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 2015  settembre 24 Giovedì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Sergio Mattarella
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Matteo Renzi
Il Ministro dell’ Interno è Angelino Alfano
Il Ministro degli Affari Esteri è Paolo Gentiloni
Il Ministro della Giustizia è Andrea Orlando
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Pier Carlo Padoan
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Stefania Giannini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Giuliano Poletti
Il Ministro della Difesa è Roberta Pinotti
Il Ministro dello Sviluppo economico è Federica Guidi
Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali è Maurizio Martina
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Graziano Delrio
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni e attività culturali e turismo è Dario Franceschini
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Gian Luca Galletti
Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione è Marianna Madia (senza portafoglio)
Il Ministro per le Riforme Costituzionali e i rapporti con il Parlamento è Maria Elena Boschi (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente di Fca è John Elkann
L’ Amministratore delegato di Fca è Sergio Marchionne

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Janet Yellen
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Manuel Valls
Il Re di Spagna è Felipe VI di Borbone
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Abd al-Fattah al-Sisi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Recep Tayyip Erdogan
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Damodardas Narendra Modi
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Hassan Rohani

L’amministratore delegato di Volkswagen si è dimesso...

Ha un nome complicatissimo...
Winterkorn. Ricordiamoci l’inverno (winter). Non dovremmo aver problemi, da italiani, a ricordare il “korn”. Martin Winterkorn, 68 anni, buttato giù un attimo prima di essere riconfermato sul trono. Il board doveva riunirsi oggi con all’ordine del giorno il prolungamento del contratto da 18 milioni l’anno. Un trono imperiale, sia chiaro, dato che nel primo semestre di quest’anno Volkswagen era risultata la più grande azienda automobilistica del mondo avendo venduto qualche migliaio di macchine più della Toyota. Ma ieri la Süddeutsche Zeitung aveva scritto: «Ogni minuto che il capo di Vw resta in carica, danneggia il gruppo, l’industria automobilistica e l’economia della Germania».  

Secondo me ha spinto per le dimissioni anche la Merkel.
È una pura illazione, però è credibile. Al di là dei problemi di Volkswagen, enormi, c’è il problema della credibilità tedesca. Pensi che il claim della campagna pubblicitaria del gruppo è DAS Auto, cioè “LA” macchina. Era dunque in atto, con soddisfazione reciproca, la totale identiticazione dell’auto con l’auto tedesca e dell’auto tedesca con l’industria tedesca, tutto un lavoro di comunicazione e di marketing che a questo punto si rivolta contro i suoi inventori perché, naturalmente, se QUESTA è l’auto tedesca, allora l’industria tedesca... Con il contrappasso della lezione che viene impartita da nove mesi alla Grecia e al resto del mondo sull’affidabilità tedesca, la credibilità tedesca, la serietà tedesca, eccetera eccetera. Ho sotto gli occhi una frase di Bismarck, pronunciata quando la Germania, di fatto, neanche esisteva: «Noi Tedeschi siamo quasi altrettanto vanitosi dei Francesi; se possiamo illuderci di godere di una grande reputazione all’estero, tolleriamo molte cose a casa nostra». Didascalia perfetta della vicenda attuale. Anche loro truccarono i conti nel 2004 per scamparla ai controlli europei.  

Vediamo i problemi di Volkswagen.
I problemi di Volkswagen - enormi - sono di molti tipi. Gli americani hanno aperto un’inchiesta anche penale, e non si sa fino a che livello possono arrivare le incriminazioni, specie se le rivelazioni di Die Welt («il governo sapeva») fossero confermate (per ora sono smentite). Sempre negli Usa sono già partite 23 class action e in via teorica possono associarsi e chiedere i danni non solo quelli che hanno comprato una Volkswagen diesel, ma anche quelli che si sono ammalati a causa delle emissioni proibite. Calcoli finanziari astronomici. C’è poi la questione europea. Girano undici milioni di macchine taroccate, come hanno ammesso gli stessi uomini di Wolfburg, e dove possono girare se non in Europa, dato che su dieci milioni di diesel sette sono venduti qui? Che cosa può significare, in termini finanziari, il richiamo di undici milioni di macchine? E a quanto dovrebbe ammontare una multa per un reato simile dato che negli Stati Uniti mezzo milione di automobili producono una sanzione teorica da 18 miliardi? Il capo della finanza Volkswagen ha già fatto sapere di aver accantonato 6,5 miliardi di euro per far fronte allo scandalo. Ebbene, potrebbero essere largamente insufficienti.  

In Italia?
I veicoli coinvolti dovrebbero essere un milione e mezzo.  

Potremmo escludere che altre case automobilistiche abbiano messo in atto un trucco simile?
Io non escludo niente. Certo, oltre alla credibilità tedesca, c’è anche un problema che riguarda la credibilità dell’automobile, come prodotto industriale del nostro tempo. I costruttori sostengono che l’utile del settore è troppo basso, per esempio Volkswagen ha margini di appena il 6% sui ricavi. Questo ha conseguenze importanti sui comportamenti, per esempio il taroccamento delle centraline per aggirare i test ambientalisti e comprimere i costi. Come mai gli altri non avrebbero applicato trucchi simili? Su due piedi, non è semplice da credere. Marchionne da parecchio tempo teorizza che ci sono troppi costruttori e dunque troppo spreco di denaro per farsi la guerra («tra tutti quanti tiriamo fuori due miliardi di euro a settimana per lo sviluppo di nuovi prodotti»), la soluzione secondo lui è fondersi e lasciare in piedi solo due o tre grossi agglomerati (lui vuole uscire con Mary Barra, cioè General Motors). Altri vedono lo sviluppo futuro negli sforzi di Apple per produrre l’auto elettrica senza guidatore, da mettere in teoria sul mercato intorno al 2019. Apple ha in cassa 203 miliardi di dollari con cui potrebbe comprarsi senza problemi Volkswagen, General Motors, Toyota e il produttore di auto elettriche Tesla. Gli resterebbe ancora qualche decina di miliardi. C’è infine lo sviluppo che, ahimé, ritengo più probabile e cioè la morte dell’automobile come mezzo di trasporto di massa. Costosa, inquinante, regina dello spreco. La sua sparizione, purtroppo, avrebbe come conseguenza anche la cancellazione di milioni di posti di lavoro. (leggi)

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