
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Obama con la mano sul petto e Raúl Castro con le braccia ben rigide lungo il corpo hanno ascoltato ieri l’inno americano, che si intitola The Star-Spangled Banner e che tutti conosciamo, dato che - con i suoi «razzi e bombe» - lo abbiamo sentito in decine di film che esaltavano l’eroismo yankee e la sempiterna vittoria dell’uomo bianco su chiunque. Alle spalle dei due, una foto del Che.
• Cioè: giornata storica.
Eh, già. Un presidente americano mancava da Cuba dal 19 gennaio 1928. Si chiamava Calvin Coolidge. Come ha benissimo raccontato ieri su Repubblica Ezio Mauro, i furbi cubani gli offrirono per ben due volte un cocktail di lime, zucchero e rum, e per due volte Coolidge fece finta di non vedere, la prima volta mettendosi a elogiare un certo quadro sulla parete di destra e la seconda indicando il bel paesaggio che si vedeva dalla finestra sulla sinistra. In America c’era il probizionismo e il presidente non poteva farsi cogliere in fallo. Cuba a quel tempo, e fino alla rivoluzione di Castro, era di fatto una colonia Usa. Quindi i due che ascoltavano l’inno ieri hanno fatto scattare foto storiche. Tanto più che lo Star-Spangled veniva suonato nel Palazzo della Rivoluzione, tempio fino a ieri del castrismo, dell’anticapitalismo e dell’antiamericanismo.
• Quindi siamo alla svolta.
Sarà comunque lunga, molto lunga, e speriamo che sia pacifica. Obama e il suo seguito hanno occupato 1.200 camere d’albergo. A parte il solito esercito addetto alla sicurezza (tra le 800 e le 1.000 persone, in genere) c’erano molti imprenditori americani venuti a saggiare il terreno per tentare investimenti e dare inizio la stura a qualche business. Specialmente nel turismo. Purtroppo per loro, c’è chi li ha preceduti, cioè i cinesi, seguiti da spagnoli e francesi. Gli americani pagano lo scotto della lunga resistenza alla normalizzazione dei rapporti con l’isola, Carter tolse l’embargo e Reagan lo rimise, lo stesso Obama è stato attaccato mille volte dagli esponenti politici americani di origine cubana con lo slogan «Gli stai dando tutto in cambio di niente». Hanno insistito su questo refrain anche i due che ambiscono o ambivano alla Casa Bianca, cioè Cruz e Rubio. In realtà il sentimento degli americani è totalmente cambiato e i sondaggi avvertono che la maggioranza approva questa mossa di Obama ed è d’accordo con la normalizzazione delle relazioni con Cuba. Obama aveva ovviamente ragione a non dar niente in cambio: bastano i dollari (che il regime non tasserà più), la crescita di una classe media, il sogno proibito di arricchire per innescare un processo che renderà Cuba molto diversa. Come diversa? Questo è da vedere. Esiste una nomenklatura cubana, come esisteva una nomenklatura sovietica, che si prepara ad accaparrarsi tutto l’accaparrabile, proprio come accadde in Urss alla caduta del comunismo. E l’anno prossimo Raúl Castro, che ha 85 anni, lascerà. I Castro vorrebbero tenere il potere in famiglia, promuovendo il generale Luis Alberto Rodriguez Lopez-Callejas, genero di Raúl , oppure il figlio del medesimo, Alejandro Castro Espin, capo dei servizi segreti. Speriamo che la svolta sia pacifica. Intanto anche in occasione della visita di Obama un sacco di dissidenti sono stati arrestati.
• I cubani?
I cubani in questo momento vanno matti per Obama. Manifesti con la faccia di Barack, fotografata con lo stesso punto di vista che Alberto Korda adoperò per fotografare il Che, tappezzano le strade dell’Avana.
• Che cosa hanno detto i due in conferenza stampa?
Prima, ancora nel Palazzo della Rivoluzione, si sono stretti a lungo la mano, e con visibile cordialità. Ad accogliere Obama all’aeroporto domenica scorsa è andato il ministro degli Esteri, invece del presidente, e questo ha fatto pensare a contrasti tra i potenti di Cuba. La faccenda aveva provocato anche un tweet di Donald Trump: «Il presidente Obama atterra a Cuba, una cosa di grande importanza, e il presidente Raúl Castro non era neanche lì a riceverlo. È andato a ricevere il papa e altri. Senza rispetto». In ogni caso, ieri, i due hanno dato mostra di affiatamento. Però in conferenza stampa Raúl ha quasi parlato solo della necessità che gli americani tolgano l’embargo, che impedisce la piena libertà di commercio tra l’isola e gli Stati Uniti. E il giornale del partito - Granma - ha avvertito che la ripresa delle relazioni con l’America non significa affatto che Cuba debba rinunciare a uno solo dei suoi princìpi.
• E Obama?
In conferenza stampa s’è limitato a rivelare: «Ho avuto una discussione franca sui diritto umani con Raúl Castro. In ogni caso il futuro dell’isola sarà deciso dai cubani e da nessun altro». Ma alla rete Abc, poco prima, aveva confessato che presto internet sarebbe arrivato sull’isola, anzi l’avrebbe avvolta. Probabilmente per cambiare tutto basterà questo.
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