Corriere della Sera, 22 marzo 2016
Sugli accordi di Pasqua (quelli del 1938)
Mi interessa sapere dei cosiddetti accordi di Pasqua, che strinsero Italia e Gran Bretagna il 16 aprile 1938, giorno del Sabato santo. I contrasti nelle politiche medio-orientali vennero appianati e ciò è abbastanza singolare se si pensa che solo due anni prima l’Italia era stata sanzionata per la conquista dell’Etiopia. C’era l’intervento di Churchill? Per quanto tempo furono in vigore?
Porfirio Russo
porfilio.russo@live.it
Caro Russo,
Visti oggi, con il senno di poi, gli accordi italo-britannici del Sabato santo sono una drammatica occasione perduta. Dopo essersi duramente scontrati sul fronte delle sanzioni durante l’invasione italiana della Etiopia, i due Paesi sembravano disposti ad accantonare tutte le divergenze degli anni precedenti. Vi furono accordi di buon vicinato per regolare le relazioni tra colonie italiane e colonie britanniche nel continente africano. Vi fu una intesa analoga per evitare contrasti in Medio Oriente. Vi fu un accordo sulla libera navigazione nel Canale di Suez. Vi furono l’impegno italiano a ritirare i volontari dalla Spagna e l’assicurazione che l’Italia non voleva appropriarsi delle isole Baleari. Vi furono l’adesione italiana al trattato di Londra sul disarmo navale e, infine, il riconoscimento della sovranità italiana sull’Etiopia. Quando fecero un viaggio ufficiale a Roma nel gennaio 1939, il Primo ministro britannico Chamberlain e il suo ministro degli Esteri Lord Halifax dovettero brindare alla salute di Sua Maestà il re d’Italia imperatore di Etiopia.
Gli accordi furono i frutti di una politica inglese nota con il nome di «appeasament» (pacificazione, acquiescenza) e ben descritta da Ennio di Nolfo nella sua Storia delle relazioni internazionali dal 1918 al 1992. Chamberlain, Halifax e lo stesso Anthony Eden volevano evitare la guerra ed erano pronti a rivedere, con spirito largo, alcune delle clausole territoriali dei Trattati di Versailles. Fecero aperture a Hitler e sperarono, fino al 1940, di potere contare sulla mediazione del governo italiano. Chamberlain, in particolare, non aveva dimenticato la conferenza che Mussolini aveva organizzato sul Lago Maggiore nell’aprile 1935 per una intesa tra Italia, Francia e Gran Bretagna dopo l’avvento di Hitler al potere due anni prima. Sperava nel ritorno allo spirito di Stresa e dette prova, fra il 1937 e il 1939, di grande pragmatismo.
Quella politica, spesso criticata da Winston Churchill, divenne sinonimo di cedevolezza ed è ancora oggi una macchia sulla immagine storica di Chamberlain. Ma quelle generose offerte di soluzioni pacifiche ebbero due effetti positivi. Convinsero il mondo che la guerra era stata voluta dalla Germania e conferirono alla causa degli Alleati una preziosa motivazione morale. L’intervento dell’Italia in guerra nel giugno 1940 appare sotto questa luce particolarmente colpevole. Mussolini buttò via il capitale del mediatore per schierarsi con l’aggressore sulla base di calcoli che erano politicamente e moralmente sbagliati.