Notizie tratte da: Eva Giovannini, Europa anno zero. Il ritorno dei nazionalismi, Marsilio – Rai Eri, 2015, pp. 208, 16 euro., 24 settembre 2015
Notizie tratte da: Eva Giovannini, Europa anno zero. Il ritorno dei nazionalismi, Marsilio – Rai Eri, 2015, pp
Notizie tratte da: Eva Giovannini, Europa anno zero. Il ritorno dei nazionalismi, Marsilio – Rai Eri, 2015, pp. 208, 16 euro.
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Centoventicinquemila, i giovani che in Grecia sono tornati a far uso di eroina negli ultimi sei anni di crisi economica. Sei volte il numero dei soldati che il paese ha sacrificato nella seconda guerra mondiale.
La Grecia rappresenta il 2% del Pil europeo e ha un debito pubblico pari al 175% del suo prodotto interno lordo.
Alba Dorata, terza forza politica greca, chiede le «mine antiuomo alle frontiere», prevede nel proprio statuto «l’arresto di tutti gli immigrati clandestini» e propone sul sito ufficiale «l’introduzione della pena di morte».
Alba Dorata, formazione di estrema destra greca, nata nel 1980, quando Michaloliakos fonda la rivista «Chrysi Avgi» (Alba Dorata).
La maggior parte dei membri di Alba Dorata arriva dalle fila dell’esercito, e non ha mai fatto mistero di ispirarsi politicamente al metaxismo, l’ideologia autoritaria propugnata da Ioannis Metaxas, il primo ministro greco che negli anni Trenta modellò il proprio governo sulla base del regime fascista di Mussolini.
Numerosi membri di alba Dorata aderirono come volontari alla guerra nei Balcani e furono presenti a Srebrenica durante il massacro di musulmani bosniaci a metà anni Novanta.
Nikolaos Michaloliakos, il fondatore di Alba Dorata, arrestato il 28 settembre 2013 con l’accusa di essere membro di un’associazione criminale che avrebbe ordinato l’omicidio del rapper antifascista Pavlos Fyssas.
Il caso del deputato di Alba Dorata Artemis Matthaiopoulos, fidanzato della figlia del leader Michaloliakos ed ex bassista dei Pogrom, un gruppo nazirock legato al partito. Tra i pezzi più noti della band c’è Auschwitz, il cui ritornello recita: «Mi fotto Wiesenthal / Mi fotto Anna Frank / Mi fotto la tribù di Abramo/ La stella di Davide mi fa vomitare/ Oh, ma quanto amo Auschwitz!».
Ilias Panagiotaros, fondatore del gruppo di ultras nazisti Armata azzurra e proprietario di un negozio di cianfrusaglie militari, era l’uomo alto dalla testa rasata seduto accanto al leader nella famosa conferenza stampa del 2012 in cui il leader di Alba Dorata Michaloliakos, entrando, gridò «Veni, Vidi, Vici!» e tutti i giornalisti furono fatti alzare in piedi in segno di rispetto.
«Dev’essere il popolo a scegliere se vuole essere invaso dagli immigrati oppure no. Noi siamo nazionalisti fino in fondo: gli interessi della nostra patria vengono prima di tutto. Se siamo ancora così forti come partito è perché la gente lo sa. Il nazionalismo è nel Dna di ogni essere umano» (Ilias Panagiotaros, uno dei leader di Alba Dorata).
Europa, che in greco indica «colei che ha un ampio sguardo».
La Germania, il Paese europeo con il maggior numero di rifugiati politici.
I richiedenti asilo accolti in Germania ricevono gratuitamente vitto, alloggio, assistenza medica, vestiti e – gli adulti – anche centosessanta euro al mese.
Oggi, su ottantadue milioni persone che abitano in Germania, sette milioni sono nati all’estero.
Pegida, i nuovi «patrioti contro l’islamizzazione dell’Occidente», come si autoproclamano i militanti di questo movimento che si è affermato in Sassonia, e che per diversi mesi ha sfilato per le strade di Dresda tutti i lunedì.
Per alcuni mesi, da quando, nell’ottobre 2014, sono cominciate le «passeggiate serali» per Dresda – così le chiamano i manifestanti di Pegida –, il numero delle persone scese in piazza è lievitato di settimana in settimana. Nati come un appuntamento sulla bacheca Facebook creata da Lutz Bachmann, i raduni hanno varcato il perimetro della città.
Secondo un sondaggio condotto dal settimanale Der Spiegel nel dicembre 2014, per il 34% dei tedeschi l’Occidente rischia di essere islamizzato.
«Come si può governare un paese che ha 246 varietà di formaggio?» si chiedeva Charles De Gaulle.
L’avanzata del Front National di Marine Le Pen in Francia: 18% alle presidenziali 2012, 25% alle europee 2014, 26,3% alle amministrative 2015.
Quando nacque il partito, nel 1972, Marine Le Pen aveva quattro anni. L’ex paracadutista Jean-Marie Le Pen, insieme a un gruppo di ammiratori della Repubblica di Vichy usciti da Ordre nouveau (Ordine nuovo), fondò il Front National e per quarant’anni lo ha tenuto ancorato ai valori di un patriottismo nostalgico, venato di antisemitismo e xenofobia. Dal 1972 il Front è stato guidato da Le Pen padre, fino al dirompente arrivo di Marine, nel 2011.
Le prime due cose che farebbe Marine Le Pen se fosse eletta all’Eliseo: «Chiusura di Schengen e ritorno al franco».
«Io mi batterò finché ne avrò la forza contro questa nuova dittatura, che ho ribattezzato l’Unione sovietica europea» (Marine Le Pen).
«Ma scusi, cos’è il populismo? Se è la difesa del popolo per il popolo, allora sono populista anch’io!» (Marine Le Pen).
Lei si considera ancora una donna di destra?
«No. Ma le dirò di più, io non mi sono mai sentita una donna di destra! Da almeno dieci anni sostengo che, ormai, la differenza non è tra destra e sinistra, ma tra mondialisti e nazionalisti» (Marine Le Pen).
Quel pomeriggio dell’ottobre 2014, quando il cane di Jean-Marie Le Pen, un dobermann, sbranò il gatto di Marine nel giardino della villa di famiglia.
Come ha scritto lo studioso di storytelling Christian Salmon, Marine Le Pen ha preso a prestito «dalla sinistra la critica alla globalizzazione neoliberista e dalla destra la denuncia degli immigrati profittatori».
Tweet di Marine Le Pen giovedì 8 gennaio, alle 7.58, il giorno dopo la strage nella redazione di Charlie Hebdo: «Voglio offrire ai francesi un referendum sulla pena di morte».
Lei ha letto il Corano? Pensa che sia un libro violento, o che sia una sua certa interpretazione a renderlo tale?
«Il problema non è il testo, ma il ruolo dei religiosi che lo interpretano e lo divulgano. La maggior parte dei musulmani non ha mai letto tutto il Corano, che io, invece, ho letto dall’inizio alla fine. A maggior ragione gli jihadisti, che secondo me sono anche stupidi: loro si lasciano manipolare dai guru spirituali che li incitano alla violenza» (lo scrittore francese Michel Houellebecq).
«Il problema non è che la donna occidentale sia emancipata, ma che lavori troppo! Per carità, tutti dovremmo lavorare di meno, ma le donne in particolare. Se vogliono fare dei tentativi di seduzione, per esempio, non possono tornare a casa dal lavoro distrutte. Per dirla chiaramente: la donna islamica durante il giorno non fa niente, però la sera…» (lo scrittore francese Michel Houellebecq).
«Un paese che non si riproduce abbastanza, è un paese finito» (lo scrittore francese Michel Houellebecq).
Claude Juncker, che ha accolto l’arrivo di Viktor Orbán al vertice europeo di Riga, il 22 maggio 2015, con un: «Here comes the dictator» («Ecco il dittatore»).
Viktor Orban, eletto presidente dell’Ungheria per la seconda volta nell’aprile 2014 con il 44,5% dei consensi. Fino alle elezioni suppletive di febbraio 2015, Orbán ha goduto di una maggioranza assoluta che ha permesso al governo di riscrivere la Carta costituzionale in chiave conservatrice e autoritaria e di approvarla con i due terzi del Parlamento.
L’inizio della nuova Costituzione ungherese fatta approvare da Orban: «Siamo orgogliosi che il nostro re Santo Stefano mille anni fa abbia dotato lo Stato ungherese di stabili fondamenta e abbia inserito la nostra patria nell’Europa cristiana».
Nella nuova Costituzione sono indicate l’identità cristiano-ungherese e la lingua magiara come elementi fondanti della nazione, sparisce la parola «Repubblica» davanti a Ungheria, mentre appaiono costantemente richiami ai valori cristiani, a partire dalla famiglia, definita la «base della sopravvivenza della nazione», ma solo quella «basata sull’unione volontaria di vita tra l’uomo e la donna» 7. Inoltre, viene stabilito per legge il divieto di abortire, con un articolo che sancisce che «la vita del feto va protetta fin dal concepimento».
Il Movimento per un’Ungheria migliore, meglio noto come Jobbik, è il partito ultranazionalista ungherese che fa un’opposizione sistematica al governo. È soprattutto per le loro pressioni che Orbán ha costruito un nuovo muro nel cuore dell’Europa – una barriera di 175 chilometri al confine con la Serbia – per arginare la fuga di migranti dall’Est.
Il simbolo di Jobbik, una doppia croce bianca, richiamo esplicito alle Croci frecciate delle milizie naziste.
Matteo Salvini, grandissimo appassionato di Fabrizio De André.
Matteo Salvini non ha la televisione a casa. «Ho solo la radio».
Salvini ha un vecchio cellulare che usa solo per telefonare. Per navigare e twittare usa l’iPad. «E quando sono fuori dall’Italia non uso internet perché non ho fatto l’abbonamento per l’estero».
«Se divento primo ministro, Claudio Borghi e l’economista Alberto Bagnai entrano sicuramente nella squadra di governo» (Matteo Salvini).
«L’euro è un progetto scientificamente creato per mettere in ginocchio alcune economie. Un progetto voluto da chi controlla l’Europa, a partire dalla Germania e dalle grandi banche. Io non sono un complottista, le paranoie sul Bilderberg le lascio ai grillini, ma è chiaro che il progetto è nato per massacrare l’economia italiana, con la complicità dei nostri governanti che, secondo me, erano anche a libro paga».