Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  giugno 22 Mercoledì calendario

La democrazia, l’Europa e i referendum. Dialogo tra lo scrittore Houellebecq e il ministro Macron

Lo scrittore Michel Houellebecq, caporedattore per un numero speciale del settimanale Les Inrockuptibles, ha intervistato il ministro dell’Economia francese Emmanuel Macron.
Emmanuel Macron : Mi intervisti tu o ti intervisto io?
Michel Houellebecq : Un po’ entrambe le cose.
EM : Non so cosa pensi della politica, ma immagino che tu ne abbia una visione abbastanza nera.
MH : Non così nera. Penso che esista una crisi della rappresentanza politica, ma una crisi promettente, che può sfociare in cambiamenti positivi. La mia posizione è questa: non ho mai desiderato delegare il mio potere di fare le leggi, quindi non ho mai votato alle elezioni legislative. Sono favorevole al referendum di iniziativa popolare come unico mezzo per cambiare le leggi. Ma non finisce qui, la popolazione dovrebbe anche votare il bilancio statale. Ognuno sa quanto vuole dare alla polizia, la sanità, le imprese, l’esercito, la scuola. (...). Sono spesso in disaccordo con la maggioranza, ma ho un vero rispetto per il suo voto. Vorrei solo essere consultato direttamente. In Svizzera, uno dei rari Paesi in cui ciò avviene, le cose non vanno poi tanto male.
EM : Non si può fare il paragone, perché è un Paese dove la politica non ha la stessa densità che in Francia. Ma esiste un malessere democratico, che in parte proviene dall’ambiguità del nostro rapporto nei confronti dei politici. A differenza di quanto si possa immaginare, il ruolo dei politici non è, secondo me, di promettere intensità e felicità, ma di proporre uno schema in cui i cittadini possano emanciparsi e acquisire una loro autonomia.
MH : Il problema nascerebbe dal fatto che i politici promettono alla gente la felicità?
EM : In parte sì, molti politici vivono di questa ambiguità, mentre nessuna organizzazione politica può rendere felici le persone loro malgrado (...).
MH : Nel chiedere la propria opinione a tutti c’è qualcosa di abbastanza sano. Questo non può che rafforzare la sensazione di appartenere a una comunità. Si parla di referendum solo per certi argomenti di società, come la corrida o l’eutanasia. Invece, dovrebbe riguardare quasi tutti i temi. Il ruolo dei partiti dovrebbe tendere a diminuire; il ruolo dei gruppi di pressione, delle associazioni, ad aumentare (...).
EM : In questo momento abbiamo ben altre priorità che giustificano il fatto che non proponiamo nessuno dei tuoi referendum. Se oggi si organizzasse una consultazione sull’eutanasia, la maggioranza dei francesi penserebbe «Questi pazzi non hanno nient’altro da fare». Per progredire sul tema dell’eutanasia, occorre innanzitutto creare un consenso democratico, e non sono sicuro che lo si otterrebbe con un referendum. L’ultimo grande referendum, quello del 2005 sulla Costituzione europea, ha creato un trauma profondo in due tempi. Gli elettori hanno prima rifiutato una Europa liberale in cui non si riconoscevano più. Poi, Nicolas Sarkozy non ha rispettato la loro decisione.
MH : È una delle cose che gli sono state fatali. Sono fra coloro che non hanno perdonato (...)
EM : Quel referendum ha forse permesso di fare passi avanti? Al contrario! Ha traumatizzato i partiti politici e i leader: non si è più parlato di Europa per dieci anni. Intendiamoci bene: penso ci sia bisogno di una partecipazione democratica, di costruire il «buon governo», cioè di associare di più i cittadini alla presa di decisioni, di avere maggiore trasparenza. Per cui, non credo al referendum permanente, che impedirebbe di agire.
MH : Il referendum sul Brexit mi sembra corretto, perché il corpo elettorale è correttamente identificato, cioè gli elettori del Regno Unito.
EM : Sulla carta, dovrebbe permettere di uscire da un impasse politico, mettere fine a anni di ambiguità permettendo al popolo britannico di dire chiaramente se pensa che il suo avvenire si collochi o no in seno all’Unione. (…) Tuttavia, in occasione di un referendum, il dibattito non verte solo sul quesito posto e ognuno lo allarga ai propri dubbi, alle proprie paure, recriminazioni – e questo è particolarmente vero nel caso britannico. Non sono dunque sicuro che il referendum permetta sempre una espressione democratica pura, perfetta e efficace (...).
MH : Il fantasma di De Gaulle è ancora tra noi. Non ci rassegniamo alla fine dell’epoca in cui si opponeva agli Americani, e penso che non ci rassegneremo mai. Trovo deplorevole che la Francia faccia parte della Nato.
EM : Stare dentro alla Nato non ci è di alcun vero ostacolo. (...) L’Europa si è costruita su un compromesso tra il mercato, la democrazia, la correzione delle ineguaglianze e le sue diverse culture. È la nostra parte di universalità. L’idea che si possa vivere in pace in questo spazio è un progresso di civiltà colossale. Il colpo di genio di Mitterrand è stato trasformare il sogno francese in sogno europeo, perché era lucido sul fatto che la Francia non poteva più farsene carico da sola. Il trauma attuale deriva dal fatto che l’Europa non è più portatrice di senso politico.
MH : Nel 2005, in gran parte, i francesi hanno votato «no» all’allargamento. Già l’Europa non sembrava avere molto senso, ma con i 28 Paesi di oggi per niente. Non credo all’Europa, è una cosa troppo confusa e non corrisponde davvero a un popolo, è troppo grande, non può funzionare. (…). Fai parte di quelli che pensano che lo Stato debba orientare l’economia?
EM : Non sono né un fanatico dell’interventismo statale né un liberista ingenuo che pensa che lo Stato non abbia alcun ruolo. Dobbiamo definire il quadro economico che permette agli attori di avere successo e allo stesso tempo proteggere i più deboli dalla concorrenza sleale in caso di dumping. Senza questo, in un mondo aperto, il nostro modello va a rotoli…
MH : Questo è importante, mi permetto di fartelo ripetere: sei a favore di una certa protezione quando c’è dumping?
EM : Sono assolutamente a favore: è economicamente necessario e politicamente essenziale. Cerco di applicarlo da sei mesi sull’acciaio cinese. L’Europa non protegge abbastanza la sua economia (…)
MH : Sono molto contento di questa dichiarazione, mi trovi assolutamente d’accordo.
EM : E poi, è un enorme errore politico. Si può chiedere agli operai di lavorare di più, di fare degli sforzi, di accettare dei periodi di disoccupazione parziale quando le cose vanno male e quando è in gioco la sopravvivenza dell’impresa. E il più delle volte accettano perché sono legati allo strumento di produzione e perché hanno delle vere competenze. Ma se poi non si è capaci di proteggerli arriva la deflagrazione, non c’è più fiducia (…). Adesso devo andare. È stato un bell’incontro. Il tuo discorso sul referendum mi ha aperto delle prospettive.
MH : Non sapevo che la pensassi così sull’acciaio cinese. Mi hai rassicurato.