la Repubblica, 4 agosto 2016
Quelle vecchie coppie che hanno raggiunto la parità di diritti così tardi che stringe il cuore
Saranno due ottantenni, Franco e Gianni, i due primi torinesi a usufruire, celebrante la sindaca Appendino, della nuova legge sulle unioni civili. Anche da Bologna arrivano immagini non “verdi” di due signore finalmente conviventi – dopo una vita intera – con qualche comfort di legge. Poco da spartire con l’idea (propagandistica) di costumi sovversivi che fanno irruzione nella quiete sociale, scompigliandola. Qui ci si imbatte nella quasi ovvia routine familiare di coppie consolidate, la cui raggiunta parità di diritti arriva così tardi che in alcuni casi stringe il cuore, immaginando la lunghissima attesa e il sentimento di esclusione, a volte l’ansia di non fare in tempo a sistemare le cose come vanno sistemate, specie se uno dei due partner è ammalato grave.
Mi sono tornati in mente due vicini di casa estivi, in Liguria, detti “gli avvocati”, anziana coppia della quale (erano gli anni Sessanta) nessuno diceva chiaramente, specie di fronte a noi bambini, che erano omosessuali. Qualche sorriso e qualche ammicco degli adulti, specie degli adulti maschi, lasciava intendere qualcosa; di questo qualcosa faceva parte anche un vago senso di illecito. Bambino, non capivo: mi sembravano solo due vecchi signori di grande gentilezza, e di eleganza non avvicinabile dagli altri condòmini. Capii da ragazzo. A distanza di tanti anni mi permetto un affettuoso brindisi alla loro memoria. Vale, spero, come celebrazione postuma del loro amore coniugale.