornimento. Poi, sempre in Sicilia, a Niscemi, gli americani hanno installato il sistema Muos a quattro stazioni destinate a ricevere dati da satelliti e a coordinare le emissioni provenienti dai ventimila terminali radio statunitensi sparsi nel mondo. Non c’è bisogno tuttavia che i terroristi attacchino Niscemi, già bloccata dai tribunali o dai Tar italiani e da ultimo fermata dalla Cassazione. Per darle un’idea di quanto siamo seriamente impegnati contro il terrorismo, la procura di Caltagirone attacca Niscemi perché considera le installazioni un abuso edilizio.
• Suppongo che gli americani, prima di cominciare i bombardamenti su Sirte, si aspettassero un qualche aiuto dagli alleati europei.
Non c’è alleato più infido degli europei, ciascuno dei quali fa il suo gioco. Al contrario degli italiani, che vorrebbero una Libia unita sotto la loro influenza, i francesi vogliono una Libia spaccata tra Tripolitania e Cirenaica, in modo da prendersi buona parte del petrolio e in questo sono d’accordo con il dittatore egiziano Al Sisi, col quale siamo messi male per via del caso Regeni. I francesi hanno sempre negato di avere loro uomini in Libia, ma il 20 luglio la milizia islamista a est di Bengasi ha abbattuto un elicottero e a bordo c’erano proprio tre sottufficiali francesi. Così Jean-Yves Le Drian, il loro ministro della Difesa, ha dovuto ammettere per la prima volta che sì, in loco operano anche forze speciali francesi. Anche gli inglesi aiutano il generale Haftar, che sta a Bengasi, è l’uomo degli egiziani, punta a prendere Sirte e a proporsi come il vero interlocutore del mondo, il capo dell’unico esercito libico davvero in azione. Gli americani sono intervenuti anche per fargli abbassare le ali, ma intanto il governo di Tobruk, in Cirenaica, ha convocato l’ambasciatore Usa per chiedere spiegazioni circa l’intervento.
• Cioè a Tobruk c’è un governo che può chiedere spiegazioni agli americani a proposito di un intervento che è stato chiesto dal governo di Tripoli? «Chiedere spiegazioni», nel linguaggio diplomatico, significa «avversare».
Sì, il Parlamento di Tobruk non ha ancora votato la fiducia al governo di Tripoli, quindi a Tobruk c’è un governo in grado di disfare quello che si fa a Tripoli. Nel comunicato, quelli di Tobruk fanno sapere che l’ambasciatore Usa in Libia sarà ascoltato dalla Commissione della Difesa e della Sicurezza nazionale «per chiarire i raid Usa e le violazioni aeree senza permesso sulla città di Sirte». A quelli di tobruk cioè non interessa che gli americani siano stati chiamati da Tripoli
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