Carmelo Abbate, Panorama 24/9/2015, 24 settembre 2015
L’OMICIDA SENZA MACCHIA
Oleg Fedchenko ha ammazzato a cazzotti una donna che gli passava per caso davanti in una strada nel centro di Milano, alle 9 del mattino del 6 agosto 2010. Una perizia lo ha dichiarato incapace d’intendere e di volere, il giudice ha stabilito che non potesse essere processato e l’ha fatto ricoverare in un ospedale psichiatrico giudiziario. Ci è rimasto fino all’autunno del 2014, quando è tornato a vivere in Ucraina.Cinque anni dopo l’omicidio, Panorama è andato a cercarlo; meglio, a rincorrerlo mentre faceva di tutto per non farsi trovare, e ha scoperto che per il suo Paese Fedchenko è un uomo letteralmente senza macchia. Il suo nome è sconosciuto alle autorità di pubblica sicurezza, così come all’ambasciata italiana. Non figura neppure nella lista degli individui con precedenti penali: la sua fedina è pulita.In buona sostanza, Oleg era partito da Kiev da uomo libero e ci è tornato a vivere da uomo libero. Quello che è successo in mezzo, in Italia, è come non fosse mai avvenuto. Così oggi Fedchenko, che dovrebbe essere affetto da schizofrenia paranoide, guida un minibus e trasporta donne e bambini in giro per l’Ucraina. E nella casa dove risulta abitare è registrata la detenzione di un fucile. Tutto questo mentre la famiglia di Emlou Arvesu, la colf filippina, madre di due figli, massacrata a 45 anni per la sola colpa di trovarsi in strada mentre l’uomo appena lasciato dalla fidanzata era sceso per sfogare la sua rabbia, non ha ottenuto un briciolo di risarcimento: né da parte dell’assassino, né dalle nostre istituzioni. Le quali non conoscono neppure l’indirizzo di Kiev dove vive Fedchenko. Se dovessero avere bisogno di lui, non saprebbero dove cercarlo.
Grazie a un paziente e complesso lavoro di ricerca, Panorama lo ha invece rintracciato, partendo dall’incrocio dei dati della sua patente con quelli dei registri dell’energia elettrica e del gas. Oleg, che oggi ha 30 anni, risulta abitare in Prospekt Pobedy, una delle principali vie di Kiev, non lontana dal centro. Il palazzo è il classico grande edificio comunista. I muri sono scrostati, i balconi malmessi.Gli appartamenti sono tutti uguali, la superficie non supera i 30 metri quadrati. Il costo d’acquisto si aggira sui 45 mila dollari, la valuta utilizzata per le compravendite immobiliari: poco più di 10 mila grivne, la valuta ucraina. I proprietari sono soprattutto dipendenti statali, che guadagnano in media 2 mila grivne al mese, e anziani che sopravvivono con una pensione di mille grivne, circa 40 euro. Un chilo di patate costa 8 grivne, le spese di condominio, con luce, acqua e gas, ammontano a 700 grivne.L’appartamento di Oleg è al quarto piano. Nessun nome, solo un numero alla porta. E un campanello al quale non risponde nessuno. Una vicina di pianerottolo dice che non ha mai visto un uomo entrare o uscire da quella porta. Al piano inferiore parlano addirittura di inquilini cinesi. Mostriamo la foto, nessuno lo conosce. Suoniamo a più riprese alla porta di una decina di appartamenti, ma aprono soltanto in due. Tutta colpa della guerra. Le famiglie con figli maschi fra i 18 e i 50 anni sono barricate in casa e non rispondono a nessuno. Tra i palazzi si aggirano gli uomini delle forze antiterroristiche, con la cartolina di chiamata alle armi. Se ti trovano, non hai alternativa: o gli infili in tasca una bella somma, e nessuno ti ha mai visto. Oppure il giorno dopo hai un fucile in spalla.Ingaggiamo nella nostra squadra di ricerca un ex poliziotto, e in sua compagnia andiamo a bussare al vicino distretto di Polizia. Ingenuamente pensiamo che Oleg Fedchenko abbia un obbligo di firma, o quantomeno sia stato preso in carico dai Servizi sociali. Nulla di tutto ciò. Gli agenti non hanno mai visto la sua faccia, né conoscono il nome, che sui terminali non risulta proprio. Chiamano al telefono il Dipartimento centrale di pubblica sicurezza, consultano il «Registro degli assassini» sul quale risultano ben due Oleg Fedchenko, ma entrambi hanno ucciso in territorio ucraino. I poliziotti aggiungono un’informazione interessante: nell’appartamento dove dovrebbe abitare Oleg risulta «domiciliato» un fucile, registrato però non a suo nome. Un fucile nella disponibilità di un assassino libero e (per la giustizia italiana) schizofrenico. Se così fosse, sarebbe un fatto grave.
Diventa quindi ancora più importante sciogliere il dilemma: chi vive dentro quella casa? Panorama lo chiede a un funzionario dell’anagrafe, e scopre così 1’esistenza di un residente che in effetti si chiama Oleg, ma ha un altro cognome. Il mistero s’infittisce. Costui potrebbe essere il padre del nostro uomo, e uno dei due potrebbe aver cambiato il cognome. Tutto è possibile, in Ucraina. Anche che l’omicida abbia preso la casa in affitto per pochi giorni, ne abbia comunicato l’indirizzo e poi sia andato a vivere altrove. Se vuoi sparire dai radar, qui fai così. È facile.Facciamo una nuova fermata all’appartamento, dove intanto continua a regnare il silenzio. Grazie ai nostri canali, scopriamo che Oleg in luglio è stato in vacanza in Turchia per una decina di giorni. Il viaggio risulta dal suo passaporto. Un tour operator locale quantifica tra mille e 2 mila euro il costo della vacanza.Per avere una certezza su chi sia il vero inquilino del nostro appartamento resta un ultimo canale: l’Ufficio comunale per la manutenzione tecnica dei condomini, che si occupa di fognatura, acqua, gas, e tiene il registro dei residenti. L’informazione ci viene consegnata in un certificato con tanto di marca da bollo. Nell’appartamento sono registrate quattro persone: Oleg Fedchenko, la mamma, la nonna, e un secondo Oleg, lo zio, fratello della mamma. La casa misura 31 metri quadrati, difficile pensare che ci possano vivere tutti insieme. Secondo l’impiegata dell’ufficio responsabile dei passaporti, che dice di essere andata di persona nell’appartamento, dentro ci abita solo la nonna.Un ultimo tentativo: di sera intorno alle 20, quando fuori è già buio pesto, suoniamo ancora una volta al citofono del palazzo. Finalmente risponde una voce maschile. È lo zio di Oleg: con tono alterato, dice che il nipote non vive lì, che è soltanto registrato. L’uomo scende. Ha una cinquantina d’anni. Intima di smettere di bussare alla sua porta perché sua moglie è barricata dentro da tutto il giorno. È terrorizzata. Ed è incinta. Giura di non sentire Oleg da quando è successo «il fattaccio» in Italia, perché era il suo allenatore di pugilato e la sorella gli ha attribuito la colpa indiretta della violenta azione del figlio. Sostiene che Oleg abbia ricevuto un pugno in passato, e che questo gli abbia procurato un grave ematoma al cervello. Da quel momento non è stato più lui: ha cambiato carattere, è caduto in preda di attacchi di rabbia nei i quali si trasforma e diventa cattivo come un animale.Per parlare con Oleg resta un’ultima possibilità: contattare Paola Boccardi, l’avvocato che l’ha difeso in Italia. Il legale risponde al telefono dal suo ufficio di Milano. Sostiene che non ha il numero del cliente e che comunica con lui tramite email. Oleg gli ha scritto giusto un’ora prima per raccontarle di giornalisti che bussano alla sua porta, ma non vuole assolutamente parlare con loro. Boccardi concorda con quella decisione: per tenere un profilo basso e far calare il sipario sulla storia italiana, che nessuno in Ucraina conosce. Aggiunge che Oleg lavora con la famiglia, fa sport e «cerca di aiutare delle persone». Le nostre fonti ci consegnano un’ultima informazione: Fedchenko ha acquistato un minibus: usato, potrebbe costare da 10 a 20 mila dollari.Panorama infine bussa alla porta dell’ambasciata italiana a Kiev per capire come sia possibile che un ucraino, che in Italia ha ucciso una donna, in Ucraina non risulti neppure segnalato all’anagrafe dei precedenti penali. Ricostruiamo tutti i dettagli, ed ecco la conclusione: Oleg Fedchenko in Italia è stato prosciolto, contro di lui non è stata emessa alcuna sentenza. Quindi nulla che possa essere stato trasmesso alle autorità ucraine, nessuna comunicazione ufficiale. La nostra ambasciata ha altri compiti e altre aree di competenza, deve curare gli interessi degli italiani che vivono o si trovano a passare per Kiev. E Oleg non è neppure ricercato dalle autorità del nostro Paese, quindi non è stato segnalato all’Interpol.La verità è dura da accettare, non solo per i parenti della povera Emlou Arvesu, uccisa mentre andava al lavoro: perfino in Italia il suo assassino risulta formalmente incensurato, perché non ha una sentenza di condanna a suo carico. L’unica traccia del suo passaggio la si può trovare nei cosiddetti «carichi pendenti», che vanno cercati nella Procura dove è stato commesso il reato. Insomma, basta allontanarsi da Milano e Oleg Fedchenko è un uomo senza macchia. Libero, forse anche di dormire con un fucile dentro casa.