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 2015  settembre 24 Giovedì calendario

Anarchia in Forza Italia: mentre Berlusconi, aspettando una riabilitazione da Strasburgo, non si fa mai vedere a Roma e disdice uno dopo l’altro gli impegni di partito, i suoi parlamentari continuano ad abbandonare Forza Italia (altri nove solo in questi giorni, tra Camera e Senato). E tra i capannelli azzurri in Parlamento la domanda più frequente è: «Chi è il prossimo?»

«Fuggono. Ma dove vanno. Verso il nulla». Queste di Silvio Berlusconi potrebbero sembrare parole piene di ira. Ma non è così. Il leader vede altri nove dei suoi, tra Camera e Senato, andare via da Forza Italia e ne segue il tragitto da «trasformisti» senza volere nè potere fermarlo. «Ho visto andare via amici che hanno fondato Forza Italia insieme a me – si sfoga Berlusconi – e ci ho sofferto. Ma questi vadano pure e gli spalanco l’uscio: è gente che agisce solo per interessi personali». Il Cavaliere inerte. Davanti a un partito al collasso. Rispetto al quale si sente sempre più estraneo. E a cui non sa che linea dare. Se non questa: aspettatemi. Intanto non viene a Roma oggi per incontrare i senatori, perchè non sa che cosa dirgli – a parte di votare «no» alla riforma, ma qualcuno voterà sì, altri usciranno dall’aula e altri ancora quando si voterà saranno già andati in un altro gruppo – e infatti la riunione è stata sconvocata e il rischio che si dovesse svolgere mentre Denis Verdini annunciava un’altra sorpresina sarebbe stato tremendo. La sorpresina di presentare altri nuovi acquisti in Senato. Dopo Francesco Amoruso l’altro giorno e ieri il campano Auricchio, sarebbero sull’uscio Cardiello, il siciliano Scoma, il napoletano Villari e la lista potrebbe allungarsi assai.
La slavina a Montecitorio è anche rappresentata da questi nomi che ieri hanno costituito il gruppo di Verdini a Montecitorio: l’ex ministro Saverio Romano, Pino Galati, Beppe Ruvolo, Ignazio Abrignani, Luca d’Alessandro, Monica Faenzi, Giovanni Mottola, Massimo Parisi. Fermarli? Come fermarli?

IL VERDETTO
La spiegazione di tutti è che Berlusconi non c’è e senza di lui lo sbando è completo. Lui stesso – i cui pensieri veri riguardano il passaggio del Milan a Mister Bee e l’eventuale alleanza con Bollorè per fare la guerra allo strapotere di Murdoch in Europa – va ripetendo ai più intimi, che gli telefonano invano per chiedergli di tornare a Roma e di riprendere il bastone del comando, questo ragionamento: «Senza una riabilitazione piena, non posso fare politica veramente». La speranza è che la Corte dei diritti umani di Strasburgo si pronunci subito contro la retroattività della legge sulla decadenza. È appena stato scelto il nuovo presidente della Corte, un italiano, il napoletano Raimondi, e contando che diversi berlusconiani hanno nei suoi confronti stima e rispetto – avendolo visto all’opera finora in qualità di vicepresidente – si spera in casa azzurra che almeno indirettamente, per quanto riguarda i tempi del giudizio, possa rivelarsi «non pregiudizialmente ostile». Questo si vedrà. Per ora, Berlusconi si sottrae a convegni e seminari: alla”scuola politica” organizzata dalla Gelmini domenica parteciperà solo via telefono, alla manifestazione Atreju di Fratelli d’Italia aveva detto di volerci essere di persona ma niente è più sicuro in questo lungo crepuscolo. Rinuncia al giro delle 100 province italiane, che doveva rappresentare il suo rilancio. Ha disdetto il tour televisivo che doveva costituire la sua battaglia d’autunno. E via così, sottrazione per sottrazione. E la linea? Ieri dal Senato il capogruppo Romani, un nazarenico non pentito, ha sondato Berlusconi per capire se ci fossero margini per non restare isolati nel «no» alla riforma in presenza di una valanga di «sì» annunciati da parte degli altri gruppi e capaci di portare scompiglio e produrre altri smarcamenti in quello forzista. L’ex Cavaliere ha risposto che «ormai la linea è decisa e siamo contro la riforma». Cambierà idea nei quindici giorni che mancano all’ora X del voto?

I PROSSIMI
«Chi è il prossimo?» (ad andare via) è il quiz che serpeggia nei capannelli azzurri in Parlamento. Dove si registrano battibecchi come questo tra Francesco Giro, super-berlusconiano tra i più vicini al leader, e Renato Brunetta. Giro: «Abbiamo un programma, una coalizione, ma manca la leadership. Questo è un vulnus che stiamo pagando e che anche Berlusconi sta pagando personalmente». Replica piccata di Brunetta: «La leadership già ce l’abbiamo, è ottima e abbondante ma non è eleggibile». Il che è chiarissimo anche a Giro – «Sbagliammo a votare la legge sulla decadenza» – ma è l’agibilità di quella leadership il problema.
E ce n’è pure, tra i tanti, un altro. Il Cerchio Magico non svolge più il ruolo (negativo perchè funzionava da blocco ma positivo perchè faceva ordine e dava un canone). Al suo interno Maria Rosaria Rossi e Giovanni Toti risultano depotenziati. E fuori, in mancanza di strutture organizzate di partito, il punto di caduta di tutta l’anarchia sono i gruppi parlamentari. E lo spettacolo è sotto gli occhi di tutti.