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 2015  settembre 24 Giovedì calendario

Tredicimila spettatori al concerto di Francesco De Gregori per i 40 anni di «Rimmel»: per l’occasione il "Principe" ha voluto intorno a lui all’Arena di Verona numerosi colleghi, da Caparezza a Malika Ayane, da Elisa a Fedez e Ligabue (e persino Checco Zalone), perché reinterpretassero a modo loro le sue canzoni. «Per un autore è una grandissima soddisfazione. Le canzoni sono cose vive: non puoi inchiodarle come farfalle morte e rifarle sempre allo stesso modo»

Le canzoni non sono monumenti. Nemmeno quelle che sono diventate parte del canzoniere di tutti. Operazione rischiosa quella di toccarle. È come intervenire sulla memoria collettiva.
Francesco De Gregori lo ha sempre fatto, a costo di qualche incomprensione con i fan nel corso degli anni. E nel concerto per celebrare i 40 anni di «Rimmel» l’altra sera all’Arena ha alzato l’asticella invitando sul palco, in ordine di apparizione, Caparezza, Malika Ayane, Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, Fausto Leali, Elisa, Fedez, Ambrogio Sparagna, Checco Zalone, Ligabue e L’Orage. «Ognuno di loro ha portato la propria musicalità dentro i miei brani. Per un autore è una grandissima soddisfazione. Le canzoni sono cose vive: non puoi inchiodarle come farfalle morte e rifarle sempre allo stesso modo», raccontava soddisfatto «il Principe» nei camerini dell’Arena a fine serata. Hanno apprezzato anche i 13 mila del pubblico: applausi per tutti. Scommessa vinta.
Non c’è un ordine cronologico o uno schema rigido nella scaletta. Le canzoni di «Rimmel» si alternano al resto del repertorio. L’intesa artistica non dipende dalla distanza musicale: «L’agnello di Dio» con Caparezza è uno dei picchi di energia della serata. Gli occhi increduli di Malika Ayane (è da Sanremo che non ne sbaglia una) accarezzano De Gregori quanto la sua voce accarezza le note di «Piccola mela». E più avanti sarà lei in trio d’archi a rileggere in profondità «Pezzi di vetro». Prova superata. Come quella di Elisa spumeggiante per «Buonanotte fiorellino».
Ecco perché De Gregori non vuole sentir parlare di nostalgia. «Non ce n’era nemmeno una briciola». Forse nel pubblico, ma non sul palco. Non c’è la fotocopia del passato. «Non volevo prostituirmi al gusto medio. Solo per qualche canzone che non eseguivo da anni ho ricercato gli arrangiamenti originali», diceva. Giuliano Sangiorgi dei Negramaro ricama con la voce su «Pablo» e si inventa un’intensa introduzione strumentale per «Rimmel» eseguita a tre voci con De Gregori e Ligabue. Il rocker duetta su «Alice» e il cantautore restituisce il favore con «Il muro del suono». Le fughe dal repertorio degregoriano, ce ne sono anche con Caparezza e Fausto Leali, sono l’unico momento debole della serata.
La prova più dura è per Fedez. «Viva l’Italia»: canta (e a differenza della media dei rapper si salva) e si inventa una strofa rap. «Mi chiedono sempre se la riscriverei – dice De Gregori —. Non so mai che dire se non che quelle parole non stonano con l’Italia di oggi. Fedez ha portato qualcosa di nuovo, ha un’idea e una sapienza non usuale». E Checco Zalone che c’entra? «Ammiro il suo cinema perché ha un punto di vista e non è mai stupido», dice il protagonista. Il comico mette il testo di «La donna cannone» sulle musiche di altri e li imita: Tiziano Ferro, Vasco, Eros, Carmen Consoli, Al Bano e Gigi D’Alessio. Risate. «Avevo l’incubo del Festivalbar... esibizioni una in fila all’altra. Invece è venuto quel pastiche che volevo creare», diceva soddisfatto a fine serata De Gregori.
Dopo aver prestato le sue canzoni ad altre voci, ora il cantautore si lancia nel progetto opposto. Uscirà il 30 ottobre «Amore e furto», album di cover di Bob Dylan. «Tradurre Dylan è stata una grande avventura – spiega —. Non avrei mai potuto pensare ad un progetto del genere se non avessi amato da sempre il suo straordinario repertorio. Il titolo è rubato a un disco di Dylan in cui lui stesso dichiarava esplicitamente le sue passioni musicali e le influenze che aveva subito. Furto, quindi, ma soprattutto amore per un grandissimo artista».