VARIE 24/9/2015, 24 settembre 2015
APPUNTI PER GAZZETTA - IL PAPA AL CONGRESSO
REPUBBLICA.IT
WASHINGTON - Un Papa in un’arena. Durante il discorso al Congresso degli Stati Uniti, il primo nella storia di un pontefice, Francesco in diretta mondiale aveva gli occhiali abbassati sul naso. Non sorrideva come sa fare. Dietro di lui, a fare da ali, lo speaker Joe Boehner con una cravatta verde speranza, e Joe Biden, il vice presidente.
Papa Francesco ha parlato al popolo americano dalla sua sede più rappresentativa, in piedi, un punto bianco nel circo politico formale, sotto la scritta In God We Trust, e di fronte a due schieramenti che si dividono su cambiamento climatico, immigrazione, riforma sanitaria, sacerdozio, contraccezione, pena di morte. Quell’arena che gestisce il mondo ha atteso in seduta comune il suo capo spirituale. Domani i leoni si spartiranno le parole. E mentre il Papa parlava, fuori la stanza elegante e fredda, schermi giganti hanno diffondevano le parole e gli applausi educati sulla West Lawn, gremita da migliaia di persone, all’ombra della cupola a Capitol Hill.
Francesco ha parlato del sogno americano. Oltre la fede è l’idea di quel sogno che ha sempre spinto il popolo e i suoi Stati Uniti. Il Papa lo ha rievocato, descritto, rianimato. Fiducia e fede hanno bisogno di un sogno per avere forza, di una visione. "Quel sogno è ancora vivo", ha detto Francesco. "Quel sogno continua a ispirarci. Mi rallegro che l’America continui ad essere, per molti, una terra di ’sogni’. Sogni che conducono all’azione, alla partecipazione, all’impegno. Sogni che risvegliano ciò che di più profondo e di più vero si trova nella vita delle persone. Negli ultimi secoli, milioni di persone sono giunte in questa terra per rincorrere il proprio sogno di costruire un futuro in libertà".
"Noi, gente di questo continente, non abbiamo paura degli stranieri, perché molti di noi una volta eravamo stranieri. Vi dico questo come figlio di immigrati, sapendo che anche tanti di voi sono discendenti di immigrati. Tragicamente, i diritti di quelli che erano qui molto prima di noi non sono stati sempre rispettati. Per quei popoli e le loro nazioni, dal cuore della democrazia americana, desidero riaffermare la mia più profonda stima e considerazione" ha aggiunto. In sala c’era anche la piccola Sophie Cruz, la bimba messicana di 5 anni che ieri a Washington ha superato la barriera di sicurezza facendosi notare da Francesco e consegnandogli una lettera.
IL DISCORSO INTEGRALE DEL PAPA AL CONGRESSO
Sogni che passano da storie. "La mia visita capita in un momento in cui uomini e donne di buona volontà stanno celebrando gli anniversari di alcuni grandi Americani", ha detto "vorrei menzionarne quattro: Abraham Lincoln, Martin Luther King, Dorothy Day e Thomas Merton". Quattro americani con i loro sogni da non dimenticare.
Francesco al Congresso Usa: ’’Ecco i quattro grandi americani da onorare’’
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Attraverso le loro figure, il Papa ha toccato ogni tema, sfiorato cicatrici, ammonito, chiesto.
"Thomas Merton nella sua autobiografia scrisse: ’Sono venuto nel mondo. Libero per natura, immagine di Dio, ero tuttavia prigioniero della mia stessa violenza e del mio egoismo, a immagine del mondo in cui ero nato. Quel mondo era il ritratto dell’Inferno, pieno di uomini come me, che amano Dio, eppure lo odiano; nati per amarlo, ma che vivono nella paura di disperati e contradittori desideri’. Merton era anzitutto uomo di preghiera, un pensatore che ha sfidato le certezze di questo tempo e ha aperto nuovi orizzonti per le anime e per la Chiesa. Egli fu anche uomo di dialogo, un promotore di pace tra popoli e religioni.
Usa: il Papa al Congresso ricorda Lincoln, M.L.King, Day e Merton
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Francesco ha cominciato dall’estremismo, è arrivato alla pena di morte, è passato per il commercio di armi. E’ stato aggraziato e grazia ha chiesto indietro. America, non perdere l’equilibrio. "Dobbiamo essere particolarmente attenti ad ogni forma di fondamentalismo, tanto religioso come di ogni altro genere. È necessario un delicato equilibrio per combattere la violenza perpetrata nel nome di una religione, di un’ideologia o di un sistema economico, mentre si salvaguarda allo stesso tempo la libertà religiosa, la libertà intellettuale e le libertà individuali", ha detto il Papa. "Ma c’è un’altra tentazione da cui dobbiamo guardarci. Sappiamo che nel tentativo di essere liberati dal nemico esterno, possiamo essere tentati di alimentare il nemico interno. Imitare l’odio e la violenza dei tiranni e degli assassini è il modo migliore di prendere il loro posto. Questo è qualcosa che voi, come popolo, rifiutate". Ci vuole cooperazione, solidarietà, fratellanza, unione. State uniti.
"Essere al servizio del dialogo e della pace significa anche essere veramente determinati a ridurre e, nel lungo termine, a porre fine ai molti conflitti armati in tutto il mondo. Qui dobbiamo chiederci: perché armi mortali sono vendute a coloro che pianificano di infliggere indicibili sofferenze a individui e società? Purtroppo, la risposta, come tutti sappiamo, è semplicemente per denaro: denaro che è intriso di sangue, spesso del sangue innocente. Davanti a questo vergognoso e colpevole silenzio, è nostro dovere affrontare il problema e fermare il commercio di armi".
Usa, il Papa al Congresso: "Fermare il commercio delle armi"
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Si è rivolto ai politici. Perché si sforzino per un bene comune, senza essere al servizio dell’economia. A un anno di distanza dalle elezioni presidenziali i candidati alle Primarie del 2016 cercano di tirare dalla propria parte il pensiero di Francesco. "Tutti vogliono stare dalla parte degli angeli" titola oggi il britannico The Guardian (’US candidates look for Pope Francis link to put them on side of the angels’). Negli Stati Uniti ciò che dice il Pontefice ha più risonanza che in Europa. Al secondo giorno del Viaggio Apostolico di papa Francesco in Usa, dopo l’incontro con Obama alla Casa Bianca, i mass media locali registrano una copertura eccezionale dell’evento. "Se la politica dev’essere veramente al servizio della persona umana, ne consegue che non può essere sottomessa al servizio dell’economia e della finanza. Politica è, invece, espressione del nostro insopprimibile bisogno di vivere insieme in unità, per poter costruire uniti il più grande bene comune. Non sottovaluto le difficoltà che questo comporta, ma vi incoraggio in questo sforzo", ha continuato Francesco.
Applausi. Trentasei applausi forti in alcuni passaggi, tenuti in altri, più tiepidi quando ha toccato, a metà discorso, la pena capitale. Fin dall’inizio del ministero, ha detto Francesco, "ho sostenuto l’’abolizione globale della pena di morte. Sono convinto che questa sia la via migliore, dal momento che ogni vita è sacra, ogni persona umana è dotata di una inalienabile dignità, e la società può solo beneficiare dalla riabilitazione di coloro che sono condannati per crimini". E’ appoggiato dai vescovi, in questo. Sono stati loro dopotutto a caldeggiare la sua elezione. Anche se la Chiesa americana oggi è percorsa da divisioni. "Recentemente i miei fratelli Vescovi qui negli Stati Uniti hanno rinnovato il loro appello per l’abolizione della pena di morte. Io non solo li appoggio, ma offro anche sostegno a tutti coloro che sono convinti che una giusta e necessaria punizione non deve mai escludere la dimensione della speranza e l’obiettivo della riabilitazione".
Ha parlato giovani e famiglia, di clima, di unità, di anziani. Di guida, di Mosè. E infine ha concluso, tirato le fila delle parole, riassumendone i punti principali. Libertà. Sogni. "Una nazione può essere considerata grande quando difende la libertà, come ha fatto Lincoln; quando promuove una cultura che consenta alla gente di ’sognare’ pieni diritti per tutti i propri fratelli e sorelle, come Martin Luther King ha cercato di fare; quando lotta per la giustizia e la causa degli oppressi, come Dorothy Day ha fatto con il suo instancabile lavoro, frutto di una fede che diventa dialogo e semina pace nello stile contemplativo di Thomas Merton". L’auspicio, ha concluso Francesco "è che questo spirito continui a svilupparsi e a crescere, in modo che il maggior numero possibile di giovani possa ereditare e dimorare in una terra che ha ispirato così tante persone a sognare".
Ma il primo sorriso, il Papa lo ha fatto dal balcone, fuori la grande aula severa, subito dopo il lungo discorso. Guardando le migliaia di persone ai piedi del Congresso, come a sorreggerne il peso. "Pregate per me", ha detto in spagnolo alla folla, benedicendola.
CORRIERE DI STAMATTINA
Giovedì 24 Settembre, 2015
CORRIERE DELLA SERA
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L’incontro Il monito ai vescovi: non siate divisivi E cita i momenti oscuri della pedofilia
GIAN GUIDO VECCHI
DAL NOSTRO INVIATO WASHINGTON «Al vescovo è necessaria la lucida percezione della battaglia tra la luce e le tenebre che si combatte in questo mondo. Guai a noi, però, se facciamo della Croce un vessillo di lotte mondane». Francesco si rivolge all’episcopato americano in un luogo simbolico della Chiesa e della società Usa, una lastra in marmo davanti all’altare della cattedrale di San Matteo segna il punto in cui fu posato il feretro ai funerali di John Fitzgerald Kennedy.
«Vi parlo come vescovo di Roma, già nella vecchiaia chiamato da Dio da una terra anch’essa americana, per custodire l’unità della Chiesa universale e incoraggiare nella carità il percorso delle Chiese particolari», scandisce. E il suo lungo discorso segna uno spartiacque, nella storia recente della Chiesa statunitense. Un cambio di paradigma che traccia la strada anche al prossimo Sinodo: i vescovi siano «nient’altro che pastori», è finito il tempo della chiamata alle battaglie culturali e politiche: «Il linguaggio aspro e bellicoso della divisione non si addice alle labbra del pastore, non ha diritto di cittadinanza nel suo cuore e, benché sembri per un momento assicurare un’apparente egemonia, solo il fascino durevole della bontà e dell’amore resta veramente convincente» .
Prima del viaggio, il Papa ha contrapposto il modello di Chiesa «aperta» che sa correre il rischio di uscire verso i più lontani ad una Chiesa «rachitica», malata perché chiusa in se stessa. L’episcopato americano si è diviso, ma la missione è «collegiale» e Bergoglio esorta all’unità, «è già tanto dilaniato il mondo, la Chiesa non può lasciarsi frazionare o contendere». A chi fa resistenza in nome della «dottrina», Francesco fa capire che non è questo il punto, «non sono venuto per impartirvi lezioni, sappiamo tutti quanto ci chiede il Signore». Il punto è l’atteggiamento: «Senz’altro è utile al vescovo possedere la lungimiranza del leader e la scaltrezza dell’amministratore, ma decadiamo inesorabilmente quando scambiamo la potenza della forza con la forza dell’impotenza, attraverso la quale Dio ci ha redenti».
Ecco, «non ci è lecito lasciarci paralizzare dalla paura», sillaba: «So bene che è spesso ostile il campo nel quale seminate, e non poche sono le tentazioni di chiudersi nel recinto delle paure, a leccarsi le ferite, rimpiangendo un tempo che non torna e preparando risposte dure alle già aspre resistenze. E, tuttavia, siamo fautori della cultura dell’incontro».
Il tempo che non torna. Francesco elogia ciò che ha fatto la Chiesa americana «per la vita e la famiglia», l’«accoglienza degli immigrati», l’educazione, il coraggio nell’affrontare «i momenti oscuri» dello scandalo pedofilia, l’impegno «per guarire le vittime» e «continuare a operare perché tali crimini non si ripetano mai più». Ma chiede di uscire dalla psicologia del fortino assediato. I vescovi non devono «pascere se stessi» ma «abbassarsi, decentrarsi», uscire dall’«autoreferenzialità», essere «vicini alla gente, prossimi e servitori» e non «notai e burocrati», soprattutto «pregare, predicare, pascere» e «imparare da Gesù, mite e umile».
Solo così la Chiesa attrae: «Il dialogo è il nostro metodo, non per astuta strategia ma per fedeltà a Colui che non si stanca mai di passare e ripassare nelle piazze degli uomini. Non abbiate paura di compiere l’esodo necessario ad ogni autentico dialogo. Altrimenti non è possibile comprendere le ragioni dell’altro né capire fino in fondo che il fratello da raggiungere e riscattare, con la forza e la prossimità dell’amore, conta più delle posizioni che giudichiamo lontane dalle nostre pur autentiche certezze».Un ritorno all’essenziale del Vangelo: «Non una predicazione di complesse dottrine, ma l’annuncio gioioso di Cristo».
Quando parla delle «sfide del nostro tempo», Francesco elenca i compiti «irrinunciabili» nella missione della Chiesa e va oltre la distinzione tra temi etici e sociali: «Le vittime innocenti dell’aborto, i bambini che muoiono di fame o sotto le bombe, gli immigrati che annegano alla ricerca di un domani, gli anziani o i malati dei quali si vorrebbe far a meno, le vittime del terrorismo, delle guerre, della violenza e del narcotraffico, l’ambiente devastato da una predatoria relazione dell’uomo con la natura, in tutto ciò è sempre in gioco il dono di Dio». Alla fine, insiste in particolare sulla «ondata di immigrazione latina» e invita ad «accogliere senza paura». Il senso del discorso è racchiuso in una frase: «Il cuore del Papa, Vicario di Colui che sulla Croce ha abbracciato l’intera umanità, si dilata per includere tutti» .
GAGGI
DAL NOSTRO INVIATO WASHINGTON «Penso che la visita del Papa avrà un impatto imponente e positivo sugli americani: soprattutto i non cattolici che sono molto attirati dalle sue parole e dai suoi gesti. Quanto al modo in cui i suoi messaggi incideranno sui cattolici e sulla gerarchia ecclesiastica, dobbiamo aspettare e stare a vedere. Bisogna anche dare tempo a Francesco. I papi si portano dietro le esperienze del Paese dal quale provengono. Poi pian piano si aprono al mondo e cominciano a vedere le questioni economiche e politiche in modo diverso».
Michael Novak, l’82enne saggista e filosofo cattolico che mezzo secolo fa scrisse libri molto progressisti sul Concilio Vaticano II, ma da allora ha cambiato rotta approdando a posizioni assai più conservatrici, è a Washington per tenere conferenze e ascoltare il Papa.
I conservatori lo guardano con diffidenza per le sue critiche al capitalismo. E lei ha pubblicato libri come «L’imperativo morale della libertà economica».
«Chi diventa Papa cambia. Pensi a Giovanni Paolo II. Cresciuto sotto il nazismo e il comunismo, senza esperienze del mondo libero. Ma poi, da Pontefice, ha allargato le sue vedute, ha scoperto l’importanza della creazione del capitale umano per la ricchezza delle nazioni: capitale che è fatto di idee, invenzioni, scoperte, non solo di denaro. Bergoglio è il primo capo della Chiesa che guarda il mondo dal punto di vista della povera gente dell’America Latina. Diamogli tempo».
Non è mai stato negli Usa in 78 anni, ma ieri alla Casa Bianca ha elogiato l’America, e non solo per la sua capacità di tutelare la libertà religiosa. Ha parlato del Paese costruito dagli immigrati. Ma i nuovi migranti hanno vita difficile, soprattutto per l’atteggiamento dei conservatori.
«Qui in America trova un Paese di immigrati, il 90 per cento dei quali erano poverissimi quando sono arrivati. Ma in due o tre generazioni le cose per loro sono cambiate: sono passati dalla povertà alla prosperità. I poveri oggi sono il 12 o 13 per cento. È questo il miracolo dell’America che il Papa può toccare con mano».
Alcuni politici di destra invitano il Papa a lasciare agli scienziati le questioni ambientali.
«Non c’è nulla di sbagliato nel parlare di clima come fa il Papa nell’enciclica “Laudato Sì”, densa di passaggi filosofici forti. Ma bisogna anche rendersi conto che, ad esempio, lungo la nostra East Coast, dalla Virginia a Boston, oggi ci sono molte più foreste e alberi che ai tempi di George Washington».
Obama ha ringraziato il Papa per il suo contributo al recente accordo con Cuba.
«Molti di noi sostengono da 20 anni che è meglio riprendere i rapporti con l’Avana, che gli scambi, commerciali e non, influenzeranno positivamente i diritti umani e faranno circolare le idee di democrazia. C’è gente che ha sofferto molto per la dittatura castrista e si oppone, è comprensibile. Ma bisogna tentare».
Il Papa domani parlerà all’Onu e la Chiesa ha appoggiato l’accordo nucleare con l’Iran. Vede un ruolo di Francesco anche su questo fronte?
«Credo che dovrebbe restare lontano dalle grandi questioni politiche, soprattutto quando hanno implicazioni militari. Altrimenti dovrebbe chiedere interventi armati per difendere i cristiani. Ma sembrerebbe un crociato e questa è un’immagine che un Papa non può dare».
LUIGI ACCATTOLI
Francesco che arriva alla Casa Bianca con una Fiat 500 segna una tappa nell’evoluzione della papamobile, che è stata inventata dai papi viaggiatori e ha subito drastiche mutazioni con l’attentato a Wojtyla del 1981 (al momento degli spari si trovava su una Fiat Campagnola) e con il pauperismo di Bergoglio. La papamobile è la sedia gestatoria dei papi d’oggi. Composto da «papa» e «automobile», il neologismo entra nelle cronache alla fine degli anni 70, con i viaggi di Giovanni Paolo II. Ma la cosa, cioè un’automobile modificata, con un piano rialzato per mostrare il papa alle folle, c’era già con Paolo VI, che tra le tante decisioni ha preso anche quella di scendere dalla sedia gestatoria e di andare per il mondo, in aereo e in automobile. Accanto alle papamobili continuarono a esservi, sempre più blindate, le berline di rappresentanza, accantonate con l’arrivo di Bergoglio: l’ultima usata da Benedetto XVI era una Mercedes-Benz M 500matic. L’autoparco Vaticano la custodisce ancora, ma Francesco non l’ha mai usata. Una Ford Focus in Roma, un’occasionale Renault 4 all’interno del Vaticano, una Fiat Idea in Brasile nel 2013 hanno preparato la strada alla 500 di Washington. Che ha sedotto gli americani .
REP
CITTÀ DEL VATICANO.
«Ai liberal papa Francesco piace perché è vicino a loro sui temi sociali. Ai conservatori anche piace, perché sui temi della vita, ad esempio sul no all’aborto, non fa sconti. Ma la verità è che il Papa non vuole essere tirato per la giacca, e propone a tutti solo e soltanto il Vangelo di Cristo». Fra Jude Winkler, Assistente generale dei frati conventuali anglofoni, spiega come negli Stati Uniti sia unanime il consenso per Bergoglio.
Nella Chiesa americana però tanti vescovi conservatori non sembrano amarlo troppo, è così?
«Questo è vero. Ci sono gerarchie che ancora faticano ad accettare il cambio di stile che Francesco chiede alla Chiesa: andare incontro agli ultimi, lasciare le sagrestie per incontrare la gente. Ma la sua rivoluzione non potrà che fare breccia, prima o poi, anche da noi».
I media in questi giorni sembrano molto favorevoli a Francesco.
«Impressiona come il New York Times e il Washington
Post stiano accogliendo favorevolmente il Papa. Non accadde così in passato. Evidentemente Francesco riesce a entrare nel cuore di tutti, anche di quei cattolici che hanno lasciato la fede».
Cioè?
«Ci sono tanti ex cattolici che soltanto oggi, con papa Bergoglio, stanno tornando alla fede. Questo è il segno che il Vangelo del Papa sta colpendo i cuori di tutti. L’amore di Cristo vince se correttamente annunciato».
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