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 2015  settembre 24 Giovedì calendario

OGNI CASA PORTA A PASOLINI

Ogni anno, il 19 di agosto qualcuno lascia accanto al portone di via Eufrate una rosa rossa. Nessun biglietto, se non una volta, ed è impossibile sapere cosa ci fosse scritto. Il 19 agosto non è la data della morte di Pier Paolo Pasolini, e neanche quella della sua nascita. Il 19 agosto 1947 lo scrittore, giovanissimo, annotava nei suoi diari che il padre Carlo Alberto aveva compiuto «la più incivile delle indiscrezioni», frugando tra i suoi segreti e scoprendo così il tormento omosessuale del figlio. In pochi lo sanno, e così quella rosa rossa rimane una presenza discreta. Anche perché al civico 9 di questa elegante strada dell’Eur, di Pasolini non vogliono neanche sentir parlare.
Tre piani di palazzina, due appartamenti per piano, almeno 200 metri quadri l’uno e quel terrazzo con gazebo, fronte strada, che è stata la casa in cui Pier Paolo a Roma ha vissuto di più, insieme alla madre Susanna e alla cugina Graziella Chiarcossi, dal 1963 alla morte nel ’75. Eppure i condomini – gli stessi dell’epoca – non hanno neanche voluto mettere una targa in ricordo del poeta. «Non si vedeva mai – confessa a mezza bocca una signora – dormiva fino al pomeriggio e usciva di notte. Non dava fastidio a nessuno. Si faceva stirare le camicie dalla moglie del portiere dello stabile accanto». Qui non amano i ricordi, non accettano compensi dai registi che vogliono girare film, allontanano i curiosi che, a pochi giorni dal quarantennale della morte del poeta, vi si recano quasi in pellegrinaggio.
Proprio come faranno coloro che domenica 4 ottobre saliranno su un pullman e si faranno condurre casa dopo casa, set dopo set, alla scoperta della Roma di Pasolini. L’evento fa parte di una serie di iniziative (“con Pasolini”) organizzate dalla libreria Nuova Europa – I Granai (e inserite dal Mibact tra le commemorazioni ufficiali) e affidate alle sapienti mani di Roberto Ippolito: «Questo è un incontro con Pasolini quasi come se lui fosse presente. Entriamo nella sua storia culturale e personale, entrando anche nei posti dove questa prese forma». Primo evento: la mostra “I tanti Pasolini”, realizzata dall’Archivio Riccardi e curata da Giovanni Curraro e Maurizio Riccardi.
Al quarto piano di via Fonteiana 86, nel quartiere Monteverde, Pier Paolo si trasferì nel 1955, cinque anni dopo il suo arrivo a Roma. La casa che segnò il passaggio dalla borgata di Rebibbia alla piccola borghesia. Oggi quell’appartamento di due camere è sfitto, e anche se il campanello d’ingresso è rimasto quello dell’epoca, gli inquilini sono cambiati. Fino a poco tempo fa a detenere i segreti del palazzo c’era un’anziana portiera, morta di recente.
O come il primo piano di via Carini 45, dimora del poeta tra il 1959 e il 1963. Anche qui l’attuale inquilino, un dentista, non ama i curiosi, ma le altre persone che vi abitano serbano ricordi dolcissimi. «Era un uomo educatissimo», racconta un’anziana. Ai piani alti viveva anche la famiglia Bertolucci. È stato Bernardo, in un’intervista del 2013 al critico Alain Bergala, a raccontare l’incontro che – in parte – gli cambiò la vita: «Nel bel mezzo di questa specie di letargo (domenicale e post-prandiale, ndr) qualcuno suona alla porta. Vado ad aprire e vedo un giovanotto, col vestito della domenica, la camicia bianca e l’abito scuro che mi dice: “È in casa il signor Bertolucci? Ho un appuntamento”. Gli rispondo: “Non lo so, vado a vedere”. E, invece di farlo entrare e attendere in casa, l’ho lasciato fuori e sono corso da mio padre dicendo: “Papà, svegliati! C’è qualcuno che vuole vederti, ma secondo me è un ladro!”». Un ladro di nome Pasolini.