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 2016  giugno 22 Mercoledì calendario

«Alberto Stasi è colpevole oltre ogni ragionevole dubbio». Così la Cassazione ha scritto l’ultima riga dell’ultimo capitolo del delitto di Garlasco

Non si sa perché lo abbia fatto. In nove anni di indagini, dal 13 agosto 2007 quando Chiara Poggi venne massacrata nella villetta di famiglia a Garlasco in provincia di Pavia, non è stato trovato un movente. Ma ai giudici della Cassazione, che il 12 dicembre dell’anno scorso hanno condannato definitivamente Alberto Stasi a 16 anni di carcere per l’uccisione della sua fidanzata, basta tutto il resto per dire che «ciascun indizio risulta integrarsi perfettamente con gli altri, come tessere di un mosaico che hanno contribuito a creare un quadro d’insieme convergente verso la colpevolezza di Alberto Stasi oltre ogni ragionevole dubbio». Niente più appelli, nessun colpo di scena possibile, quell’«oltre ogni ragionevole dubbio» come detta il codice, sono l’ultima riga dell’ultimo capitolo della storia di Alberto Stasi, studente bocconiano di 24 anni l’estate che gli ha cambiato la vita, oggi 32enne dottore commercialista con cella singola nel carcere di Bollate alle porte di Milano.
In nove anni Alberto Stasi non ha mai cambiato versione: «Non sono stato io un giorno dovranno credermi». Parole pronunciate anche il 13 dicembre quando accompagnato da sua madre si è presentato in carcere a Bollate. I giudici in nove anni si sono espressi in modo alterno. Assolvendolo, imponendo di fare un altro processo, fino alla sentenza definitiva della Cassazione di cui oggi si conoscono le motivazioni. Un balletto di decisioni che hanno convinto la Suprema corte a individuare in certe fragilità delle indagini i motivi di decisioni giudiziarie tanto sofferte. Nel mirino ci sono i magistrati e i carabinieri di Vigevano. I giudici della Cassazione bacchettano: «L’andamento delle indagini fu senz’altro non limpido, caratterizzato anche da errori e superficialità». Errore numero uno, non aver sequestrato e individuato con certezza la bicicletta nera da donna di famiglia che Alberto Stasi avrebbe usato quel giorno: «Un evento che ha avuto indubbie ripercussioni negative sulle indagini. È stato un anello mancante».
Altri elementi, preponderanti, hanno costruito il castello accuse contro il fidanzato di Chiara Poggi. Al punto da togliere agli ultimi giudici «ogni ragionevole dubbio». Scrivono nelle motivazioni:; «Alberto Stasi ha reso un racconto incongruo, illogico e falso, quanto al ritrovamento del corpo senza vita della fidanzata». Non è possibile che Alberto Stasi l’abbia vista già a terra bianca in volto quando era già coperta di sangue. Nè che possa aver attraversato il piano terra della villetta senza calpestare almeno un po’ il sangue caduto a pioggia sul pavimento dal punto in cui Chiara Poggi è stata aggredita fino al trascinamento verso la taverna dove venne poi ritrovata. Sottolineano i giudici nella motivazione: «Le modalità di rinvenimento del corpo di Chiara sono assimilabili a quelle dell’aggressore, non dello scopritore. Poi non sono state ritrovate tracce ematiche nè sulle sue scarpe nè sui tappetini della sua auto».
Un quadro indiziario completo più che sufficiente per indicare nel fidanzato di Chiara il colpevole e per ricostruire quello che deve essere successo quel giorno: «Alberto Stasi agì con dolo d’impeto e senza alcuna programmazione preventiva. Chiara fu uccisa da Alberto con un’azione connotata da un rapido susseguirsi di colpi di martello al capo della vittima, sferrati all’ingresso dell’abitazione, con rabbia ed emotività. L’omicidio avvenne all’interno di un rapporto scatenante emotività». Sull’ipotesi che nella coppia ci fossero problemi di natura sessuale, così gravi da scatenare la furia omicida, la Cassazione non si sbilancia: «Non c’è la concretezza di un movente specifico ma questo non incide in alcun modo sul quadro indiziario». Di una cosa sono però sicuri i giudici. E per questo fanno un confronto con la sentenza per l’omicidio di Melania Rea, dove nel processo a Salvatore Parolisi non venne applicata l’aggravante della crudeltà: «Alberto Stasi ha agito senza la volontà di infliggere alla vittima sofferenze aggiuntive».