
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Virginia Raggi si insedia in Campidoglio
Bisogna occuparsi di Virginia Raggi, che si insedia in Campidoglio domani. Per due ragioni: è la prima donna a comandare sulla Città eterna in circa tremila anni; la aspetta un compito formidabile, se non impossibile: governare la Capitale avendo contro costruttori e burocrati e presumibilmente anche il governo di Renzi. Primo problema: oggi si dimettono i vertici dell’Ama, cioè della municipalizzata che dovrebbe occuparsi di tenere pulita la città. Sarebbe pronto a rimettere il mandato anche il direttore generale dell’Atac (l’azienda dei trasporti), Marco Rettighieri. Quelli dell’Ama dicono che si tratta di «cortesia istituzionale», dato che il sindaco è nuovo di zecca. Rettighieri, se l’uscita di scena sarà confermata, è un caso grave. Sta al vertice dell’Atac, un’azienda marcia, da febbraio, ha consegnato già alla Procura della Repubblica un dossier, ha disdettato i contratti con i sindacati relativi alla mensa di Atac e Cotral (altra azienda di trasporti municipale), ha studiato il problema di chi non paga il biglietto a bordo valutando un danno enorme da 80 milioni l’anno e ha manifestato l’intenzione di risolverlo con bigliettai umani o elettronici. Se se ne va, vuol dire che la campagna elettorale della Raggi, sul punto, non gli dà le dovute assicurazioni. La Raggi, in campagna elettorale, ha definito l’Atac «un fiore all’occhiello».
• Mamma mia. Forse voleva dire che deve diventare un fiore all’occhiello.
Forse. Dovrebbe consolarci il fatto che chiamerà Antonio Blandini a occuparsi delle partecipate. Blandini ha fama di duro, è professore di Diritto commerciale a Napoli e alla Luiss. Raggi avrebbe immaginato un assessorato a tempo. Riduci le partecipate, tagliale, razionalizzale, rimettile in sesto o chiudile, e poi lascia.
• Che cosa sono le partecipate?
Aziende possedute, in tutto o in parte, dal Comune o dalla Provincia o dalla Regione. Di partecipate ce n’è di tutti i tipi e in tutt’Italia, anche con intrecci strani. I candidati sindaci, compresa la Raggi, ne hanno parlato poco o niente. Sono ottomila, con 300 mila dipendenti, vale a dire un sacco di voti. Nelle partecipate romane lavorano 37 mila persone. All’Atac, rimpinzata fino all’inverosimile da Alemanno, ci sono 11.871 dipendenti. Durante Mafia Capitale, gli imputati hanno serenamente ammesso che ai partiti o alle fondazioni che fanno riferimento ai partiti i soldi arrivano proprio dalle partecipate. L’ha detto, relativamente all’Atac, anche Matteo Orfini: «l’Atac è sempre stata la cassaforte di un partito trasversale», cioè ci hanno mangiato tutti, destra e sinistra, tranne naturalmente i cinquestelle, rimasti sempre fuori dai giochi. All’Atac a un certo punto si sono messi pure a falsificare i biglietti, in modo da crearsi tesoretti in nero da distribuire. La storia dell’Atac «fiore all’occhiello» sarebbe proprio da capire.
• La Raggi non le piace.
Mia figlia ci ha lavorato insieme, e dice che è persona degnissima, seria, capace, preparata, gran lavoratrice. In campagna elettorale però m’è parsa convincente fino a un certo punto. Che significa essersi schierata subito con una delle lobby più potenti, arroganti e corporative, come quella dei taxisti? Le Olimpiadi le vuole o no? Che farà con la linea C della metropolitana, l’opera pubblica più costosa della Terra? Io non l’ho capito.
• Secondo me, non si deve avere fretta. Una cosa è quello che si dice in campagna elettorale, un’altra quello che effettivamente si farà una volta al governo. Supponiamo che la nuova sindaca voglia portare in tribunale i libri delle aziende tecnicamente fallite, come l’Atac: non è che poteva dirlo mentre chiedeva di votarla.
Ha ragione. Anche perché i 37 mila che lavorano nelle partecipate romane valgono almeno 100 mila voti. L’astuzia della campagna elettorale mi va benissimo. Mi piacerebbe vedere il pugno duro a Roma. Temo che senza pugno duro a Roma, con l’aiuto della Procura della Repubblica, sarà difficile ottenere qualcosa. Ieri la Procura ha arrestato altri quattro funzionari del Campidoglio, finiti nei guai per aver preso tangenti a margine della gestione dei campi nomadi. Magari sono innocenti, ma queste notizie a Roma sono all’ordine del giorno. L’accusa stavolta è di corruzione, falso in atto pubblico e turbativa d’asta.
• Visto che stiamo parlando del nuovo sindaco, facciamo un po’ di biografia?
Compirà 38 anni il prossimo 18 luglio. È in crisi col marito, col quale ha un figlio di 7 anni che si chiama Matteo («sette anni fa quel nome mi piaceva»). È stata consigliera comunale all’epoca Marino, e Marino voleva nominarla vicesindaco, una carica che la Raggi avrebbe accettato se non fosse intervenuto Grillo. Laurea in Legge, specializzata in diritto d’autore. Ha detto che, alla scadenza, non si ripresenterà, dato che avrà esaurito i due mandati. La storia del patto firmato col Direttorio è vera: le decisioni più importanti relative alla città dovranno essere approvate dai vertici nazionali del M5S. Se i vertici le chiederanno di dimettersi, è impegnata a obbedire. C’è anche la possibilità, in presenza di contrasti, che il movimento le chieda di pagare danni d’immagine per 150 mila euro.
(leggi)