Il Sole 24 Ore, 24 settembre 2015
Si è dimesso Martin Winterkorn, amministratore delegato della Volkswagen. Lo ha fatto a cinque giorni dall’esplosione dello scandalo dei motori diesel truccati negli Usa, dopo un crollo in Borsa che ha fatto perdere ai soci Vw quasi 25 miliardi di euro in due sedute. «Il gruppo deve ripartire, mi assumo la responsabilità», ha dichiarato Winterkorn. Entro venerdì la scelta del successore
Martin Winterkorn, amministratore delegato della Volkswagen, si è dimesso. A cinque giorni dall’esplosione dello scandalo dei motori diesel truccati negli Usa, dopo un crollo in Borsa che ha fatto perdere ai soci Vw quasi 25 miliardi di euro in due sedute, il manager ha abbandonato ogni resistenza e di fronte alle pressioni del comitato esecutivo (una sorta di presidium) del consiglio di sorveglianza ha lasciato il volante di Vw dopo oltre otto anni. Il titolo Vw, già in rialzo per effetto delle inevitabili ricoperture, ha recuperato il 5% a fine seduta (e anche le pressioni sul settore si sono allentate).
Le dimissioni di Winterkorn sono arrivate per dovere, e solo dopo due giorni di resistenza. «Lo faccio nell’interesse dell’azienda nonostante, che io sappia, non abbia commesso alcun errore» ha scritto nel messaggio d’addio. «Sono scosso da quanto è accaduto negli ultimi giorni. Non riesco a spiegarmi come nel gruppo Volkswagen abbiano potuto accadere errori di tale portata. Come amministratore delegato mi assumo la responsabilità per le irregolarità emerse nei motori diesel, e ho chiesto al consiglio di sorveglianza di mettere fine alla mia funzione di amministratore delegato».
I cinque membri del presidium – un componente della famiglia Porsche in rappresentanza del socio di maggioranza, un politico della Bassa Sassonia, tre sindacalisti – si sono riuniti all’alba nell’anonimo edificio BT10 della colossale fabbrcica di Wolfsburg. La riunione è stata lunghissima, segno che la decisione non è stata facile. Al vecchio manager è stato concesso l’onore delle armi: il comitato esecutivo esprime «grande rispetto» per l’offerta di Winterkorn e lo ringrazia per «i suoi enormi contributi negli scorsi decenni e la sua volontà di assumersi la responsabilità in questo caso». A inchiesta interna appena avviata, sottolinea che Winterkorn «non era a conoscenza della manipolazione dei dati sulle emissioni». Ieri il ministro dell’Economia Sigmar Gabriel detto che il manager «si è assunto responsabilità per decisioni prese prima che lui arrivasse al vertice».
Date le circostanze, con una perdita di 6,5 miliardi di euro già annunciata e il rischio di una multa miliardaria negli Usa, il cambio al vertice era ormai inevitabile e anche i rappresentanti dei sindacati Vw, i più solidi sostenitori di Winterkorn, hanno dovuto dar prova di realismo. Il successore di Winterkorn, spiega la nota, verrà scelto in occasione della riunione del Consiglio di sorveglianza prevista per domani. La sua priorità sarà ricostruire la reputazione del marchio, a pezzi per lo scandalo. «Eravamo consci che il superamento della crisi di fiducia è una sfida di lungo periodo che richiederà molta determinazione e resistenza» ha detto Wolfgang Porsche, membro del direttivo e di una delle due famiglie che controllano il 50,7% dei voti in Vw.
L’ingegner Winterkorn, che ancora la settimana scorsa girava per gli stand del Salone di Francoforte a confrontare i modelli Vw con quelli della concorrenza, passa così dalla prospettiva di un prolungamento del contratto di due anni fino al 2018, che avrebbe dovuto essere ratificato proprio domani, alla risoluzione anticipata del contratto. Nella nota di addio il manager ha scritto: «Ho sempre lavorato per servire l’azienda, i nostri clienti e i dipendenti. Volkswagen era e rimane la mia vita». Se le inchieste dovessero confermare la sua totale estraneità ai fatti, incasserà una liquidazione pari a due anni di stipendio; uno stipendio che l’anno scorso ha raggiunto i 15,8 milioni di euro. Winterkorn non sarà l’unico capro espiatorio dello scandalo: il comitato si aspetta «ulteriori conseguenze di carattere personale nei prossimi giorni». Non solo: l’azienda ha deciso di presentare una propria denuncia al procuratore di Braunschweig, e «sosterrà in ogni forma le sue indagini».
Per quanto riguarda lo scandalo dei test truccati sui motori diesel negli Usa, Volkswagen deve ancora diffondere molte informazioni. Dopo il comunicato di martedì, che parlava di «11 milioni di motori» contenenti il software truffaldino, non è ancora stato comunicato in quali modelli e in quali Paesi le auto in questione (con motori Euro 5) sono state vendute, né se tali auto rispettino, senza aiuti illegali, i limiti alle emissioni. Secondo l’analista Sascha Gommel, di Commerzbank, se Vw dovesse richiamare 11 milioni di veicoli, il costo potrebbe essere da solo superiore ai 6 miliardi di euro.