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 2016  marzo 22 Martedì calendario

Tremila licenziamenti in Italia per Almaviva, gigante dei call center

Il gigante dei call center, Almaviva, annuncia 2.990 licenziamenti in Italia. Epilogo drammatico di una crisi che ha generato 16 milioni di euro di perdita negli ultimi due anni e che ora rischia di fare esplodere una «bomba sociale», come già la definiscono i sindacati. Sotto tiro sono tre delle sei sedi italiane: Palermo, dove la società ha annunciato la messa in mobilità di 1.670 persone, Roma con 920 tagli e Napoli con 400 (le altre sedi in Italia sono Milano, Catania e Rende in provincia di Cosenza). Uno smantellamento che coinvolge il 6 per cento dei dipendenti del gruppo (50 mila in sette Paesi), ma che riduce praticamente di un terzo la forza lavoro presente in Italia (quasi 10 mila dipendenti in Almaviva Contact, il 75 per cento a tempo indeterminato).
Quello di Almaviva è l’ultimo tassello di una crisi annunciata che colpisce tutto in settore. Altri 450 licenziamenti, infatti, sono già stati messi sul tavolo dal gruppo Gepin, vecchio fornitore di Poste, che ha perso l’ultima gara d’appalto aggiudicata con una remunerazione degli operatori pari a 0,296 centesimi al minuto (oggi a Roma Cgil, Cisl e Uil in piazza). La nota diffusa da Almaviva per annunciare il «carattere strutturale» della crisi contiene pesanti “j’accuse”. Il gruppo denuncia «fattori distorsivi del contesto competitivo, dal mancato rispetto delle norme sulle delocalizzazioni di attività in Paesi extra Ue, all’utilizzo opportunistico degli incentivi per l’occupazione». Almaviva infatti, a differenza di altre società concorrenti, non ha delocalizzato sedi all’estero e fra il 2006 e il 2011 ha stabilizzato oltre 5 mila persone. Da tre anni utilizza ammortizzatori sociali che ora ritiene non più sufficienti per contenere una crisi senza spiragli. Ha subito una esasperata concorrenza sia da parte di società che operano dall’Albania a costi del lavoro al di sotto delle tabelle minime, sia da altre aziende che – licenziando e riassumendo – hanno potuto usufruire di sgravi contributivi potenziati dal Jobs act al Sud fino al 40 per cento. Alle condizioni attuali la riorganizzazione delle attività industriali è diventata «ineluttabile», ha precisato Andrea Antonelli, amministratore delegato di Almaviva Contact. Ineluttabilità che non convince i sindacati: «Abbiamo seri dubbi sul piano di riorganizzazione – commenta il segretario provinciale Fistel- Cisl Francesco Assisi – I licenziamenti a Palermo non sono giustificati dalle perdite dell’azienda, così come la decisione di non accedere agli ammortizzatori sociali per il personale in esubero, che viene lasciato senza alcun paracadute. Le commesse, in questi anni, sono state distribuite in modo da creare perdite in alcuni siti e margini operativi in altri». Intervenga Renzi, chiede il sindacato.
Ora dopo l’annuncio dato a sindacati e ministero del Lavoro, ci sono 75 giorni di tempo per scongiurare i licenziamenti. «Invitiamo l’azienda a fermarsi. Chiediamo una moratoria immediata» ha commentato Teresa Bellanova, viceministro allo Sviluppo economico ricordando che «il governo ha convocato un tavolo sui call center e messo a disposizione ammortizzatori sociali fino al 2017». Ma per Cesare Damiano, Pd, presidente Commissione Lavoro alla Camera, la partita in gioco è più vasta. «Qui serva un cambio di rotta morale per le imprese – denuncia – Basta con la delocalizzazione selvaggia che mortifica il lavoro di aziende che rispettano le regole. È inaccettabile che società a prevalenza pubblica firmino appalti a 0,29 centesimi al minuto. Così stiamo distruggendo il lavoro italiano».