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 2016  agosto 04 Giovedì calendario

L’Atac e tutte quelle procedure negoziate che finora gli hanno permesso di fare come gli pare. Il dossier di Cantone

Le gare pubbliche, nel segno della concorrenza e della trasparenza, non sono di casa all’Atac, la municipalizzata dei trasporti che fa dannare i romani. Meglio ricorrere alle “procedure negoziate”, che è come dire scegliere chi gli pare per qualsiasi lavoro, ricambi, forniture.
Perfino per le consulenze legali, quando pure ci sono gli avvocati in casa e invece si ricorre inopinatamente agli esterni. A certificarlo definitivamente, dopo un’indagine puntigliosa durata quasi dieci mesi, è l’Autorità nazionale anticorruzione di Raffaele Cantone. Il quale mette la firma su un doppio dossier che da ieri è stato spedito ed è in bella evidenza sulla scrivania del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e del suo omologo alla Corte dei Conti. Come più volte ha documentato Repubblica in questi mesi raccontando il malaffare dell’Atac, le carte di Cantone sono l’ultima e pesante denuncia contro un’azienda dove i comportamenti anomali, che sforano nell’illegalità, sono di casa. Sempre alla procura si sono già rivolti l’ex assessore ai Trasporti del Comune di Roma Stefano Esposito e il direttore generale dell’azienda Marco Rettinghieri. A questo punto, dopo l’ulteriore timbro di Cantone, non resta che attendere le conclusioni della magistratura.
Cinque anni di gare, dal 2011 al 2015, che abbracciano (pressoché a metà) anni della giunta di Gianni Alemanno e di Ignazio Marino. Acquisti di ricambi, di forniture, lavori e servizi vari. Un importo complessivo che supera i due miliardi di euro. Per il 95,4% – come ammette la stessa Atac nelle controdeduzioni a Cantone – ricorrendo sempre alle “procedure negoziate”. Nessuna gara pubblica, solo la diffusione online, il cosiddetto e-procurement, che a detta di Atac garantisce «un larghissimo coinvolgimento degli operatori economici»), ma che per l’Autorità anticorruzione è del tutto insufficiente, «è un mero strumento che le stazioni appaltanti possono utilizzare per la gestione delle gare», ma di certo non mette al riparo l’azienda dal mancato rispetto delle regole sui contratti pubblici.
È il trucco che Atac utilizza per evitare le gare e gli inviti a un’ampia platea di concorrenti. Anziché un solo appalto, eccone tanti spezzettati, quello che gli uffici di Cantone definiscono «un artificioso frazionamento degli acquisti e il conseguente utilizzo di procedure che non garantiscono adeguata pubblicità e competitività». Atac non si adegua neppure alle disposizioni Ue «sull’acquisto di beni che rientrino nella medesima categoria merceologica». Le aggira andando oltre il 95%.
Lo scandalo dell’acquisto dei ricambi emerge con nettezza dalla relazione di Cantone. «Atac, se pur con un trend decrescente dal 2011 al 2015, ha annualmente affidato migliaia di procedure negoziate, per importi complessivi annui ben superiori alla soglia comunitaria». La verifica effettuata sulle differenti categorie di ricambi allinea 5.400 affidamenti per 27 milioni di euro nel 2011 e 40 per 3,3 milioni nel 2015. Nel dossier inviato alla procura di Roma Cantone sottolinea come dall’esame «sia emerso un grado di accentramento degli acquisti tra poche imprese». Il dato è del tutto dirompente: nei cinque anni presi in esame «quattro operatori economici si sono aggiudicati circa il 30% del valore economico di tutti gli acquisti di Atac».
Con tre precisazioni tra dicembre 2015 e aprile 2016 l’Atac cerca di controbattere alle accuse di Cantone che boccia la municipalizzata anche nelle gare per la manutenzione dei software aziendali, affidati alla stessa azienda che ha fornito l’impianto originario perché «non sarebbe possibile fare altrimenti». Complessivamente un’operazione non vantaggiosa, rispetto alla quale Atac «avrebbe dovuto considerare non solo i costi immediati dell’acquisto, ma avere come riferimento l’intera vita del prodotto, che include manutenzione e aggiornamento». Le proroghe illimitate «hanno vincolato Atac per un numero indefinito di anni con la rinuncia ai benefici che sarebbero potuti derivare dal progresso tecnico». La proroga, che secondo Cantone «è un istituto utilizzabile solo in via eccezionale» è divenuto invece per Atac abitudinaria modalità di affidamento delle gare.
Sempre negli stessi anni 2011-2015 l’Atac ha violato le regole anche nell’uso di avvocati esterni quando pur poteva contare su professionisti regolarmente assunti senza incorrere in spese ulteriori. Alcune cifre: nel solo 2013, secondo il dossier di Cantone, sempre ricorrendo ad affidamenti diretti e senza svolgere alcun avviso pubblico e conseguente gara con almeno cinque concorrenti, l’Atac ha fatto 16 contratti per oltre 345mila euro. Nessuna gara per altri 8 contratti, sempre nel 2013, per 207mila euro, né nel 2014 (un contratto per 3.120 euro). Peraltro i riscontri dell’Autorità anticorruzione sulle note di Atac svelano delle discrasie. Un contratto da 20mila euro risulta di 49mila, uno di 26mila sarebbe di 74mila, uno di 6mila sarebbe di 36mila. Toccherà adesso alla procura di Roma e a quella della Corte dei conti verificare le conseguenze penali e contabili degli illeciti segnalati da Cantone.