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 2016  giugno 22 Mercoledì calendario

Ora sta al nuovo potere pentastellato di Torino concepire un motore e farlo funzionare

Dire che quello detronizzato a Torino era un “sistema di potere” è certamente vero. Lo è nel male, perché il potere tende a eternarsi. Ma lo è anche nel bene, perché quel potere funzionava. Per questo Torino fa molto più scalpore di Roma: il potere decapitato nella capitale era già morto, a Torino era vivo e operante. Ora si tratta di capire quale nuovo “sistema di potere” nascerà da questa rivoluzione. Certo non l’applicazione, nobile e ingenua, della “democrazia del web” intesa come autogoverno dei cittadini: quella è la fola edificante (tipo il “sol dell’avvenire”) che ogni movimento di massa nascente si racconta per darsi identità e coraggio. Se il problema – come scrivono e dicono tutti, o quasi – è l’inclusione dei troppi esclusi (i giovani, i precari, i pensionati) nel destino della città, è un problema che richiede comunque governo, visione, selezione di una nuova classe dirigente. Gli esclusi e i senza voce di una volta (almeno un paio di generazioni di operai e di immigrati meridionali) hanno avuto la loro inclusione, anche se parziale, grazie al paternalismo Fiat, al sindacato e al partito comunista. Gli esclusi di oggi non paiono egualmente organizzati e organizzabili se non nella rabbia sociale e nel rancore contro gli inclusi: ma è come benzina senza un motore. La speranza, obbligatoria, è che il nuovo potere pentastellato almeno un abbozzo di motore riesca a concepirlo e metterlo in moto.