Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  marzo 22 Martedì calendario

La trattativa tra Bolloré e Mediaset spiegata bene, tra scambi, azioni e opzioni

La trattativa è ben incardinata e fino a pochi giorni fa la chiusura sembrava davvero molto vicina. Poi, però, Vincent Bollorè è stato «distratto» dalle vicende di Telecom Italia e i colloqui tra Vivendi e Mediaset su Mediaset Premium, rivelati dal Corriere dieci giorni fa, sono tornati in stand-by. Una pausa di riflessione che non significa rottura. Anzi. L’intenzione del presidente di Vivendi di prendere la pay tv del Biscione è concreta e anche quella di Berlusconi di giocare la carta di un’alleanza transnazionale. Ma comporre il puzzle e trovare tutti i consensi non è semplice. Tanto più adesso che per Bollorè si è aperto anche il fronte del riassetto al vertice di Telecom.
L’imprenditore bretone avrebbe allargato l’orizzonte del suo ragionamento, probabilmente per valutare l’assetto migliore da dare alle attività in Italia. Oltre che su Mediaset, il gruppo media francese ha in corso una trattativa molto avanzata per rilevare una quota del produttore di contenuti Cattleya, dopo aver portato al 26% la quota in Banijay, produttore internazionale di contenuti guidato dall’ex Endemol, Marco Bassetti, di cui sono soci anche Exor, Lvmh e de Agostini. Mediaset Premium rappresenta quindi uno snodo chiave per Bollorè, che secondo quanto emerso nel corso della trattativa – in piedi da quasi un anno – pagherebbe in azioni. Si dice il 3-3,5% di Vivendi in cambio di Premium, che verrebbe valutata circa 900 milioni di euro. Più o meno il valore strappato due anni fa da Berlusconi a Telefonica per il 10% della pay-tv.
La famiglia Berlusconi diventerebbe quindi un importante azionista del gruppo francese. L’operazione prevederebbe anche la possibilità di uno scambio di partecipazioni. Gli advisor avrebbero previsto uno schema di opzioni, condizionate all’avverarsi di alcuni eventi economici, il cui esercizio graduale consentirebbe a Bollorè di entrare direttamente nel capitale di Mediaset. Ma su questo fronte la trattativa è fluida.
Questo dovrebbe essere lo schema di massima. Ieri Berlusconi ha ammesso che «il gruppo Vivendi è molto interessato all’Italia, sono amico del signor Bolloré da diversi anni e manifesta un interesse su alcune cose che noi facciamo in Italia – ha spiegato —, non assolutamente Mediaset, ma per esempio sulla nostra capacità di fare prodotti per la televisione, prodotti per tutte le televisioni: format e programmi televisivi e anche per quell’attività di fornitura al pubblico di un portafoglio di film molto vasto e altri spettacoli. Vivendi lo fa già in Francia e ha una visione per il futuro europea, e quindi è possibile che si trovino delle possibilità di collaborazione». L’ex premier ha voluto anche chiarire di non essere direttamente coinvolto nella trattativa: «Non sono così informato perché si interessano di questa cosa mio figlio Pier Silvio e il dottor Confalonieri, presidente di Mediaset, e i loro dirigenti. Quindi io vengo messo al corrente di queste cose ma”con juicio”». In realtà Berlusconi non solo sarebbe tenuto costantemente informato ma, vista la consuetudine con Bolloré, insieme al finanziere bretone è il playmaker dell’operazione. Di cui uno snodo importante è anche Tarak Ben Ammar, il produttore tunisino che per conto di Bollorè siede nel consiglio di Mediobanca, è consigliere di Telecom e amico di Berlusconi.
L’alleanza tra Vivendi e Mediaset, che passerebbe per la pay-tv, non coinvolgerebbe direttamente Telecom ma è chiaro che se la rete di Bollorè dovesse allargarsi al mondo delle tv, la convergenza con Telecom sarebbe uno sbocco naturale. Non necessariamente al livello societario, ma commerciale certamente. Con l’obiettivo, secondo alcuni osservatori, di prendere una posizione chiave nello scacchiere del consolidamento europeo.