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 2016  marzo 22 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - NUOVO ATTENTATO IN BELGIO


REPUBBLICA.IT
BRUXELLES - Caccia all’uomo senza sosta a Bruxelles, con le piste delle indagini post-Parigi e quelle degli attentati odierni nella capitale belga che si intrecciano, con nomi e volti che ritornano, identikit che si sommano, foto che circolano a velocità vertiginosa. Cinque sono le persone sospettate dalla polizia di Bruxelles per le stragi all’aeroporto e del metrò. Due i fermi (Video), ma di individui forse non coinvolti nell’attentato. Sono stati bloccati a un paio di chilometri della stazione metro di Maelbeek, alla Gare du Nord della capitale belga.
Le indagini messe in campo dalle autorità belghe dopo lo sconvolgente risveglio di Bruxelles, devastata dalle esplosioni all’aeroporto di Zaventem e nella metropolitana, si sono concentrate su cinque individui. E tutto parte dalle immagini delle telecamere di sorveglianza dell’aeroporto. La polizia ha diffuso un fermo immagine di tre presunti attentatori. Il procuratore federale Van Leeuw in conferenza stampa ha affermato che due dei tre soggetti ritratti, vestiti con abiti scuri, sono presumibilmente morti facendosi saltare in aeroporto.
E’ invece attivamente ricercato il terzo uomo, che nel fermo immagine indossa una giacca chiara e un cappello. Il procuratore Van Leeuw ha dichiarato che testimoni lo hanno visto allontanarsi precipitosamente dall’aeroporto. La polizia belga chiede l’aiuto della rete ("Lo riconoscete?"), perché evidentemente non è stato possibile identificarlo. Ma è in corso, riferiscono i media locali, un’operazione delle forze speciali belghe nel quartiere di Schaerbeek, nord-est di Bruxelles, avanzando l’ipotesi che l’obiettivo sia proprio il terzo sospetto. Nelle perquisizioni a Schaerbeek sono stati trovati un ordigno esplosivo con chiodi, prodotti chimici e una bandiera dell’Is, annuncia la procura belga citata dai media belgi.
Oltre all’uomo con la giacca bianca, gli altri quattro potrebbero essere già ricercati in qualità di complici e fiancheggiatori di Salah Abdeslam. Due dei quali, a giudicare dalla somiglianza, potrebbero essere proprio i due sospetti vestiti di nero ritratti dalle telecamere dell’aeroporto di Zaventem. Quindi, come ha spiegato il procuratore, potrebbero essere i due kamikaze di Zaventem.
Belgio, caccia ai terroristi dopo gli attentati. Cinque sospettati, quattro nella rete di Salah
Si tratta dei fratelli Khalid e Ibrahim el-Bakraoui. Conosciuti per il notevole curriculum criminale ben prima della loro affiliazione al terrorismo jihadista, condannati più volte per violenze a mano armata, sono ritenuti aver soggiornato in diversi alloggi trasformati in nascondigli dalla rete di contatti di Abdeslam Salah. In particolare, nell’appartamento in rue de Dries nel quartiere Forest di Bruxelles dove le forze dell’ordine erano entrate tre giorni prima dell’operazione in rue des Quatre Vents a Molenbeek che ha portato alla cattura del più noto super-ricercato. Le loro foto segnaletiche sono state diffuse dal sito marocchino Rue20.com. Il confronto con i soggetti ripresi all’aeroporto evidenzia, almeno in un caso, una notevole corrispondenza.
Belgio, caccia ai terroristi dopo gli attentati. Cinque sospettati, quattro nella rete di Salah
Per il procuratore Van Leeuw, "è presto per collegare gli attentati di Bruxelles a quelli di Parigi". Sarà presto, ma tra i ricercati figurano certamente Mohamed Abrimi e Najim Laachraoui, i due complici di Salah sfuggiti alla serie di operazioni di polizia che la settimana scorsa hanno portato all’arresto dell’unico sopravvissuto del commando jihadista autore degli attentati di Parigi del 13 novembre. La caccia a Abrimi e Laachraoui, che impegnava già le polizie di tutta Europa dopo l’arresto di Salah, si è intensificata dopo l’attacco a Bruxelles.
Attentati Parigi, i terroristi ancora in fuga: Abrini e Laachraoui
Nei confronti di Abrini la polizia belga aveva già emesso un mandato di cattura internazionale lo scorso novembre. Di nazionalità belga e marocchina, il 31enne Abrini era stato ripreso in compagnia di Abdeslam dalle telecamere di una stazione di servizio a nord della Francia, la loro auto era la Renault Clio utilizzata per gli attentati di Parigi.
Quanto a Laachraoui, 24 anni, gli investigatori ritengono che, partito per la Siria nel 2013, abbia assunto la falsa identità di Soufiane Kayal per recarsi in Ungheria insieme ad Abdeslam lo scorso settembre. Sempre a nome di Kayal vennero condotte altre attività legate agli attacchi di Parigi e, secondo quanto riferito dalla stampa, tracce del suo dna sono state rinvenute su almeno due delle cinture esplosive usate dai kamikaze in quegli attentati. La polizia era da mesi a conoscenza del fatto che Laachraoui facesse ricorso al falso nome di Kayal, ma la sua vera identità è stata resa nota solo questa settimana.

CRONOLOGIA
DI DANIELE MASTROGIACOMO

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La jihad torna colpire il cuore dell’Europa. Questa volta a finire nel mirino dell’Is è Bruxelles, la capitale politica dell’Unione europea. Ma anche la città dove sorge il quartiere di Molenbeek. Da qui, il 13 novembre scorso, sono partiti i terroristi del Bataclan di Parigi e sempre qui, appena quattro giorni fa, è stato arrestato l’ultimo membro del commando, Salah Adbeslam. L’attacco è avvenuto con un duplice attentato all’aeroporto internazionale di Zaventem e alla stazione di Maelbeek della metropolitana, proprio a cento metri dagli ingressi principale degli uffici della Comunità Europea. Un bilancio provvisorio parla di 34 morti. Innalzato al massimo (4) il livello d’allarme. Chiusi lo scalo e le frontiere di tutto il Belgio; bloccata la circolazione di treni e dela rete urbana dei trasporti pubblici per gran parte della giornata; la gente è stata invitata a chiudersi in casa e a restare in ufficio. Anche gli studenti sono rimasti bloccati a scuola, come i bambini negli asili. Vietato persino camminare per strada. Paralizzata l’attività amministrativa e commerciale, sgombrate scuole e università. Bruxelles si traforma in una città spettrale.
Bruxelles sotto attacco: il fotoracconto degli attentati
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Polizia, esercito, forze speciali invadono vie e piazze con pattuglie di controllo. Paura, panico, grande emozione nel Paese e nel resto dell’Europa. Anche la Francia si blinda e schiera per le strade altri 1400 poliziotti. Riuniti d’urgenza il Consiglio di Sicurezza a Bruxelles, quello di Parigi e poi a Roma, presieduto dallo stesso premier Matteo Renzi. Centinaia di ambulanze e di mezzi di soccorso dirottati verso le zone dei due attentati. La capitale belga sommersa da richieste accusa delle difficoltà e chiede l’aiuto alle altre città del paese. Una corsa verso la solidarietà, con una pioggia di reazioni, di condanne, di sdegno ma anche inviti a reagire e a difendere i valori democratici e quelli che guidano la nostra esitenza. Gli attentati rivendicati dallo Stato islamico con un comunicato in lingia inglese: "Il Belgio colpito per la sua partecipazione alla Coalizione internazionale contro lo Stato islamico. Presto torneremo a colpire".
Bruxelles sotto attacco, gli istanti successivi all’esplosione in aeroporto
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Vediamo, con una dettagliata cronologia, cosa è accaduto in questo drammatico giorno e come si sarebbero svolti i fatti.

ore 8:03 - Un commando composto da almeno due persone (forse tre) entra nello scalo internazionale di Zaventem e si dirige verso la sala delle partenze. Nelle valigie hanno nascosto il loro carico di morte. Tre ordigni pieni di esplosivo e rafforzati con chiodi e bulloni per avere un maggior impatto e provocare più vittime possibile. Si avvicinano al bancone dei check-in tra i banconi della American airlines e quelli della Bruxelles airlines. Qui si registrano i passeggeri dei voli diretti negli Usa. Uno dei due terroristi urla qualche parola in arabo (forse Allah Akbar), esplode una raffica di Ak-47 sulla folla in attesa e si fa esplodere. Un secondo boato si avverte dopo pochi secondi. La sala partenze è distrutta; saltono le suppellettili, crolla il soffitto, i pannelli di lamiera che ricoprono le pareti sono scagliate con forza verso tutte le direzioni. Si alza una fitta nuvola di calcinacci e di intonaco. Il commando non riesce ad innestare il terzo ordigno. Resta inesploso e verrà ritrovato più tardi dalla polizia.

ore 8:10 - La gente fugge in preda la panico. Chi può lascia la sala e torna verso l’uscita principale. Scatta l’allarme. Polizia e addetti alla sicurezza fanno defluire migliaia di persone in attesa di imbarcarsi. Si temono altre esplosioni. Si creano delle vie di fuga verso uscite d’emergenza. L’urlo delle sirene delle ambulanze e dei vigili del fuoco si sente in lontanaza.

ore 8.25 - La società ferroviaria belga SNCB annuncia su twitter la sospensione immediata della circolazione di tutti i treni su ordine della polizia.

ore 8:59 - Il governatore del Bramante Fiammingo, Lodewij De Witte, attiva il piano anti catastrofe.
Bruxelles sotto attacco: il videoracconto
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ore 9:10 - Ritrovati altri ordigni nello scalo internazionale. Sul nastro trasportatore che trasferisce i bagagli verso gli aerei gira una valigia con un giubbotto imbottito di esplosivi e un Ak-47. Forse sono stati abbandonati dagli attentatori.

ore 9:22 - Nuova esplosione nella galleria della metropolitana poche decine di metri dalla stazione di Maelbeek. Si trova vicino agli ingressi degli uffici della Comunità europea.

ore 9: 45 - Convocato dal governo il Consiglio nazionale della sicurezza.

ore 9. 55 - Il traffico aereo è impazzito. Sui cieli belgi volteggiano centinaia di velivoli in attesa di atterrare. Dirottati tutti verso lo scalo di Charleroi.

ore 10:10 - Interrotti collegamenti ferroviari, chiuse le autostrade.

ore 10:45 - La Francia chiude le frontiere e mobilita altri 1400 agenti e soldati per le strade. Convocato il Consiglio di Sicurezza.
Bruxelles, esplosione nel metrò: fumo nella stazione di Maelbeek
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ore 11:45 - Nuovo allarme all’aeroporto di Zaventem. Trovata una cintura eplosiva e fatta brillare in sicurezza.

ore 12.20 - Trovato un Ak- 47 in un angolo della sala delle partenze dello scalo internazionale.

ore 12:50 - Scatta una caccia all’uomo.Si cercano almeno cinque individui; tre sono immortalati dalla telecamere di sicurezza mentre camminavano all’interno dello scalo.

ore 12.53 - L’Is, lo Stato Islamico, rivendica gli attentati di Bruxelles.

ore 12.55 - Scattano delle perquisizioni in casa e negozi in tutta Bruxelles.

ore 13:05 - L’Alitalia sospende tutti i voli per Bruxelles. Parigi blocca tutti i treni Thalys diretti in Belgio e poi in Olanda e Germania.

ore 13:06 - Nuova rivendicazione dell’Is attraverso l’agenzia Amaq, legata allo Stato islamico.

ore 13:07 - Al Azhar, la più alta istituzione sunnita del mondo musulmano, condanna fermamente gli attentati. "Questi attacchi dettati dall’odio violano gli insegnamenti tolleranti dell’islam".

ore 13:30 - Sui siti jihadisti e altre social della galassia dell’islam radicale raffica di plausi e adesioni agli attentati di Bruxelles.

ore 13:45 - Il primo ministro belga Charles Michel traccia un primo bilancio: 13 morti all’aeroporto di Zaventem, 15 nella stazione della metropolitana. Trentacinque i feriti allo scalo e 55 nella metropolitana di cui 10 versano in gravi condizioni.

ore 13.22 - La polizia chiede a tutti, media in testa, di non usare i social per comunicare nè il web.

ore 13.23 - Evacuata la ULB , la Université libre de Bruxelles. Ventimila studenti lasciano i tre campus.

ore 13.27 - Evacuato il palazzo Reale.

ore 13.40 - Massimo livello di allerta in Ungheria.

ore 14:01 - L’Is "promette altre operazioni in Europa". In un comunicato pubblicato sulla piattaforma Telegram, Daesh afferma che l’operazione si è basata su "una pianificazione e attuazione a grande velocità" senza però fornire uleriori dettagli.

ore 14.40 - I media belgi parlano di 34 morti e oltre 200 feriti.

ore 14.45 - La polizia continua a setacciare l’aeroporto: è convinta che non tutti gli attentatori abbiano lasciato lo scalo.

ore 15:01 - Esposte le bandiere a mezz’asta dell’Unione europea.

ore 15.06 - Trovato un giubbotto esplosivo all’interno dell’aeroporto. Fatto brillare dagli artificieri. I servizi segreti americani sostengono che gli esplosivi erano stati
nascosti all’interno di alcune valigie.

ore 15:17- La polizia fa esplodere un’auto sospetta nella zona di Ixelles a Bruxelles.

ore 15.18- Trovata una cintura esplosiva intatta all’aeroporto di Zaventem.

ore 15.20 - La polizia fa brillare un pacco sospetto trovato all’aereoporto.

ore 15.21 - L’ambasciata italiana a Bruxelles invita i nostri connazionali alla massima prudenza. "Evitate di girare a piedi".

ore 15:32 - Il bilancio del sindaco di Bruxelles, Yvan Mayeur: 14 morti all’aeroporto di Zaventem e 20 alla stazione della metropolitana di Maelbeek.

ore 15: 37 - Teste di cuoio in azione in pieno centro. Le forze di polizia chiedono di non sporgersi alle finestre.

ore 15: 45 - Messe in sicurezza tutte le centrali nucleari in Belgio. Il personale dei siti di Doel e Tihange vengono evacuati come misura preventiva.

ore 15: 47 - C’è un’allerta bomba all’ospedale di Saint-Pierre, dove sono state ricoverate diverse persone ferite negli attentati e dove era stato ricoverato Salah Abdeslam dopo la sua cattura.

ore 15:50 - Tre italiani risultano feriti. La conferma dalla Farnesina. Non sono gravi.

ore 15:55 - Il governo federale belga decreta tre giorni di lutto nazionale dopo gli attentati di stamani a Bruxelles. Lo annuncia il ministro dell’Interno Jan Jambon.

ore 16:00 - Riprende la circolazione dei treni. La gente autorizzata a uscire di nuovo di casa. Proclamati tre giorni di lutto nazionale. Annunciato un discorso del re.

ore 16:12 - "Promettiamo agli Stati crociati che si sono alleati contro l’Is giorni bui, in risposta alla loro aggressione contro di noi. Ciò che vi attende sarà più duro e più amaro". Lo scrive una rivendicazione in francese e in arabo dell’Isis, pubblicata dal sito di intelligence Site. Secondo questa rivendicazione, che Site definisce "un comunicato ufficiale dell’Is", a Bruxelles ha agito "una cellula segreta dei soldati del Califfato" perchè "il Belgio crociato non ha cessato di combattere l’Islam e i musulmani". "Domandiamo ad Allah - conclude il comunicato - di accettare i nostri fratelli come martiri".

ore 16:30 - Fermate due persone. Sono sospettate di aver fatto parte del commando di attentatori. Ricercati gli altri membri del commano. Uno, che indossava un cappello nero e che si trovava in compagnia degli altri due attentatori all’aeroporto, è stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza.I servizi segreti marocchini diffondono le foto e i nomi dei cinque ricercati.

BERNARDO VALLI
"Sulla Siria, sull’intelligence, sull’immigrazione, i paesi europei non fanno fronte comune. Paradossalmente le intelligence dei singoli paesi della Ue hanno più contatti con quella americana che tra loro". Il commento di Bernardo Valli, intervenuto durante lo speciale di Repubblica Tv sull’attacco a Bruxelles. In studio Laura Pertici, Daniele Mastrogiacomo e Francesco Fasiolo

ANDREA BONANNI
Scende di panico, anche lontano dal centro della città e dall’aeroporto, teatro degli attacchi terroristici di oggi. Collassato il sistema di comunicazione mobile per alcune ore della mattina. Brruxelles è in ginocchio. Dal 13 novembre di parigi si temevano attacchi, ma dopo la cattura di Salah Abdeslam - venerdì 18 marzo - e gli arresti che ne sono seguiti, i terrosisti devono aver sentito che il cerchio si stava chiudendo e per questo possono aver deciso di colpire. Da Bruxelles il collegamento con Andrea Bonanni, corrispondente di Repubblica, nello speciale condotto da Laura Pertici con Daniele Mastrogiacomo e Francesco Fasiolo

GIORDANO STABILE, LA STAMPA
Quindi non era solo una corsa contro il tempo per trovare Salah Abdeslam. La caccia alla rete dell’Isis a Bruxelles doveva fermare gli attentatori suicidi pronti a ripetere nella capitale europea le stragi del 13 novembre a Parigi. Le forze di sicurezza franco-belghe hanno smantellato una cellula, quella dell’algerino Mohammed Belkhaid ma la rete era più vasta e poco penetrabile. Un’altra cellula, forse due, sono riuscite a colpire 48 ore dopo il blitz che ha portato alla cattura di Abdeslam. Attacchi evidentemente preparati molto prima.
La «divisione per gli attacchi all’estero» dell’Isis è ancora efficiente. Lo Stato islamico in un anno ha perso un terzo dei territori che controllava in Siria e Iraq. Centinaia di militanti stanno disertando a Raqqa e a Mosul. I raid della coalizione a guida Usa, e quelli russi, hanno semi-distrutto le sue infrastrutture e la sua capacità di importare armi e beni di consumo. Il Califfato è sotto assedio, si restringe, fatica a mantenere un minimo di consenso.
La sua strategia è allora di espandersi all’estero. Dirotta i foreign fighter in Libia, dove è meno sotto pressione. E invia kamikaze di ritorno in Europa. La divisione per gli attacchi all’estero è diretta da Abu Muhammad al-Shimali, vero nome Tirad Al-Jarba. Al-Shimali è al vertice della struttura che organizza i viaggi dei foreign fighter, controlla i confini, registra gli ingressi ed è stata la mente dello spettacolare afflusso di combattenti stranieri nello Stato islamico. Gli aspiranti suicidi sono selezionati e catalogati con cura. Una lista è stata trafugata a dicembre dagli archivi dell’Isis: fra i 122 nomi c’erano anche un cugino del kamikaze di Istanbul, Abu Mustafa Ozturk, e soprattutto l’algerino ucciso a Bruxelles, Mohammed Belkhaid.

FRANCESCA PACI
Professor Felice Dassetto, cosa sta accadendo in queste ore a Bruxelles, è la versione belga della notte parigina del Bataclan?
«Purtroppo c’era da aspettarselo. La cosa importante da capire è se si tratta di dell’ultimo colpo di coda della rete precedente, considerando che ci sono ancora due o tre persone a piede libero di quel commando e che per attentati come quelli di stamattina bastano effettivamente due o tre persone, oppure se si tratta di una nuova ondata di attentati jiahdisti»
Lei cosa pensa?
«Propendo per l’ultimo colpo di cosa, perché il network del Bataclan è tutto sommato molto locale, composto al massimo di 30 persone di cui 18 attivi, non era una grossa rete. Ma se si trattasse di una nuova ondata finora dormiente che si attiva in continuità con lo smantellamento di quello precedente e sempre sfruttando il filo doppio con la Siria sarebbe molto grave e allarmante».
Perché il Belgio, un paese di cui lei segue la radicalizzazione in arrivo da anni?
«In realtà non è solo il Belgio, anche la Francia non è messa benissimo. Ma certamente considerando che questa sfida jihadista è molto legata al mondo marocchino-algerino e che in Belgio c’è una forte componente di musulmani di origine araba c’è qui un forte potenziale. In più ci sono altre due cose: la prima è il discorso salafista diffuso da almeno trent’anni nelle nostre moschee, un discorso per il quale vari gruppi tra cui anche i Fratelli Musulmani hanno preparato il terreno; la seconda è che il Belgio è una società molto liberale, sensibile ai diritti individuali e a quelli di associazione, una caratteristica che associata a uno Stato debole che ha orrore della repressione può aver favorito la lentezza con cui si sono prese le misure difensive contro questa nuova sfida. In Belgio anche la criminalità comune ha avuto a suo tempo una certa libertà di manovra e negli anni ’90 ci sono stati molti arresti legati agli algerini della seconda linea del GIA algerino. Ma la sicurezza belga negli anni passati ha anche lavorato bene, sventò un attentato qaedista alla base americana. Il punto è che oggi l’ampiezza del fenomeno Isis è senza misura, si parla di parecchie decine di persone che tornano dalla Siria approfittando dei flussi migratori».
Ci sono ancora molte partenze di volontari per l’Isis dal Belgio?
«La polizia parla di una decina di persone che partono ogni mese. Meno di prima ma partono ancora. Non sappiamo invece quanti sono quelli che tornano»
Il super-ricercato Salah Abdeslam ha mostrato di poter contare non solo su una nutrita rete di complici ma anche di copertura. Com’è stato possibile?
«Credo che per nascondersi abbia contato sulla sua rete precedente di micro-criminali legati al traffico di droga, una quindicina di persone. Era un piccolo trafficante. E a quanto pare le prigioni restano uno dei centri della radicalizzazione, ma non l’unico. Il Belgio ha appena finito il processo contro il commerciante marocchino che fu a suo tempo reclutatore di Abaaoud, la mente del Bataclan».
Come sta reagendo il Belgio?
«Non credo che vedremo più islamofobia di quel che c’era già. La gente è soprattutto spaesata, come nell’Italia delle Brigate Rosse, sente di non capire cosa accade. Ma è soprattutto tra i musulmani che vedo un cambiamento in corso, ora i musulmani ordinari reagiscono, ne vedo tanti disperati. Non che prima fossero complici, ma fino a un anno fa tacevano, disapprovavano passivamente, la maggioranza normale e pacifica non prendeva posizione, come avvenuto a Parigi dopo Charlie Hebdo. Ora invece c’è anche chi denuncia».
Che peso ha la zona grigia nella copertura, volontaria o involontaria, che i terroristi ricevono dalla comunità islamica?
«Lo Stato ormai ha capito che contro questo terrorismo va fatto il massimo, con costi enormi e ingaggiando la comunità musulmana. Tra i musulmani c’è un cambiamento, come dicevo, ma restano problemi seri nel pensiero islamico che ovunque deve fare una rivoluzione copernicana se vuole uscire da questo caos, deve riformarsi. L’ultimo numero della rivista di Isis, Dar al-Islam, era dedicato al Bataclan, parlava di via profetica al terrorismo e argomentava contro i falsi musulmani. Secondo me se non si riforma e non si rifonda il pensiero musulmano l’argomentazione teologica di Isis tiene, ha una coerenza con la tradizione musulmana».
Allo stato attuale, verrà nuovamente messa sotto accusa la sicurezza belga, ancora oggi “bucata”?
«Siamo in una specie di guerra-guerriglia, prevenire questi attacchi è molto complicato. C’è certamente alle spalle la guerra dichiarata dall’Isis all’occidente e all’Europa. Ma c’è poi anche l’azione diffusa dei terroristi seguaci delle teorie del jihad individuale di Abu Khalid al Suri, il nuovo tipo di terroristi, molto abili, molto più sfuggenti. Nella metro di Bruxelles da tempo hanno tolto i cestini della spazzatura e oltre alla polizia gira costantemente l’esercito, ma come può fermare quel che è successo oggi? Specialmente stazioni piccole come Maelbeek non sono presidiabili. Il problema è invece all’aeroporto di Bruxelles che era veramente sguarnito. Torno or ora dall’India e ho visto che a Dheli non si entra nello scalo senza biglietto e senza mostrare il passaporto, nessuno entra. E poi c’è un metal detector-scanner prima della hall, non si scappa. A Bruxelles Zaventem invece si entra senza controllo, le esplosioni di oggi sono avvenute vicino ai desk. Sapendo che questi terroristi cercano luoghi affollati e simbolici l’aeroporto così sguarnito non è comprensibile».

ALFANO
In seguito all’attentato di Bruxelles, «manterremo il livello di allerta 2, quello immediatamente precedente all’attacco in corso» ha detto il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, in conferenza stampa al Viminale. «Ho poi disposto direttive per rafforzare il potenziamento di tutte le misure di sicurezza sugli obiettivi sensibili e ci saranno altre espulsioni nei confronti soggetti che hanno mostrato di non rispettare le regole del nostro Paese». «Il nostro livello di allerta - ha sottolineato Alfano - è già elevato. L’unico lavoro che si può fare dentro questo livello è avvitare finchè possibile i bulloni della macchina che è comunque già posizionata nel modo giusto».
Tra le direttive impartite, ha proseguito il ministro, «in primo luogo c’è l’intensificazione informativa con il contributo del Comitato di analisi strategica antiterrorismo che vede lo scambio di notizie tra intelligence e forze di polizia. Poi - ha proseguito - abbiamo invitato prefetture e questure a porre ulteriore attenzione sui luoghi più esposti al rischio e ci sarà un monitoraggio della polizia postale sul web per verificare il livello di consenso del califfato dopo gli attacchi di Bruxelles. Abbiamo chiesto e chiederemo maggiore collaborazione dai colossi del web». «Fin qui - ha aggiunto - il nostro lavoro di prevenzione è stato premiato. Siamo con la coscienza a posto per aver fatto la cosa giusta. Questa è prevenzione, fatta con il lavoro delle nostre forze dell’ordine».
Questa mattina «in esecuzione di un mandato di cattura europeo è stato arrestato un cittadino iracheno noto alle autorità belghe e francesi perché in contatto con terroristi». «Fin qui il nostro sistema di prevenzione ha funzionato e ha funzionato bene» ha aggiunto il ministro dell’Interno Angelino Alfano dopo il comitato per l’ordine e la sicurezza al Viminale ribadendo però che «non esiste un Paese a rischio zero». «Dobbiamo continuare con il massimo sforzo per garantire la sicurezza dei nostri cittadini», ha concluso.

CORRIERE.IT
GUIDO OLIMPIO
Asse Belgio-Francia
I criminali hanno dimostrato in passato di poggiarsi su più Paesi. Abdeslam, prima degli attacchi di Parigi, ha visitato l’Italia, l’Austria, la Germania, l’Ungheria. In ognuno di questi Stati sono emersi elementi interessanti sulla presenza di militanti. Complicato seguirli tutti, ancora di più usare questi tasselli per avere un quadro preciso. Le indagini sul massacro del 13 novembre hanno evidenziato come i killer abbiano agito sull’asse Belgio-Francia: si sono preparati in un’area ed hanno colpito nella seconda. Questo li ha aiutati a passare sotto il radar.
Il numero dei jihadisti tornati dal Califfato è cresciuto. E non solo in Nord Europa. Ciò ha costretto le forze di sicurezza a rincorrere mille piste, non sempre valide. Alcuni di questi «veterani» hanno certamente riattivato contatti aumentando le possibilità di passare all’attacco. Una situazione che produce un terrorismo ibrido che combina mujaheddin esperti ed altri meno preparati, ma comunque in grado di agire con attacchi simultanei e coordinati.
Spagna 2004 - Bruxelles 2016: l’assedio del terrorismo all’Europa
Abdelamid Abaaoud, coordinatore operativo del 13 novembre, aveva detto che in Europa c’erano 90 «soldati» del Califfato, uomini che si sarebbero infiltrati nel 2015. Un numero magari esagerato ma che era il segnale di quello che stava per arrivare. Possibile che si siano mossi nel timore che Abdeslam rivelasse dettagli importanti, indicazioni utili a individuarli: l’annuncio del suo legale che stava collaborando con le autorità non era solo una notizia ma anche, indirettamente, un messaggio. Non dimentichiamo che due figure ritenute importanti del network, Mohammed Abrini e Soufiane Kayal, sono ancora in libertà e si tratta di personaggi ritenuti pericolosi.

ILPOST


Con gli attentati di oggi a Bruxelles, per la seconda volta in pochi mesi una piccola nazione europea – il Belgio – si è ritrovata al centro delle attenzioni del mondo e di chi si occupa di terrorismo internazionale. Lo scorso novembre, pochi giorni dopo gli attacchi di Parigi, emerse che gli attentatori erano cittadini belgi oppure francesi che avevano vissuto a lungo in Belgio; una settimana dopo la polizia aveva trovato e ucciso Abdelhamid Abaaoud, cittadino belga considerato l’ideatore dell’attacco; per diversi giorni le operazioni di polizia collegate agli attacchi di Parigi erano andate avanti soprattutto in Belgio e precisamente a Molenbeek, un quartiere di Bruxelles. Pochi giorni fa l’ultimo attentatore di Parigi ancora ricercato, Salah Abdeslam, è stato arrestato proprio a Molenbeek.

Le zone del mondo occidentale in cui si è registrato un aumento delle attività collegate all’estremismo islamico hanno alcune cose in comune: una consistente e poco integrata comunità musulmana, un alto livello di disoccupazione giovanile in quella stessa comunità, la facilità a procurarsi armi, la disponibilità di un sistema di comunicazioni e trasporti molto fitto e affidabile, le autorità anti-terrorismo inefficaci e mal equipaggiate, una grande instabilità politica. Il Belgio queste caratteristiche ce le ha tutte, e da molto tempo è noto il suo problema con il terrorismo islamico e il jihad.

Il Belgio è, per esempio, il paese che in proporzione fornisce più combattenti al jihad tra tutti gli stati europei: negli ultimi anni centinaia di cittadini belgi sono andati a combattere in Medioriente insieme a gruppi estremisti come lo Stato Islamico o al Qaida. Nel 2005 la prima donna europea a compiere un attentato suicida fu una donna belga di Charleroi, convertita all’Islam: attaccò un convoglio statunitense in Iraq. Nel 2008 fu scoperta e smantellata un’organizzazione – “Sharia4Belgium” – che reclutava giovani belgi musulmani per mandarli nei campi di addestramento di al Qaida. Diversi esperti ritengono che proprio “Sharia4Belgium” abbia avuto una grossa influenza nella diffusione dell’estremismo islamico in Belgio, ma in molti hanno osservato un generale aumento dell’aggressività e del conservatorismo tra i giovani musulmani immigrati di seconda generazione, fomentato anche dalla propaganda estremista e intollerante disponibile online, anche quando non produce azioni violente.

Dall’altra parte, però, non risulta che nessuno dei terroristi di Parigi fosse particolarmente povero. Un attivista locale ha detto al Guardian che gli estremisti e la loro propaganda «danno alla normale ribellione giovanile una dimensione islamica», e così facendo istigano i giovani musulmani a diventare dei «martiri» e fare qualcosa di grande con le loro vite. Le facili comunicazioni con i loro coetanei che sono già partiti verso la Siria rappresentano un ulteriore elemento allettante: al di là dell’eventuale condizione di disagio, secondo le persone che studiano il fenomeno esiste anche una radicalizzazione per “idealismo” o militanza politica, che coinvolge persone istruite e provenienti da famiglie senza problemi economici.

Le difficoltà nel contrastare il terrorismo e la violenza dipendono anche dalla complicata frammentazione amministrativa del Belgio in generale e di Bruxelles in particolare. Il Belgio è sostanzialmente diviso in due, tra una parte che parla francese e un’altra che parla fiammingo. Le polizia e i servizi segreti delle due comunità per anni hanno comunicato poco e male, e sono stati mal finanziati. La stessa regione di Bruxelles è molto frammentata: ha 19 sindaci e 6 dipartimenti di polizia, per esempio, che spesso non si passano le informazioni l’uno con l’altro. Un articolo di Politico molto letto e apprezzato, uscito dopo gli attentati di Parigi del 2015, ha definito il Belgio anche per questo “uno stato fallito”: disorganizzato e privo di una vera identità nazionale.

In tutti gli altri paesi europei, la lotta contro il terrorismo si fa centralizzando la gestione del potere, delle persone e del denaro a disposizione delle autorità. Per combattere il terrorismo, specialmente nell’era digitale, servono squadre di specialisti di tecnologia, sorveglianza e intelligence, e serve che le nazioni condividano le informazioni in loro possesso. Anche per via delle sue divisioni linguistiche, il Belgio è andato nella direzione opposta. Dopo ogni elezione politica ci sono infiniti negoziati per formare un governo – qualche anno fa il paese restò senza un governo per 532 giorni – e questi negoziati si concludono sempre con la devoluzione di nuovi poteri alla regioni.

Poi c’è Molenbeek, un grande quartiere di Bruxelles con 90.000 abitanti che si estende per poco meno di sei chilometri quadrati. In certe zone di Molenbeek l’80 per cento degli abitanti è di religione musulmana. Prima che Molenbeek diventasse famoso per le molte cellule terroristiche che lo hanno usato in questi anni come base e rifugio, a Bruxelles era famoso per il suo livello di criminalità: era il classico posto in cui è meglio non andare la sera, e in cui la polizia passa raramente. Molenbeek non è troppo lontano del centro di Bruxelles: per arrivarci dalla Grand Place – la piazza centrale di Bruxelles, considerata il centro del centro – ci vogliono solo sedici minuti a piedi. A Molenbeek ci sono 22 moschee, attorno alle quali si raccoglie la numerosa comunità musulmana locale.

A Molenbeek sono legati l’attentato al Museo Ebraico di Bruxelles del maggio 2014, la cellula jihadista di Verviers che stava organizzando attentati in Europa smantellata nel gennaio del 2015 e l’attentato fallito sul treno francese dell’agosto 2015 (il New York Times ha spiegato chiaramente i dettagli dei legami tra Molenbeek e ciascuno di questi episodi). Da questo quartiere erano anche partiti i due terroristi che – fingendosi due giornalisti – due giorni prima dell’11 settembre 2001 uccisero il militare e politico afghano Ahmed Shah Massoud, principale oppositore del regime dei talebani; e qui avevano vissuto due dei protagonisti degli attentati di Madrid del 2004. A Molenbeek è collegato anche l’attacco al supermercato kosher di Parigi successivo all’attentato contro la redazione di Charlie Hebdo, all’inizio di gennaio: Amedy Coulibaly, l’uomo che uccise quattro ostaggi nel supermercato e che era un simpatizzante dell’ISIS, aveva comprato le armi usate nell’attacco a Molenbeek. E a Molenbeek sono collegati gli attentati di Parigi dello scorso novembre, come sappiamo.

Negli scorsi mesi la polizia anti-terrorismo belga ha intensificato indagini, perquisizioni e arresti, con l’aiuto soprattutto della Francia. I giornali internazionali hanno raccontato voci – mai ufficialmente confermate, ma considerate credibili – sul nervosismo delle autorità francesi per l’inefficienza dei loro colleghi belgi, per la loro scarsa preparazione e organizzazione. Venerdì scorso le autorità belghe hanno arrestato Salah Abdeslam, l’ultimo ricercato per gli attentati di Parigi, rintracciato dopo il ritrovamento piuttosto casuale di un bicchiere da cui aveva bevuto. Subito dopo l’arresto di Abdeslam, il presidente francese Francois Hollande e il primo ministro belga Charles Michel hanno parlato insieme alla stampa, congratulandosi a vicenda per il successo dell’operazione.