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 2015  settembre 24 Giovedì calendario

La goffaggine di Nenni e il virtuosismo di Almirante, l’imbarazzo di Moro e Scelba: una mostra inaugurata ieri a Montecitorio ripercorre, in 150 foto e 70 video delle Teche Rai, gli anni d’oro delle tribune elettorali televisive, prima dell’avvento dei talk-show. «Il rischio è l’effetto nostalgia»

Pietro Nenni, grandissimo trascinatore non riusciva a “sfondare” il video. Si bloccava. Aveva difficoltà perché dinanzi a sé vedeva solo l’operatore delle riprese e non la folla dei comizi. Piuttosto che arrendersi all’evidenza chiese al conduttore Jader Iacobelli di portare un operaio in studio e di metterlo dietro la telecamera. Nilde Iotti era un caso raro, una delle poche donne ammesse alle Tribune elettorali. Impeccabile, la sala trucco non le serviva. Ma i veri fuoriclasse, i virtuosi delle prime tribune elettorali, erano loro, Malagodi, Almirante, Pajetta. Acrobati della parola. Giganti, autodidatti certificati dai primi sondaggi sull’indice di gradimento commissionati dalla Rai. Aldo Moro al contrario andò in affanno quando Augusto Mastrangeli di Paese Sera gli chiese conto della candidatura di Genco Russo, capomafia nelle liste della dc a Musumeli. Qualche tempo prima la stessa insidia era stata posta a Mario Scelba da Gino Pallotta dell’Ora e il ministro non seppe rispondere. Punture di spillo, frecciatine innocenti in confronto ai veleni che circolano oggi in tv.
L’idea di riportare in superficie tutto questo, le immagini in bianco e nero della Prima Repubblica, è nata scavando negli immensi archivi dell’azienda di viale Mazzini. Un giacimento digitalizzato, 3 milioni di ore di audiovisivo, fra radiofonia, spartiti, cartaceo. E un fondo specifico dedicato appunto alle tribune elettorali. «Lo scopo era mostrare come il linguaggio politico si sia trasformato nel tempo», spiega Maria Ammirati, direttore di Rai Teche – quel linguaggio appartiene alla memoria del Paese e come tale ci aiuta a scoprire un mondo apparentemente finito e superato ma che continua a parlare proprio attraverso le immagini».
DIETRO LE QUINTE
La mostra è stata inaugurata ieri a Montecitorio – «Immagini della Prima Repubblica nelle Tribune della Rai» – dalla presidente della Camera Laura Boldrini, presente mezzo Cda Rai, ma non il dg Campo Dall’Orto e la presidente Maggioni impegnata a Prix Italia 67, a Torino.
Il risultato è un selfie dell’Italia di ieri. Il dietro le quinte – ricostruito con opera certosina dai curatori Edoardo Novelli, docente di Comunicazione politica a RomaTre e Stefano Nespolesi, direttore della Biblioteca di Rai Teche – di un Paese più impegnato, più disposto all’ascolto: 150 foto, 70 video che mostrano “loro” quando non c’erano ancora talk show e la Rai non perdeva di vista la sua mission. «Il rischio è l’effetto nostalgia», ha messo in guardia la presidente Boldrini. Che dinanzi aveva chi la Rai la conosce bene, a partire da Ettore Bernabei, l’uomo di fiducia di Amintore Fanfani che guidò l’azienda dal 1961 al 1974.
Volti sconosciuti divennero popolari. I politici finirono sui rotocalchi, negli sketch di Noschese, Mina e Walter Chiari. Un’Italia che fa tenerezza per l’innocenza con cui si lasciava sedurre dal mezzo televisivo. Gli abbonati dell’epoca – 2 milioni 213 mila, 4 italiani su 100 – decretarono subito il successo della tribuna. Nei bar e nei locali pubblici (109 mila abbonati) se la batteva con Lascia o raddoppia. Un format all’osso: 5 minuti per l’introduzione, uno per le domande, un giro di replica.
Il debutto l’11 ottobre del 1960 dopo la caduta del governo Tambroni. Sponsor Amintore Fanfani, in procinto di varare il primo governo dc col sostegno esterno dei socialisti. La corrente di Gonnella lo accusò di aver «aperto il cuore degli italiani a Togliatti». E l’Italia di ieri e quella di oggi magicamente si ricongiungono.