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 2015  settembre 24 Giovedì calendario

Emergenza rifugiati, dall’Unione Europea due miliardi di aiuti ai Paesi che confinano con la Siria. Il presidente europeo Tusk: «Se non facciamo qualcosa arriveranno milioni di profughi». Renzi: «Dublino superato dai fatti. Sulle quote la Slovacchia minaccia ricorsi legali»

L’Europa prova a ripartire. Dopo la sofferta decisione di martedì sulla ripartizione di 120 mila rifugiati, divisiva e tutta da verificare nella pratica, i leader di casa Ue giocano la carta della politica estera per fermare l’onda migratoria dove nasce, nei Paesi di prima accoglienza, stremati e ormai incapaci di trattenere i disperati. «Ne arriveranno a milioni se non facciamo qualcosa», ha avvertito il presidente del Consiglio, Donald Tusk. Così il summit si è sforzato di archiviare le tensioni, pronto a pagare il salario della stabilità: un miliardo da girare alle agenzie internazionali dell’area mediterranea e uno per la Turchia, partner prezioso e irritabile. Così, spera il francese Hollande, «i rifugiati non tenteranno di venire da noi rischiando la vita».
Buona idea, per quanto ancora piuttosto confusa. Su questo si deve costruire e l’alto rappresentante agli Esteri, Federica Mogherini, ammonisce che «le divisioni non danno credibilità alla Ue». Prima dell’inizio della riunione straordinaria dei Capi di Stato e di governo s’è visto comunque il solito balletto delle parole dure pronunciate per le platee nazionali. Sprezzanti i cechi, arrabbiati gli slovacchi, ironico l’ungherese Orban, che ha scherzato sull’evidente braccio di ferro avviato con Berlino e ha detto che, sì, «i tedeschi sono in difficoltà e bisogna aiutarli». «Abbiamo perso tempo con le redistribuzioni», accusano i lituani. Quindi è arriva la bozza di conclusioni, due paginette prive di spigoli, difficili da contestare anche volendo. Non tornavano le cifre, ma era già un’altra storia. «Bisogna cambiare l’aria», spiegava una fonte vicino a Tusk. E dentro il Justus Lipsius, a tarda sera, sembrava che ci stessero riuscendo.
Molte idee, più dei fatti. L’Unione avvierà il meccanismo di riallocazione nel nome della solidarietà, il che comporta (soprattutto per Francia e Germania) una stretta sui controlli al confine Sud, con particolare pressing su Grecia e Italia che, al contempo, invocano una vera strategia congiunta per rimpatriare i clandestini. La bozza suggerisce gli impegni degli Stati ad attuare le proposte della Commissione sulla politica comune dell’immigrazione e, «nel frattempo», raccomanda di «sostenere e applicare le regole di Schengen (libera circolazione) e Dublino (asilo»). «Con tre mesi di ritardo tutta l’Ue arriva sulle nostre posizioni – ha affermato il premier Matteo Renzi -. Di fatto si va verso superamento di Dublino, anche se nel documento non lo dicono, però la realtà è più forte dei documenti».
La Commissione sprona gli Stati. Ieri ha inviato 40 contestazioni agli Stati per la cattiva applicazione delle norme sull’asilo. Roma, dopo il richiamo per le poche registrazioni (gradito a Berlino), è stata bacchettata per la direttiva rimpatri. Bisogna che tutti facciano il proprio dovere, pertanto l’esecutivo invoca più fondi e forze. E poi tutto torna alla frontiera meridionale. Orban dice che si dovrebbe andare tutti ad aiutare i greci che non ce la fanno e la Commissione, in effetti, propone di partire al più presto con le guardie di frontiera comuni. «Confini e non muri», suggerisce un diplomatico. L’idea è quella buona. Realizzarla, però, richiederà altri summit.