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 2016  giugno 22 Mercoledì calendario

Sull’eterea, angelicata, ineffabile e intoccabile Boschi

Nel 2000 la politica italiana ci sembrava già tragicomica perché non avevamo ancora visto il seguito. Eppure D’Alema, che da un anno e mezzo stava a Palazzo Chigi dopo aver preso il posto di Prodi senza passare per le elezioni, perse rovinosamente le Regionali e si dimise da presidente del Consiglio. Ora invece Renzi, che da due anni e mezzo sta a Palazzo Chigi dopo aver preso il posto di Letta senza passare per le elezioni, perde rovinosamente le Comunali e rimane al suo posto. Non solo di presidente del Consiglio, ma anche di segretario del Pd, cioè del partito che ha perso rovinosamente le Comunali. Per trovare una simile catastrofe bisogna riandare alle Amministrative 2008-2009, solo che allora Walter Veltroni, primo segretario del Pd, se ne andò. Mentre l’ultimo, Renzi, resta. Riconosce che il Pd ha perso e i 5Stelle hanno vinto, e ci mancherebbe pure. Ma poi, dovendo spiegare il perché, fa come tutti sempre: batte il mea culpa sul petto degli altri. Fassino travolto dall’Appendino? Lo sapevo, ma come facevo a non candidarlo. Giachetti doppiato dalla Raggi e il Pd asfaltato dai 5Stelle in 12 municipi di Roma su 14 e in tutto il resto del Lazio? Beh, dai, è colpa di Marino e di Mafia Capitale. Il partito non tocca palla a Napoli? E vabbè, è un caso a parte.
Ora sono allo studio soluzioni drastiche: via la Serracchiani da vicesegretario, via Orfini da commissario a Roma e da presidente Pd, dentro una bella nidiata di teneri virgulti per bilanciare la freschezza delle donne a 5 Stelle. Si fanno i nomi di Enrico Rossi, governatore della Toscana, che fa politica appena dal 1985 (ma non era l’anti-Renzi al prossimo congresso?); di Vasco Errani, tre volte governatore dell’Emilia Romagna, che fa politica solo dal 1975, assolto ieri al secondo processo d’appello per i soldi pubblici regalati alla coop di suo fratello; e di altri giovanotti. Ora, per carità, che Orfini sia uno spaventapasseri per elettori lo si capisce guardandolo, figuriamoci sentendolo parlare e vedendolo all’opera. E la Serracchiani, che solo 7 anni fa divenne una star perché parlava chiaro e affondava come lama nel burro nelle magagne del Pd davanti al già bollito Franceschini, ora rilascia interviste – Corriere dell’altroieri – che neanche Forlani: le “dinamiche locali”, “il quadro nazionale molto articolato”, “le indicazioni oggetto di una riflessione”, “un clima di necessità di fare il punto”, “la frammentazione del voto”, “le riflessioni da fare”, “le condizioni per fare bene” e naturalmente “il dialogo da riallacciare con i cittadini”.
Ma se l’autocritica nel Pd si limita a Serracchiani&Orfini fuori e Rossi&Errani dentro, cioè ai soliti onanismi e regolamenti di conti correntizi, vuol dire che non s’è capito nulla. Chi ha detto “Votate Giachetti perché con la Raggi perdiamo le Olimpiadi”, pensando di spaventare i romani che invece si sono galvanizzati? Renzi (testi e musiche di Caltagirone&C.). Chi ha snobbato le Comunali definendole “un voto locale, mentre la vera partita è il referendum di ottobre”? Renzi. Chi ha detto “Votate Fassino perché l’Appendino vuole bloccare le grandi opere”, mettendo l’acquolina in bocca ai torinesi che credeva di terrorizzare? Renzi. Chi ha dato delle “eterodirette” e “cocopro della Casaleggio Associati” a Raggi e Appendino, dopo aver eterodiretto la cacciata dell’ultimo sindaco Pd di Roma eletto dal popolo, cioè Marino? Renzi. Chi ha insistito fino all’ossessione sull’“inesperienza” dei 5Stelle in un Paese che paga il conto dei danni e delle ruberie dei cosiddetti “esperti”? Renzi. Chi ha parlato di “lanciafiamme” alla vigilia dei ballottaggi, senz’accorgersi che stava incenerendo quel che resta del suo partito? Renzi. Chi ha spedito Orfini e il povero Zanda, alla sua età, a volantinare al No Tasi Day tra i passanti che affrettavano il passo per non alzare le mani sui malcapitati? Renzi. Possibile che lui non c’entri mai nulla? E la Boschi? Vogliamo parlare della Boschi? L’Immacolata Rottamazione scompare sempre quando si apre il capitolo delle colpe.
Eppure, dopo Matteo, è lei la più onnipresente su tv e giornali. S’infila nelle università, dove la mettono sotto anche gli studenti del primo anno, anzi del primo giorno. Commemora Nilde Iotti a Livorno intruppandola nel Sì e prende i fischi da chi ha buona memoria. Cammina sulle acque d’Iseo come se la passerella gialla l’avesse inventata lei al posto di Christo, e anche lì son pernacchie. Insulta i partigiani dell’Anpi perché dicono No alla sua schiforma, col rischio fra l’altro che qualcuno dissotterri la colubrina. Accomuna a Casa Pound tutti quelli che osano preferirle Calamandrei. Dà i numeri per sponsorizzare il Sì inventandosi “10 miliardi di risparmi in 10 anni, più l’aumento del 6% del Pil” (ma dove, ma quando mai). Minaccia di tagliare i fondi a Torino se vince l’Appendino, con la cattiveria tipica delle iene travestite da puttini. Si fa riprendere accanto a un imbarazzato Giachetti mentre gli dà il colpo di grazia chiamando 3-4 elettori romani e passandoglieli al telefono. Dice fesserie ogni volta che respira, non ne azzecca una nemmeno quando dorme, fa più danni al Pd che suo padre a Banca Etruria, va in pellegrinaggio per l’Italia passando di gaffe in gaffe, sputtana i suoi candidati costringendoli ad abbozzare o a prendere le distanze (vedi il povero Fassino, che prima d’intrupparsi in questa banda non aveva mai perso un’elezione in vita sua). Ma lei non c’entra, non è mai in discussione, non può essere non dico criticata, ma neppure nominata: sarebbe bestemmia, anzi sacrilegio. È più che infallibile: è eterea, è angelicata, è ineffabile. È puro spirito.