la Repubblica, 22 giugno 2016
La Russia e il pasticcio degli atleti riammessi ai giochi
«Confermiamo la sospensione imposta dalla Iaaf all’atletica russa ma i russi puliti potranno gareggiare sotto la loro bandiera se soddisferanno i requisiti nostri e delle loro federazioni». È un cortocircuito senza fine, è come se il terremoto del doping fosse così fragoroso da rendere precarie, fragili e contorte anche le soluzioni che dovrebbero contrastarlo. Anche Tania Cagnotto non è convinta del buon funzionamento della macchina: «Questa storia mi fa schifo. E dico una cosa. Se veramente tutta la squadra russa si è dopata è giusto che vengasqualificata: ma ho i miei dubbi». Il Cio crea un compromesso politico almeno quanto, agli occhi di molti, era parsa politica la decisione della Iaaf. Cio e Iaaf non concordano sulle modalità di accesso riservate ai possibili ripescati. La Iaaf, per voce del suo presidente Coe, ha confermato l’ipotesi di consentire ai russi “puliti” una partecipazione olimpica sotto un’altra bandiera, cosa che porterebbe a veder sfilare un manipolo di atleti «battenti bandiera di Disneyland», postano su Twitter. «Non è accettabile questa soluzione», dice il presidente del Cio Thomas Bach, «se alcuni russi vengono dichiarati “puliti” e quindi idonei ai Giochi parteciperanno per la Russia e sotto la loro bandiera. Il comitato olimpico russo non è stato sanzionato». Rimane il mistero su come evidenziare “gli idonei”. Il 15 luglio verrà pubblicato l’ultimo report sul doping russo riscontrato nelle provette di Sochi 2014: «In ogni caso ci batteremo per creare un nuovo ente anti-doping fuori dal controllo dello sport», conclude Bach. La Russia è ufficialmente pronta a collaborare sempre più strettamente con il Cio: l’apertura ai “puliti”, che non coinvolge soltanto l’atletica, ha placato la rabbia di Mosca. Il presidente del comitato olimpico Zhukov ha giudicato assurda l’idea «di boicottare Rio». «Non c’è alcun bisogno di colpire gli atleti puliti», ha ribadito il presidente della federatletica russa Butov. Fra questi potrebbero esserci Shubenkov, Klishina e la Isinbaeva che ieri è tornata a saltare dopo 3 anni (4,90!) e che non ha alcuna voglia di sfilare per un altro paese: «Sono e resto russa». Quasi certamente ci sarà la Stepanova, la prima fonte di “leaks” sul doping nel suo paese. All’ottocentista verrà concessa una “wild card”. «Siamo pronti ad accettare tutte le condizioni del Cio», ha aggiunto il Ministro dello sport Mutko, «faremo quanto richiesto». Poi Mutko aggiunge: «Stiamo pensando di affidare a uno dei nomi suggeriti dalla Wada (l’agenzia mondiale anti-doping,
ndr) la direzione del nostro nuovo laboratorio anti-doping». Sarebbe uno spagnolo. Con le iscrizioni ai Giochi che si chiudono il 18 luglio, la Russia non ha escluso l’eventualità di appellarsi comunque al Tas di Losanna: «Potremmo fare un ricorso collettivo». Approccio (quello collettivo) che il Tas potrebbe rigettare. Intanto la Wada deve rispondere di “gaffe” a Maria Sharapova: «Dobbiamo lavorare con 30 milioni l’anno, meno di quanto guadagna lei». L’avvocato della tennista squalificata non si è fatto attendere: «La giustizia deve essere cieca, non può essere condizionata dai guadagni di un atleta».