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 2016  agosto 04 Giovedì calendario

Cronaca degli ultimi tre mesi di Vania, tra agguati e minacce

Per lui era diventata la preda. Quella donna che aveva osato voltare le spalle ai suoi sentimenti meritava di essere braccata, sorpresa, sopraffatta. Come si permetteva di essere felice anche senza di lui? Perché si ostinava a non capire che lui la voleva ancora?
Pasquale Russo ha deciso della vita di Vania come si decide se disfarsi oppure no di un cappotto vecchio, ha scambiato per amore il suo senso di possesso. E i demoni dell’abbandono hanno fatto il resto. Così è andato a comprare la tanica, l’ha riempita di benzina, glie l’ha tirata addosso.
Vania viveva con il fiato sospeso da tre mesi. Pedinata, minacciata, tempestata di telefonate. Era diventato tutto difficilissimo da quando aveva affrontato Pasquale, l’amante con il quale aveva capito che non avrebbe mai avuto un futuro. Avevano una relazione dall’inizio dell’anno ma le cose fra loro non erano mai decollate. Si erano lasciati e riavvicinati più di una volta in un crescendo di tensione. Finché lei gli aveva detto chiaramente: «non sono disposta ad andare oltre, è finita» e aveva aggiunto che stavolta non ci sarebbero stati ripensamenti.
Lui, sposato e padre di tre figli, non aveva mai avuto il coraggio di affrontare la possibile separazione dalla famiglia e Vania, a sua volta separata e con due figli, aveva bisogno di una storia vera, alla luce del sole, non di quegli incontri clandestini e sempre più spesso burrascosi. Anche perché lei conosceva la famiglia di lui e il suo imbarazzo per quella situazione era diventato troppo grande.
Da quell’addio in poi – era maggio – Vania ha scandito il tempo con gli agguati di Pasquale. Ha dovuto cambiare il numero di cellulare per evitare i suoi infiniti tentativi di contatti e i messaggi continui. Aveva la sensazione fissa di averlo a un passo da lei. Ha cominciato a guardarsi alle spalle temendo che lui la seguisse non potendo più chiamarla. «Non ce la faccio più, stanotte mi è entrato in casa» ha scritto in un messaggio WhatsApp a un’amica. Ogni giorno un’angoscia, anche se davanti ai suoi figli lei fingeva serenità. Ma con le amiche no: a loro raccontava dettagli e paure. Quell’uomo stava diventando sempre più invadente, sempre più pressante.
Tutte a dirle «stanne alla larga», «denuncialo», e lei si era convinta a farlo, hanno raccontato loro stesse nei verbali raccolti dalla questura di Lucca. Ancora qualche giorno, forse qualche ora, e Vania sarebbe stata salva. A insistere per la denuncia anche il suo ex marito Andrea, appuntato dell’Unità Cinofila dei carabinieri di Firenze con il quale era rimasta in buoni rapporti. Esasperata, Vania gli aveva raccontato di essere tormentata dall’ex amante e due giorni fa lo aveva anche informato di quella strana questione del telefonino: «Non riesco più a trovarlo, me l’hanno rubato» gli aveva confidato prima di andare a denunciarne il furto. E ancora una volta lui aveva insistito: «Devi deciderti, devi denunciarlo».
Non ha fatto in tempo. Fino all’ultimo Vania ha commesso l’errore tragico di pensare che avrebbe potuto controllare la situazione. E invece Pasquale diventava sempre più incapace di accettare l’idea di averla perduta per sempre. Le indagini puntano all’ipotesi che lui l’abbia attirata sul luogo dell’appuntamento con una trappola, proprio rubandole il telefonino, per poi chiederle un incontro con la scusa di restituirlo.
Questo dettaglio, la tanica nascosta nel bauletto dello scooter, il luogo isolato, va tutto nella direzione di un omicidio premeditato. Pasquale il mite, il buon padre di famiglia, l’uomo taciturno e solitario che tutti descrivono, avrebbe studiato nei particolari come eliminare la sua preda. A casa sua nessuno voleva crederci. Sua moglie ha aspettato tutta notte davanti alla questura dove lo stavano interrogando, si è arresa soltanto davanti a quello che ha visto quand’era ormai l’alba: suo marito portato via in manette.
Lui andava in carcere, lei moriva. Mentre il fuoco le consumava la pelle Vania aveva supplicato i soccorritori: «Chiamate mio marito, vi prego». Aveva dato il numero, qualcuno le aveva messo il telefono fra le mani bruciate e lei l’aveva detto al padre dei suoi figli con un filo di voce, l’ultimo: «È stato Pasquale». Lo stesso che interrogato giura: «Eravamo solo amici, fra noi nessuna storia d’amore». Infatti. La sua era una storia di possesso.