Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Un filmetto irridente nei confronti di Maometto ha gettato il mondo in una crisi dagli esiti incalcolabili: un assalto di terroristi salafiti al consolato americano di Bengasi si è concluso con l’uccisione dell’ambasciatore Chris Stevens, la morte di un agente dei servizi segreti che si chiamerebbe Sean Smith e quella di due marines di cui non sono stati ancora forniti i nomi. Il consolato Usa è stato assaltato e incendiato, come mostra un filmato, ma le circostanze precise della morte di Stevens e degli altri non sono chiare. Secondo una versione, Evans sarebbe stato soffocato dal fumo dell’incendio. Altri sostengono che un razzo abbia colpito la sua macchina mentre stava abbandonando la sede diplomatica, a seguito dell’evacuazione di tutto il personale. C’è una foto che lo mostra a terra, la faccia annerita, la maglietta sollevata, lo sguardo spento, probabilmente già morto o agonizzante. Lo tengono per le ascelle, se lo caricano in spalla. Non si vedono ferite da arma da fuoco. Due dei quattro americani sarebbero stati ammazzati nell’assalto a un appartamento in dotazione ai servizi segreti e la cui ubicazione quindi non doveva essere nota. Esisteva una talpa in ambasciata? La Cnn, citando funzionari americani e il pensatoio inglese Quillam, ha attribuito l’attacco ad al Qaeda. Esiste in effetti un comunicato, attribuito ad al Qaeda, in cui si sostiene che l’assalto «è una reazione della milizia Ansar al-Sharia alla conferma della morte di Abu al-Libi». Se fosse vero, il filmetto sarebbe solo un pretesto, e dei più deboli. Altro elemento significativo: in nessun’altra parte della Libia ci sono state manifestazioni per via del film. Quilliam ha fornito altri particolari: il gruppo che ha ammazzato i quattro americani e dato fuoco al consolato sarebbe stato composto da una ventina di persone armate di missili lancia granate. L’assalto sarebbe stato condotto in due tempi. L’ambasciatore Stevens era un profondo conoscitore della Libia, aveva accompagnato e favorito la vittoria dei ribelli su Gheddafi, e specie dei ribelli che adesso l’hanno ammazzato. Durante la rivoluzione non ha fatto che saltare da un posto all’altro, facendo il giro delle capitali. Parlava bene l’arabo.
• Cominciamo dal filmetto.
Si intitola The innocence of muslims, cioè “L’innocenza dei musulmani”. Il regista è un americano di origine ebraica che vive in California. Si chiama Ben Bacile, ha 56 anni, fa l’agente immobiliare. Adesso si è nascosto. Ma qualche cronista è riuscito a raggiungerlo e s’è sentito spiegare che non si tratta di una pellicola religiosa, ma politica. «L’Islam è un cancro». Bacile sostiene che i 5 milioni di dollari raccolti per due ore di proiezione sono il frutto di versamenti effettuati da un centinaio di persone, alcune di origine ebraica, altre di origine copta. Tra questi c’è anche il reverendo Terry Jones, che ha provocato in passato altri incendi nel mondo islamico bruciando pubblicamente dei corani. Sessanta attori, uno staff di 45 tecnici, tre mesi di riprese nell’estate del 2011 in California. Bacile dice anche di aver rifiutato le offerte di distribuzione e di voler produrre invece una serie tv di 200 ore. Dopo di che, è apparso il trailer su YouTube, dove si vede Maometto che fa l’amore e si ridicolizzano i rapporti del Profeta con Dio.
• E, se il film era pronto da un anno, come mai si è aspettato proprio questo momento per postare il trailer su YouTube?
È la domanda delle domande. E la prima risposta, la più facile, è: ci sono le elezioni per la Casa Bianca, i fondamentalisti islamici preferiscono alla Casa Bianca un presidente falco che un presidente colomba. Romney ha subito approfittato della tragedia per accusare Obama di debolezza: il presidente condanna l’attentato ma «rispetta tutte le religioni», cioè, nel linguaggio del candidato repubblicano, «simpatizza con gli aggressori». C’è poi la questione Israele.
• In che consiste?
Il premier Netanyahu sta per partecipare all’Assemblea dell’Onu, ha chiesto di essere ricevuto alla Casa Bianca e s’è sentito rispondere di no. Washington non vuole l’attacco all’Iran. Tel Aviv esige invece che sia posto un tetto all’attività nucleare di Teheran. Un tetto, superato il quale… Hillary ha ribadito ancora ieri: l’unica via con l’Iran è diplomatica. Netanyahu ha risposto molto duramente: «L’America non ha nessun diritto morale di contenere le azioni di Israele per la propria sicurezza». A Tel Aviv Obama e le sue aperture verso il mondo musulmano non sono mai piaciuti. Romney adesso spinge anche su questo, gridando che Barack, con la sua politica di aperture, ha indebolito Israele.
• Ma la Libia non ha ancora trovato la pace? La caduta di Gheddafi non doveva…
Il governo s’è insediato solo in luglio. La prima seduta dell’Assemblea generale, alla presenza di tutti i capi mediorientali, doveva svolgersi ieri, ed è stata annullata. Spadroneggiano ancora le bande di ribelli che hanno rovesciato Gheddafi e che tengono sotto ricatto i politici di Tripoli. I ribelli andrebbero disarmati. Per disarmarli ci vorrebbe un governo forte.
• Come possiamo dire che sono stati i salafiti?
È molto probabile che la morte dell’ambasciatore e degli altri tre americani sia opera dei salafiti. C’è un’infiltrazione di salafiti dall’Egitto. I salafiti egiziani sono finanziati dai sauditi. Le proteste contro il film sono cominciate al Cairo. La cosa può anche finire in una guerra. La tensione è altissima nella Striscia di Gaza dove, a causa della crisi economica e dei relativi tagli, migliaia e migliaia di persone sfilano da una settimana a Ramallah, Betlemme, Hebron, Nablus, con scontri, feriti e assalti a edifici pubblici. Gli israeliani temono l’inizio di una terza Intifada. Il presidente libico s’è scusato con Obama per quello che è accaduto, ma questo purtroppo non mitiga un quadro estremamente preoccupante.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 13 settembre 2012]