varie, 24 settembre 2015
RUGBISTI
«Perché i rugbisti piacciono tanto? Forse perché la figura del rugbista che deve difendere la palla, trattarla come se fosse un figlio, richiama alla mente la figura paterna, di un uomo in grado di proteggere. A questo bisogna aggiungere che ci sono in giro sui campi da rugby tanti bei ragazzi con gran bei fisici…» (Mauro Bergamasco).
LEGGERO «Io devo rimanere leggero perché più sono leggero meno peso ho da portarmi dietro per trenta vasche. Quindi in palestra non lavoro troppo: flessioni, addominali, trazioni» (Gregorio Paltrinieri).
JAZZISTA «Gascoigne era genio e disperazione. Sembrava un jazzista, aveva un talento sconfinato unito a un’ansia di autodistruzione» (Dino Zoff).
NORMALITA’ «Ho imparato a ritagliarmi degli spazi di normalità. Ho sacrificato troppo della mia adolescenza, sto recuperando. Adesso so che se nella mia vita ci fosse solo il golf, com’è stato per molti anni, allora sì che avrei un problema!» (Matteo Manassero).
SCARAMANZIA «Quando fai un lavoro dove una palla sul palo può cambiarti la vita, la scaramanzia entra per forza. E poi mi incazzo tutte le volte che uno sottolinea le mie origini napoletane con un tono che nasconde un razzismo latente» (Maurizio Sarri).
COPIARE «Nel 1969-’70, quando giocavo nella Roma, Helenio Herrera è stato il primo che ha fatto tutta la preparazione sempre e solo con il pallone. Adesso quando sento dire “bisogna che il giocatore faccia tutto il lavoro solo con l’attrezzo perché così si abitua a lavorare alle diverse velocità” mi viene da ridere... Herrera quasi cinquant’anni fa faceva già quello che adesso tutti fanno e tutti copiano» (Fabio Capello).
FORTUNA «Nella mia carriera ho avuto la fortuna di giocare con tanti playmaker forti. C’è dispiacere di non aver giocato con Derrick Rose perché era infortunato ma sono stato in squadra con gente come Tony Parker e Chris Paul: li ringrazio perché mi hanno aiutato ad essere quello che sono. Adesso si apre un nuovo capitolo, non vedo l’ora di giocare con Rondo» (Marco Belinelli).
PAPA’ «Il mio libro preferito è Il tempo che vorrei di Fabio Volo perché parla del legame con un papà, racconta delle occasioni che si hanno nel dimostrare affetto. Mi ci sono rivisto, io con il mio ho un ottimo rapporto, anche se in un mare di imbarazzo. Mi ha messo lui in contatto con il calcio, mi ha dato l’occasione di costruirmi un sogno e una carriera. Mi è sempre stato vicino, senza farlo pesare» (Riccardo Saponara).