Tino Oldani, ItaliaOggi 24/9/2015, 24 settembre 2015
ANCHE PER LE CONCESSIONI AEROPORTUALI VIGE L’OBBLIGO EUROPEO DELLA GARA, MA IN ITALIA NON NE È STATA FATTA NEPPURE UNA IN 40 ANNI
Pensavo di avere chiuso con le concessioni senza gara e con le autostrade regalate dal governo di Matteo Renzi ai potentati politici locali (Autobrennero e Autovie Venete). Invece, ieri, una breve del Corriere della sera mi ha costretto a indagare su un nuovo filone, che pare altrettanto sconcio: le concessioni aeroportuali. La notizia: il Consiglio di Stato ha rinviato alla Corte di giustizia Ue la soluzione del contenzioso che riguarda l’aeroporto Montichiari di Brescia. Questo scalo, insieme a quello di Verona, è gestito da 15 anni dalla società Catullo, che nel 2013 ha ottenuto con decreto ministeriale il rinnovo della concessione per altri 40 anni, il tutto senza gara. A questo affidamento diretto si è opposta, con un ricorso al Tar, la società Sacbo, che gestisce il vicino aeroporto di Bergamo-Orio al Serio: essendo interessata alla stessa concessione, chiedeva che fosse messa a gara. Ma dopo che il Tar di Brescia le ha dato ragione, la Catullo ha fatto a sua volta ricorso al Consiglio di Stato, che di fronte a un ginepraio di norme italiane ed europee ha deciso di non decidere, rinviando la sentenza finale alla Corte di giustizia europea.
Il verdetto della Corte di Strasburgo potrebbe arrivare tra un paio d’anni, e quasi certamente imporrà di fare una gara, in linea con le direttive europee. Un’ipotesi che ha spinto Paolo Arena, presidente della società Catullo, a dire che «a quel punto dovrebbero essere messe in discussione tutte le altre concessioni che sono state rilasciate negli ultimi anni», compresa (a quanto pare) quella ottenuta dalla Sacbo per l’aeroporto di Orio al Serio. Una denuncia bella e buona, che mi ha incuriosito: vuoi vedere che anche le concessioni per gli aeroporti vengono rilasciate con gli stessi metodi clientelari delle autostrade?
La risposta è scritta in un’indagine compiuta due anni fa dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, trasformata di recente nell’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone. Condotta su 19 gestori di aeroporti con un traffico passeggeri di oltre 3 milioni l’anno, la ricerca ha appurato che «la gran parte delle concessioni aeroportuali sono state rilasciate per un periodo di 40 anni senza ricorrere a procedure concorsuali, come sarebbe previsto dalla legge». Stiamo parlando dei gestori dei maggiori aeroporti italiani: Fiumicino (41 milioni di passeggeri), Linate (27 milioni), Bergamo (8,8 milioni), Catania (6,2 milioni), Napoli (5,8 milioni), solo per citare quelli più trafficati. Un business florido, in continua crescita. Due esempi, per darne un’idea: la società Aeroporti di Roma, che gestisce lo scalo di Fiumicino, nel 2014 ha registrato un margine lordo semestrale di 270 milioni, e ancora meglio farà quest’anno grazie al Giubileo straordinario. La Sea, che gestisce Linate e Malpensa, nell’ultimo bilancio ha dichiarato un fatturato di 724 milioni e 33,7 milioni di utile netto.
Ma le società che gestiscono gli aeroporti, come hanno ottenuto la concessione? L’inchiesta dell’Authority ripercorre dalle origini le norme in materia, dividendole in due periodi: quelle antecedenti la legge n.537 del 1993, che ha riformato il sistema aeroportuale, e quelle successive. Nel primo periodo gli aeroporti erano gestiti direttamente dallo Stato, oppure dallo Stato in società con gli enti locali, i consorzi di enti e le Camere di commercio. Con la riforma del 1993, lo Stato promosse la progressiva privatizzazione degli aeroporti italiani, dando vita a una riorganizzazione da gestire su basi imprenditoriali, con l’obbligo per le società di gestione di costituirsi in società di capitali.
Inoltre, la riforma stabilì che da lì in avanti le concessioni, della durata di 40 anni, sarebbero state assegnate «attraverso una procedura ad evidenza pubblica, gestita dall’Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile)». Un obbligo, quest’ultimo, che però venne subito ignorato, in quanto i gestori di allora riuscirono ad ottenere la concessione in via diretta, grazie ai favori dei politici, come i continui rinvii dei termini di legge e alcune astuzie burocratiche.
Non solo. La riforma del 1993, pur introducendo l’obbligo della gara pubblica, si guardò bene dal mettere in discussione le leggi ad hoc con le quali erano state rilasciate in precedenza le concessioni ad alcuni tra i maggiori aeroporti, quali la legge n. 775 del 1973 per Fiumicino e la legge n. 164 del 1962 per la Sea di Linate, più altre leggi simili per Venezia Tessera, Torino Caselle, Genova e Bergamo. Un privilegio che nel 1997 è stato esteso ad altri aeroporti con un decreto ministeriale (n.521), grazie al quale bastò «presentare un’istanza corredata da un programma di intervento» per ottenere la concessione di 40 anni, senza alcuna gara.
È grazie a questo ginepraio di leggi e decreti, oltre alle connivenze politiche, che oggi la concessione per Fiumicino è valida fino al 2044, quella per Linate fino al 2041, quella per Napoli fino al 2043, e così via. La scadenza più vicina nel tempo riguarda Genova, dove la concessione (rilasciata nel 1987) scadrà nel 2027. Insomma, tutto lasciava pensare che per altri 12 anni non vi sarebbe mai stata una gara europea per gestire un aeroporto. Una cuccagna che ora rischia di finire di colpo se la prossima sentenza di Strasburgo sull’aeroporto di Brescia dovesse imporre l’obbligo della gara a tutti, purché richiesto.
Tino Oldani, ItaliaOggi 24/9/2015