Il Messaggero, 22 giugno 2016
«La cosa più importante è gestire le persone. Noi donne siamo più legate alla vita pratica, quotidiana, è il nostro valore aggiunto. Per questo siamo appetibili per la gestione comunale». I consigli del primo cittadino di Madrid Manuela Carmela alla Raggi, da sindaca a sindaca
«Il consiglio più sentito che mi sento di dare alla collega Virginia Raggi, neo sindaca di Roma? È che fondamentalmente la politica è un’attività personale e che la cosa più importante è gestire le persone, sempre, in qualunque lavoro, ma soprattutto in politica. Non gestire l’ideologia o i partiti politici, ma le persone».
Parola di Manuela Carmena, la alcaldesa’ di Madrid paladina anti-corruzione, che ai suoi 72 anni, con alle spalle decenni di attività da magistrato e giurista, si è assunta l’onere e l’onore di governare la capitale spagnola – eletta nella piattaforma Ahora Madrid, guidata dal leader di Podemos, Pablo Iglesias – dopo 24 anni di dominio del Partito Popolare.
Come Madrid e Barcellona, con Ada Colau, ora anche Roma e Torino hanno due donne sindaco, del Movimento Cinquestelle: quattro prime cittadine che hanno in comune un’affermazione contro la classe politica dominante, sia al governo che all’opposizione. Qual è la sua valutazione?
«Credo sia un’esperienza molto interessante che le donne risultino candidati molto raccomandati per la politica municipale. In qualche modo i cittadini pensano che le donne possono essere buone amministratrici. E questo è positivo, perché è vero. Noi donne siamo più legate alla vita pratica, quotidiana, è il nostro valore aggiunto. Per questo siamo appetibili per la gestione comunale».
È la nuova politica?
«In questo momento, in tutta Europa e probabilmente anche fuori l’Europa, le organizzazioni come i partiti sono rimesse in discussione. Ci sono sempre più alternative differenti: coalizioni, gruppi di cittadini agglutinati nelle maniere più diverse. Sì, credo che sia in discussione il modo tradizionale di fare la politica».
Cinquestelle non ha molto a che vedere con Ahora Madrid: quali sono le differenze?
«Sono tante, anche se credo che Cinquestelle come Ahora Madrid si siano nutriti dello stesso vivaio: dei politici non di professione, che accedono a gestire la cosa pubblica. Io stessa sono una politica per caso, non vocazionale, perché ho svolto tutta la mia carriera come magistrato, giurista e non mi sono mai affiliata a nessun partito. Anche nel caso del Movimento di Grillo sembra essere questo l’elemento determinante. È un processo interessante. Qui a Madrid abbiamo un piccolo comune della periferia, Torreolodones, che è stato il primo a costituire una forza popolare, ribattezzata i cittadini di Torrelodones’, che hanno inaugurato questo modello: professionisti prestati alla politica, perché quella dei politici di professione sta fallendo sempre più».
Nel caso della Raggi, nel Pd hanno sostenuto che la sua elezione era stata possibile grazie ai voti della destra e lei ha replicato che era molto più preoccupante che le sinistre non avessero votato il Pd. Significa che si sta occupando uno spazio politico lasciato libero dalla sinistra?
«Credo che gli spazi classici della sinistra e della destra vadano sfumando, perché le rivendicazioni sono sempre più trasversali. Penso ai diritti rivendicati dai collettivi LGBT, che sono movimenti bipartisan, anche se è stata la sinistra a fare i primi passi, perché più ricettiva alle libertà. Si apre sempre più la trasversalità, sui temi dell’ambiente, delle politiche di uguaglianza delle donne o contro la violenza di genere. E con questo devono fare i conti i politici e i partiti tradizionali, che si definiscono di sinistra o di destra.
Lei ha appena compiuto un anno da sindaco sotto gli attacchi incrociati, non le sono stati accordati nemmeno i 100 giorni iniziali di luna di miele. Qual è il suo peccato originale, l’inesperienza?
«No. Sono sempre stata una persona molto innovatrice, nell’intera mia vita professionale. So che essere sindaco in un modo del tutto nuovo e diverso, semplice e partecipativo, significa una rivoluzione. Naturalmente i poteri conservatori non sono disposti a cedere con faciltà le loro prebende. Ma gli attacchi non mi hanno sorpreso molto, né mi preoccupano più di tanto perché, proprio per la mia attitudine, nella vita li ho sempre ricevuti e vanno messi in contro nei processi di innovazione-rivoluzione. In secondo luogo, perché data la mia età biologica, per me hanno poca trascendenza aspetti che altri politici possono ritenere determinanti, perché ne va della loro immagine pubblica. Io mi sono impegnata a restare 4 anni, non uno di più. È un contributo alle giovani generazioni, per aiutarle a superare il naufragio in cui 20 anni di destra avevano affondato Madrid».
In Italia si parla di ricambio generazionale della politica, e la giovane età sembra essere un valore in sé. Lei ha dimostrato che gli anni, l’esperienza della sua intensa vita di attivista e la memoria sono uno zaino leggero da portare e molto utile, se non imprescindibile.
«Lo è, ma nel mio caso io l’ho utilizzato per sostenere una candidatura molto giovane come Ahora Madrid. Rita Maestre, la portavoce del mio governo, ha 28 anni. Io ho voluto essere un ponte fra una generazione e l’altra».