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 2016  agosto 04 Giovedì calendario

C’è parecchio nervosismo a Wall Street. Basta guardare i numeri dell’ultimo trimestre

Alla luce della debolezza dei gruppi del settore energetico e del calo degli investimenti privati, che hanno più che compensato il potere d’acquisto del consumatore americano, le grandi aziende statunitensi hanno registrato il quarto trimestre consecutivo di contrazione di utili e vendite. I conti del secondo trimestre hanno evidenziato un miglioramento rispetto ai primi tre mesi, ma le preoccupazioni sulle prospettive economiche per gli Stati Uniti stanno gettando ombra sul resto dell’esercizio. Il rallentamento della produzione industriale e il clima politico burrascoso spaventano i top manager.
La scorsa settimana Caterpillar ha tagliato la previsione per l’utile 2016, ha annunciato licenziamenti e per quest’anno non prevede un’inversione dal trend stagnante su cui è instradata la crescita. Il produttore di gas industriali Praxair ha reso noto il progetto di riduzione dei costi in una delle linee di business in risposta alla frenata della produzione a stelle e strisce. Con la riduzione della domanda del petrolchimico che ha generato il conseguente eccesso di disponibilità di macchinari sul mercato, United Rentals, gruppo che affitta attrezzature per l’edilizia e l’industria, ha moderato la spesa in conto capitale. «La produzione industriale è poco brillante», ha ribadito l’amministratore delegato Michael Kneeland. Su poco più di due terzi delle aziende dello S&P 500 che hanno pubblicato i risultati, secondo Thomson Reuters, gli utili rettificati saranno in flessione per il quarto trimestre consecutivo, in calo del 2,6% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Anche per quanto riguarda i ricavi è stato preventivato un arretramento dello 0,4%, che porterebbe a registrare il sesto trimestre di fila in negativo.
Il malessere è generalizzato: solo le utility, il settore sanitario e i comparti legati a beni voluttuari contano su una crescita dell’utile superiore al 5%. Sempre in base ai dati di Thomson Reuters, per le imprese del settore energetico i guadagni trimestrali dovrebbero diminuire dell’87%, per le società finanziarie del 3,6% e le aziende di telecomunicazione dell’1,4%. Con il petrolio in picchiata dal picco di 115 dollari al barile di metà 2014 fino al minimo di 27 dollari toccato lo scorso gennaio, il settore sta accusando il colpo da oltre un anno. Ma gli utili stanno migliorando in forza del leggero rimbalzo delle quotazioni intorno a 40 dollari al barile e molti analisti prospettano una prosecuzione del trend positivo per i risultati di terzo e quarto trimestre. Escludendo questo comparto, nel secondo trimestre si prevede una lenta ripresa degli utili dell’1,8%, mentre i ricavi potrebbero aumentare di circa il 2,6%, ha calcolato Thomson Reuters. A fronte delle aspettative di crescita del 2% di un mese fa, gli analisti ascoltati dall’agenzia di New York prevedono ora che il terzo trimestre vedrà a malapena una crescita dell’utile con un incremento medio dello 0,3% per le aziende dello S&P 500.
Il mercato azionario americano ha dimostrato una buona tenuta in quanto gli investitori hanno preferito i titoli azionari a fronte dei bassi rendimenti offerti da altri investimenti, a cominciare dal settore obbligazionario. Tuttavia dopo le sette chiusure record di luglio dell’S&P 500 e del Dow Jones Industrial Average il mercato sta dando segnali di nervosismo. Martedì scorso il Dow calava per il settimo giorno consecutivo. La produzione in sordina e il contesto industriale sono stati controbilanciati da risultati incoraggianti riportati dalle società orientate al consumatore e i colossi della tecnologia come Facebook e Alphabet, la holding cui fa capo Google, che hanno massimizzato l’attività di mobile advertising. E, grazie a un fatturato prodotto e a un’attività di cloud sempre più solidi, Amazon ha raggiunto il terzo utile record di fila.
Cabela’s, retailer specializzato in attrezzatura per caccia, pesca e attività ricreative all’aperto, ha messo a segno il primo incremento delle vendite a perimetro costante dal terzo trimestre 2013. Fortune Brands Home & Security, che vende armadi, rubinetteria e serrature, ha rilevato un aumento nella costruzione di nuove abitazioni e ritiene che l’attività di ristrutturazione continui a riflettere una forte domanda repressa da parte dei consumatori. «Tutte le nostre imprese edili partner sono impegnate», ha riferito il chief executive officer Christopher Klein. Nel complesso, la spesa al consumo è salita del 4,2% nel secondo trimestre, registrando la variazione più forte dalla fine del 2014 e compensando i continui cali degli investimenti privati. Anche la retribuzione oraria media sta iniziando a salire. Tuttavia alcune imprese consumer-driven prevedono guai. «Continuiamo a trovarci di fronte una crescita relativamente lenta e a un forte contesto di volatilità», ha ammesso Jon Moeller, direttore finanziario di Procter & Gamble.
Con un tasso di crescita dell’1% nella prima metà del 2016 e un prodotto interno lordo in salita appena dell’1,2 % nel secondo trimestre, venerdì scorso il Dipartimento del Commercio statunitense ha riferito che l’economia americana ha attraversato l’inizio di anno più debole dal 2011. Secondo Joseph LaVorgna, capo-economista statunitense di Deutsche Bank, «l’economia resterà stagnante». E gli ultimi eventi, dagli attacchi terroristici alle sparatorie che hanno coinvolto la polizia fino al surriscaldamento del dibattito politico in vista delle presidenziali danno molto da riflettere ad alcune società.
Secondo il ceo di Starbucks, Howard Schultz, nell’ultimo trimestre il settore della ristorazione statunitense ha subito un «profondo indebolimento nella fiducia dei consumatori», che ha eroso l’affluenza dei clienti e ha posto fine alla serie di 25 trimestri di crescita di almeno il 5% delle vendite a perimetro costante. «Ci troviamo in una situazione complicata dall’incertezza sull’esito delle elezioni e da disordini interni per questioni razziali e penso che il terrorismo abbia indotto un certo livello di ansia», ha spiegato Schultz. «Pertanto non siamo di fronte a una semplice recessione economica». Stephen Easterbrook, amministratore delegato di McDonald’s, ha attribuito l’indebolimento della domanda dei consumatori in parte alla diffusa incertezza economica, unita a fattori quali il crescente divario tra il costo di una cena al ristorante e la spesa alimentare.
Negli Stati Uniti le vendite comparabili della società sono aumentate dell’1,8%, ben al di sotto della crescita del 3,2% stimata dagli analisti. «Che sia per le elezioni o gli ultimi eventi internazionali, sta di fatto che la gente è un po’ più consapevole dell’instabilità globale», ha spiegato Easterbrook agli investitori la scorsa settimana. «Quando le famiglie percepiscono l’incertezza, prevale la prudenza e cominciano a trattenersi» dalle spese.
(traduzione di Giorgia Crespi)