la Repubblica, 22 marzo 2016
Vivendi-Mediaset, si può fare
I titoli in Borsa accreditano l’avvicinamento tra la galassia Vivendi e quella Mediaset, mentre il fondatore Silvio Berlusconi produce una mezza smentita, che sembra più mezza ammissione. «Vivendi è molto interessata all’Italia, io sono amico di Bolloré da anni e lui ha manifestato il suo interesse su alcune cose che facciamo, non assolutamente per Mediaset, ma sulla nostra capacità di fare prodotti per la tv, di fare format – ha detto Berlusconi alla radio Rtl, dopo l’ipotesi rilanciata da Repubblica di acquisizione di Mediaset del colosso francese -. Vivendi ha una visione per il futuro europea, possibile che si trovino forme di collaborazione». L’ex Cavaliere a riguardo ha aggiunto: «Ma non sono molto informato perché di tutto si occupano mio figlio Pier Silvio e Fedele Confalonieri», presidente di Mediaset.
Piazza Affari ha riservato attenzione al dossier. Con forti oscillazioni sul Biscione: partito in denaro, dopo le parole di Berlusconi s’è inabissato – anche con una breve sospensione in asta per troppo scostamento di prezzi – per poi riprendersi in parte chiudendo a 3,74 euro (-0,8%). Vivendi a Parigi ha chiuso con simile ribasso dello 0,8%. Da segnalare l’andamento di Inwit, la controllata di Telecom Italia nelle torri di trasmissione che ha sofferto le nuove prospettive (-2,5%). Finora infatti il mercato si aspettava una possibile Offerta pubblica di acquisto su Inwit dalla cordata italo-spagnola tra il fondo F2i e Cellnex. Viceversa, se il grande accordo tra Vivendi e Mediaset si materializzasse, a spuntarla per Inwit potrebbe essere Ei Towers, controllata del Biscione nelle antenne. Ma Ei Towers ha già annunciato che non farà l’Opa su Inwit: nel caso ne rileverà solo il 29% del capitale. Proprio questo cambio di strategia su Inwit, società da 2,7 miliardi, sarebbe tra le cause che hanno portato all’uscita dell’ad Marco Patuano dal gruppo tlc. Il manager che ha lasciato ieri pareva infatti più favorevole all’offerta F2i-Cellnex: ma Vivendi, che ha quasi il 25% di Telecom, pare più propensa a gestire in un quadro ampio la cessione delle antenne.
La partita fa discutere imprenditori e politici. «Bisogna vedere poi alla fine quali sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere e quali le alternative – ha detto Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria -. Tanti imprenditori italiani sono attivi e crescono sui mercati mondiali. Pensate in Francia a quello che ha fatto Campari con l’acquisizione di Grand Marnier. Non esiste una linea precisa». Il deputato del Pd Michele Anzaldi, segretario della commissione di vigilanza Rai, è sembrato accreditare la neutralità del partito di governo: «La Borsa e il mercato devono essere liberi di muoversi come meglio credono e la politica deve seguire le leggi del mercato. Poi, ovviamente, più un’azienda è in mani italiane e meglio è per la nazione». Più guardingo Enrico Zanetti, vice ministro all’Economia e segretario di Sc: «Siamo i più favorevoli in assoluto al mercato ma se il punto finale fosse che un altro Stato controlla una partecipata pubblica, di mercato ci sarebbe ben poco».
In questo via vai di partite da sistemare cresce l’attesa per il cda che oggi riunirà il gruppo che raccoglie il 57% della pubblicità in Italia sulla tv in chiaro. In agenda c’è l’approvazione dei conti 2015, che potrebbero chiudere con lieve utile (23 milioni nel 2014) e un dividendo simile ai 2 centesimi del 2014. La redditività si sostiene sulle attività spagnole, mentre la pay tv Premium continua a perdere, e cercare compratori. Potrebbe trovarli proprio in Francia, specie a fronte di un riassetto complessivo.
Andrea Greco
Dal quartier generale della Fininvest si getta acqua sul fuoco sulla possibile cessione di Mediaset, anche graduale o più in là nel tempo. Non vi è alcuna necessità di far cassa, dicono a via Paleocapa, la situazione finanziaria è florida e l’unico asset che potrebbe essere alienato è la Premium (pay tv). Fininvest in effetti non ha al momento problemi finanziari, ha in pancia più di 500 milioni di liquidità grazie anche ai collocamenti sul mercato del 7,79% di Mediaset e di una piccola quota di Mediolanum a fine 2013. Ciò che rimane in portafoglio, al momento, non si tocca. La battaglia legale combattuta per due anni contro la decisione di Bankitalia di vendere un altro 20% di Mediolanum, è stata vinta grazie a una recente sentenza del Consiglio di Stato. Dunque Fininvest resterà azionista al 30% della società fondata da Ennio Doris, una banca che garantisce anche un buon flusso di dividendi. Così come la Mondadori che, presieduta da Marina Berlusconi e rilanciata dall’ad Ernesto Mauri grazie all’acquisizione della Rcs Libri, si è rimessa in pista dopo le sbandate del 2012 e del 2013. Le preoccupazioni di Silvio Berlusconi, semmai – assicurano i banchieri che gli hanno parlato negli ultimi mesi – riguardano piuttosto Mediaset. La società è tornata a guadagnare (poco) e a distribuire piccoli dividendi grazie soprattutto alla Spagna dove la ripresa economica si è portata dietro anche una crescita della raccolta pubblicitaria. Ma l’andamento della pay tv Premium preoccupa perché rischia di tingere di rosso i conti del gruppo. La scommessa sui diritti della Champions, fortemente voluta da Pier Silvio, si sta rivelando un buco nell’acqua. Gli abbonati crescono di poco e il costo spropositato dei diritti, 710 milioni in tre anni, è di dimensioni tali da zavorrare l’intera struttura. Inoltre la tv in chiaro è ancora appetibile grazie a una quota di mercato della raccolta pubblicitaria molto alta (57%) ma non si sa per quanto sarà ancora così. L’arrivo in Europa di concorrenti del calibro di Netflix, e in prospettiva l’ingresso nella produzione di contenuti anche dei grandi aggregatori digitali come Amazon, Facebook, Apple, con la loro immensa base di clienti, non può non creare apprensioni a Cologno Monzese. E poiché Silvio Berlusconi ha sempre avuto un gran fiuto per gli affari, l’idea di far entrare Mediaset in un gruppo europeo e internazionale come Vivendi in cambio di una buona partecipazione al capitale di quest’ultima si configura come una buona opportunità. Certo i figli vorrebbero continuare a fare quello che fanno, ma per Marina le cose non cambierebbero più di tanto in quanto la Mondadori non verrebbe toccata da un accordo di questo genere. Il più investito direttamente da un’operazione con Vivendi sarebbe Pier Silvio, oggi numero uno operativo di Cologno Monzese sebbene con la supervisione attenta di Fedele Confalonieri. Ma in prospettiva, per la famiglia Berlusconi, essere azionisti e presenti nel cda di Vivendi e da lì partecipare alla formazione delle strategie di un gruppo di respiro internazionale, non pare un’occasione da buttar via. Tanto più che il figlio Luigi si sta dedicando al venture capital pur essendo presente nel cda Fininvest mentre la figlia Eleonora vive a Londra e non ha incarichi nelle aziende di famiglia. Barbara invece è assorbita dall’avventura del Milan, gioiello che assorbe una media di 75 milioni all’anno alla Fininvest. Un accordo di ampio respiro tra Mediaset e Vivendi potrebbe mettere tutti con il cuore in pace, permettendo ai Berlusconi di continuare a investire a fondo perduto nella squadra di calcio. In più non bisogna dimenticarsi che sotto Mediaset c’è anche Ei Towers, la società delle torri che sta cercando di espandersi acquistando anche quelle Telecom racchiuse nella società Inwit. Un eventuale successo su questo fronte permetterebbe a Mediaset ad aumentare il proprio valore anche in vista di uno scambio azionario con Vivendi. L’arrivo di un nuovo ad in Telecom, proprio alla vigilia della decisione sulla vendita di Inwit, fa ben sperare al gruppo Mediaset di poter superare la concorrenza della spagnola Cellnex.
Giovanni Pons