Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  agosto 04 Giovedì calendario

Come mai i grandi tennisti non sono andati a Rio?

L’altra sera ho partecipato a Crema a una riunione pubblica, in cui non ho saputo rispondere a due domande «Perché tanti tennisti non vanno alle Olimpiadi?», e «Perché Nole Djokovic si è così arrabbiato di questa decisione, e se ne è pubblicamente lamentato ?». Riflettendo sui due fatti, sono andato a vedere le notizie, e mi sono reso conto della decisione di Federer, Thiem, Goffin, Bagdhatis, Anderson, Kyrgios, Cibulkova, Isner, Gulbis, Lopez, Wawrinka e addirittura dei Fratelli Bryan, medaglia d’oro nel doppio alle ultime Olimpiadi. E mi sono detto anch’io: «Come mai tutta questa gente non si sente onorata, o rimborsata, per andare alle Olimpiadi ?». Le rispose saranno certamente diverse, per ognuno dei volontari assenti. Ricordo che il tennis non era ancora ben conosciuto, alla fine del 1400, nei paesi mediterranei che per primi lo praticarono, e ufficialmente re-inventato, in Gran Bretagna, verso il 1870. Ai primi Giochi ateniesi, del 1896, i partecipanti al tennis non furono certo i campioni di Wimbledon, i grande Fratelli Doherty’s, ma soltanto gli ignoti giocatori di 6 Nazioni, Australia, Gran Bretagna, Francia, Germania, Grecia e Ungheria. Vinse infatti lo sconosciuto irlandese John Boland, al quale non venne assegnata una medaglia d’oro, ma d’argento, più due rametti di lauro. La partecipazione dei tennisti continuò felicemente sino a Parigi 1924, e poi la Federazione Internazionale si staccò dalle Olimpiadi, per una vicenda un pochino misteriosa, che fu in realtà originata da una rivalità commerciale tra le palle inglesi e quelle francesi, e una folle proposta del Cio che avrebbe portato alla sospensione degli Slam durante l’anno olimpico. Grazie al mio partner di doppio Philippe Chatrier, Presidente della Federazione Internazionale, la riammissione avvenne alle Olimpiadi di Seul, 1988, dopo una comica semi-olimpiade del tennis quale Gioco Dimostrativo, a Los Angeles 1984. A Seul, al di là di 39 Nazioni, parteciparono i First Ten, e ammirai Steffi Graf, nel suo anno d’oro del Grande Slam, e Gattone Mecir, Primo del Mondo tutti i giorni in cui si risvegliava in tempo dai suoi lunghi sonni. Sono poi venute le successive Olimpiadi, vinte da gente in grado di raggiungere un Grand Slam, e siamo arrivati ad oggi, a tutte le assenze che non si vedono né a Roland Garros, né a Wimbledon. Come mai? Penso che il tennis sia uno sport in cui non si debba attendere 4 anni per conquistare un trofeo, come accade negli Slam. E penso anche che sia la monetizzazione del gioco a far passare in secondo piano le Olimpiadi. Cosa vale mai una medaglietta d’oro, in confronto a gente che può guadagnare più di un milione di dollari in un torneo? Un’altra ragione è il calendario, le date dello Olimpiadi (6 agosto) troppo vicine agli US Open (29 agosto). Infine, vedo in certe mancate Olimpiadi accadere quel che si registra in paesi che godono di una democrazia più che cinquantenne, magari duecentenaria, e nei quali vota ormai “sciaguratamente” non più del 50% della popolazione. Djokovic critica vivamente i suoi colleghi, perché è l’erede di una dittatura, quella jugoslava, e il suo paese ha alfine raggiunto un’identità nazionale. I fratelli Bryan saranno tra la metà degli americani che se ne fregano di Trump o della Clinton, ormai dimentichi del Dono delle Votazioni. Così va il mondo, e così va il tennis, amici.