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 2016  agosto 04 Giovedì calendario

Il Brasile ancora ai piedi di Neymar

Due anni e poco meno di un mese dopo una nazione intera si rimette ai piedi di un ragazzo sbruffone, i piedi magici e un conto in banca che fa spavento. Otto luglio 2014, a Belo Horizonte va in scena una mattanza che il Brasile non dimenticherà mai, 7-1 per la Germania nella semifinale mondiale. Da quel giorno il Mineirazo sta negli incubi peggiori di questa nazione che pure al calcio ha già regalato uno dei migliori capitoli nella letteratura della sconfitta. Anche con un postumo senso di compiacimento.
Le speranze di un Paese
In ginocchio nel calcio, il Brasile ha finito per non risollevarsi più nemmeno in tutto il resto. La festa è finita da un tempo, forse nemmeno il pallone asciuga più le ferite e allora bisogna aspettare domani per capire se davvero questo gigante ha deciso ancora un’altra volta di votarsi a una nazionale di calcio per ritrovare un sorriso meno forzato di quello che vediamo fare dai volontari qui ai Giochi.
Una rosa ma una faccia sola per questa nazionale olimpica. L’uomo della Provvidenza è ancora una volta il più pagato di tutti: Neymar. Risparmiato dal disastro di due anni fa, un tram chiamato Zuniga gli fracassò una costola togliendolo in anticipo dal Mondiale, ora ci riprova. Quasi un segno del destino: non c’è macchia nel suo curriculum, quella sera con lui e Thiago Silva in campo, chissà, magari sarebbe andata in un altro modo ma questa in fondo è una speranza che il tempo ha annacquato.
Ora il Brasile ci riprova: tutto è fatto per mettere il timbro della Confederação su quel titolo olimpico che in 116 anni non è mai arrivato. Un’onta per i Pentacampeao che hanno visto vincere due volte l’Uruguay e altrettante l’Argentina, un digiuno olimpico che quattro anni fa a Londra sembrava poter e dovere finire. Ma quando c’è di mezzo il Brasile la storia del pallone di diverte a prendere un’altra direzione. Infatti la medaglia d’oro fini al collo del Messico e così la Torcida mise anche Wembley nella collezione degli stadi da dimenticare. O, per il solito sottile piacere, da ricordare.

«Felice ma non perfetto»

Oggi comincia un’altra storia. Non c’è solo lui nella Seleçao, vero: gli giocano a fianco Felipe Anderson, Gabigol, Gabriel Jesus. Gente che conosciamo e che forse conosceremo ma che per ora sta nei titoli di mercato. Ma si passa sempre da Neymar. Gli hanno proibito la Copa America, serviva un volto per la copertina e poi magari anche per il poster, lui mica ha fatto una smorfia. Anzi. La Nike gli ha disegnato la nuova scarpa olimpica, vuoi mettere con la Copa? Gioca a Brasilia, il Brasile, e per l’esordio ha pescato il Sudafrica in un girone che comprende anche Iraq e Danimarca. Pratiche da sbrigare in fretta. Meno complicate di quelle con il fisco che in febbraio ha sequestrato al ragazzo nato nel Barrio Rodeio di Mogi das Cruzes, yacht, jet e beni per 59 milioni di dollari. È quella vita fuori dal campo che non piace a tutti, ma lui tira dritto: «Sono nato per essere felice, non perfetto». Nato per essere Neymar. E vedremo se anche per tirare fuori il Futebol dalle secche.