Corriere della Sera, 22 marzo 2016
Se le tenniste valgono meno dei tennisti. Almeno secondo Djokovic
A furia di andare in giro a ripetere che «le donne che giocano a tennis sono di una razza inferiore», quello sporco maschio sciovinista ( ipse dixit ) di Bobby Riggs si prese una ripassata coi fiocchi: 6-4, 6-3, 6-3 da Billie Jean King, davanti ai 30.472 spettatori dell’Astrodome di Houston. Correva a perdifiato, non senza inciampare, il 1973. Quarantatré anni dopo, rieccoci qui a parlare di uomini contro donne e – che volgarità – di soldi immeritati dalle ragazze in crisi d’immagine: il clamoroso caso doping di Maria Sharapova e l’insostenibile pesantezza dell’essere Serena Williams, incapace di vincere dal rocambolesco k.o. con Roberta Vinci a New York, hanno incrinato lo yin e lo yang dell’universo femminile, esponendolo a un riflusso di critiche, rimbalzate all’impazzata sui social. L’ultima frecciata è di Novak Djokovic: «Le donne si meritano ciò che hanno ottenuto, ma i premi dovrebbero essere distribuiti in modo più corretto, tenendo conto di chi attira l’attenzione e di chi fa vendere più biglietti – ha detto il numero uno, fresco del titolo di Indian Wells —. Le statistiche mostrano che noi abbiamo più spettatori». Un discorso, quello del «Djoker», condiviso assai in uno spogliatoio che, di tanto in tanto, si lascia scappare spifferi misogini. Pat Cash («Il tennis femminile? Due set su tre di spazzatura»), Richard Krajicek («Le top-100 sono porcelline che non meritano di essere pagate quanto noi»), Justin Gimelstob («La Kournikova? Fisico da urlo, faccia da cinque: non me la porterei mai a letto») sono tra i giocatori di vertice che hanno detto ad alta voce ciò che (quasi) tutti i tennisti pensano. Difficile accettare, insomma, che le ragazze siano arrivate a guadagnare gli stessi premi facendo metà della fatica e non è un caso che la penultima puntata di questa polemica sessista fosse scoppiata a Wimbledon, l’ultimo degli Slam ad allinearsi alla parità dei prize money, un tabù caduto (dopo 130 anni) nel 2007.
A oggi i montepremi dei quattro Slam sono uguali per entrambi i tabelloni e lo stesso vale per i combined-event (cioé misti) come Indian Wells, il cui direttore, l’ex doppista Raymond Moore, l’ha combinata ben più grossa di Djokovic. «Se fossi una giocatrice mi inginocchierei ogni sera e ringrazierei che Federer e Nadal sono venuti al mondo, perché hanno letteralmente trascinato questo sport – ha detto —. Certo la Wta ha un paio di giocatrici attraenti, Bouchard e Muguruza, ma in generale le donne sfruttano la scia degli uomini».
Apriti cielo. È insorta la Williams («Commenti inappropriati»), è risorta la King («Ha torto marcio»). Ma se negli anni 70 la battaglia dei sessi aveva un senso, questo revival a parti invertite ha il sapore di un rospo in tacchi a spillo mai digerito. Siamo donne, che diamine: oltre il portafogli c’è di più.