Guido Fontanelli, Panorama 13/9/2012, 13 settembre 2012
RAGAZZI STUDIARE VI FA RICCHI (ANCHE IN BUSTA PAGA)
Facciamo di più per la nostra scuola, perché è attraverso l’istruzione e la formazione che passa il futuro del nostro Paese. E, dati alla mano, studiare è il modo più efficace per trovare lavoro». Per un attimo scordatevi della Fiat, della Juventus e delle vicende di casa Agnelli. Questa volta John Elkann, il 36enne nipote dell’Avvocato e presidente della Fiat, lancia un invito alla politica, alle famiglie e alle imprese su un tema che tocca tutti, dai ragazzi che iniziano gli studi universitari ai genitori che guardano con preoccupazione al domani dei propri figli, fino agli insegnanti che «vanno premiati e valorizzati». Un messaggio che si presta subito a un’annotazione e a una riflessione. Intanto è la prima volta che Elkann, uno dei più rappresentativi esponenti della nostra classe dirigente e leader della più famosa dinastia imprenditoriale italiana, rilascia un’intervista su un argomento politico-sociale. Segno che l’erede di Gianni Agnelli è cresciuto: l’orizzonte degli affari della famiglia supera ormai i confini nazionali, ma gli Agnelli vogliono dimostrare l’attenzione verso un settore cruciale per l’Italia. Del resto, se la dinastia torinese vuole avere un ruolo positivo nella società, se deve fare qualcosa per gli altri, il modo migliore è «aiutare ad aiutarsi», come spiega Elkann, cioè fornire ai giovani gli strumenti per crescere. E poi c’è una spiegazione personale e generazionale: John, il cugino Andrea Agnelli e una schiera di altri trentenni della casata iniziano ad avere figli e il tema dell’educazione li tocca da vicino, li coinvolge direttamente. Elkann ha l’ufficio al quarto piano del Lingotto a Torino, quartier generale della Fiat. Qui c’è la sede dell’Exor, la finanziaria che controlla la casa automobilistica e che è presieduta dallo stesso John. E a pochi metri di distanza c’è la Fondazione Giovanni Agnelli, di cui John è vicepresidente (presidente è Maria Sole Agnelli, direttore Andrea Gavosto). È questo lo strumento attraverso il quale la famiglia lancia una nuova iniziativa per sostenere gli studenti meritevoli, come annuncia Elkann in questa intervista, in cui presenta i risultati delle ricerche della fondazione. La Fondazione Agnelli, che fino a qualche anno fa si occupava di tante cose, dalla sociologia alla religione, dall’editoria alla cultura, ha concentrato il focus sull’istruzione: perché questa sterzata? Cinque anni fa la nostra famiglia si è posta il problema di come organizzare meglio il nostro impegno filantropico. Abbiamo scelto un indirizzo chiaro, puntando decisamente sull’istruzione perché è l’aiuto più concreto che si può dare al territorio e allo sviluppo del Paese. Chi ha un livello di istruzione più alto ha più consapevolezza della realtà che lo circonda e può confrontarsi meglio con gli altri. La scuola è diventata così il centro dell’attività della Fondazione Agnelli che oggi intorno a questo tema sviluppa non solo ricerche e studi, ma anche proposte concrete e iniziative di interesse comune. Ma di fronte a tanti diplomati e laureati senza lavoro ha ancora senso studiare? Dati alla mano, studiare a lungo, specie all’interno di percorsi scolastici di qualità, è il modo più efficace per trovare lavoro. Chi ha studiato di più e bene ha più opportunità degli altri, soprattutto in momenti come questo. Inoltre studiare conviene, come dimostra uno studio della Banca d’Italia: ogni anno di istruzione in più equivale a un aumento della retribuzione futura di circa il 9 per cento. È uno dei migliori investimenti che si possano fare. Anche per il Paese? Un aumento del livello educativo della popolazione fa salire la competitività del Paese, come dimostrano i casi del Messico, del Brasile, dell’India o della Cina. Inoltre un paese più istruito è un paese più sicuro e vivibile: da ricerche internazionali oggi sappiamo che, per esempio, per ogni ragazzo che completa gli studi secondari superiori, diminuisce in modo proporzionale la percentuale di reati commessi contro le persone o le cose. Qual è la nuova iniziativa che lancerà la Fondazione Agnelli? È il prestito d’onore. La Banca Sella, con alle spalle la garanzia del patrimonio della fondazione, presterà ogni anno a 200 studenti delle facoltà scientifiche di Torino 10 mila euro a testa spalmati su 2 anni. Dopo la laurea, lo studente avrà 2 anni di tempo prima di iniziare a restituire il prestito. E lo potrà fare pagando rate di 150 euro al mese per 6 anni. È un’iniziativa riservata a studenti a basso reddito e con una buona media. L’obiettivo è dare una mano ai ragazzi meritevoli e responsabilizzarli in un momento in cui i fondi pubblici per il diritto allo studio sono in netto calo: nell’ultimo anno le borse di studio sono diminuite dell’80 per cento. Il prestito d’onore dà agli studenti lo strumento perché loro stessi possano aiutarsi, con il loro impegno. Altre fondazioni, come quelle bancarie, potrebbero seguirvi? Sì, me lo auguro. Anzi, lo auspico: con il loro sostegno si potrebbe estendere il progetto a tutto il Paese, rendendolo davvero efficace. Torniamo alle ricerche della fondazione: cosa ne viene fuori? Che in fatto di istruzione non è mai troppo presto: è importante ricevere il sostegno degli educatori fin da piccoli. Questo vale per tutti i bambini, ma soprattutto per quelli che provengono da situazioni svantaggiate. Naturalmente gli asili devono essere di buon livello; per questo stiamo studiando con il sindaco di Torino Piero Fassino come migliorarli, soprattutto perché siano di aiuto per le mamme che lavorano, che spesso hanno occupazioni con orari e modalità discontinui. Veniamo alle elementari: è vero che in Italia sono mediamente di buon livello? Sono tra le migliori del mondo. Ma c’è spazio per migliorare: per esempio noi spingiamo per alimentare l’interesse dei bambini in campo scientifico. Perciò abbiamo promosso una serie di iniziative riservate agli studenti delle elementari del Piemonte perché possano avvicinarsi alla scienza in modo giocoso e divertente. Io stesso ho voluto parteciparvi, giocando al piccolo chimico con i miei figli Oceano, di quasi 5 anni, e Leone, di 6. L’ultimo rapporto della fondazione è dedicato alle scuole medie: e qui iniziano i guai... Sono il punto debole della scuola italiana. È là che i nostri studenti cominciano a perdere colpi nelle graduatorie internazionali. Ma soprattutto cominciano a emergere i divari fra chi proviene dalle famiglie più favorite e chi no, come gli studenti di origine straniera. Così troppi ragazzi si ritrovano esclusi, sottraendo al Paese risorse d’intelligenza preziose. Dove sta il problema: nelle risorse, nelle scuole, nei programmi? In gran parte il problema sta negli insegnanti: quelli delle scuole medie sono troppo vecchi, demotivati e, come essi stessi denunciano, impreparati a misurarsi con allievi in un’età così difficile. Che ne pensa di quello che il governo sta facendo sul tema istruzione? Il merito più grande che va riconosciuto al governo è di continuare a investire per la scuola. Sui temi che le nostre ricerche evidenziano da anni, come la valutazione delle scuole, le nuove tecnologie, i prestiti d’onore, si cominciano a vedere i primi segnali di attenzione. Che cosa chiederebbe al ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, se fosse qui, davanti a lei? Dalle ricerche emerge che il successo dei sistemi scolastici passa proprio attraverso gli insegnanti: vanno premiati e valorizzati e dovrebbe essere ridotto il loro turnover. Gli studenti hanno bisogno di continuità ma attualmente fra un quarto e un terzo degli insegnanti cambia scuola ogni anno. In secondo luogo, bisogna valutare la qualità delle scuole. Misurare i risultati e redigere le classifiche obbliga a confrontarti con i più bravi: da qui, attraverso un processo positivo di emulazione, può nascere il miglioramento. Per questo da alcuni anni la Fondazione Agnelli sta monitorando i licei di Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Calabria. In base ai voti ottenuti dagli studenti nei primi anni di università, possiamo stabilire quali sono gli istituti migliori. Un progetto che contiamo di allargare ad altre regioni. Al di là delle ricerche, cosa fa concretamente la fondazione? Pensiamo sia importante puntare sulle materie scientifiche e tecnologiche, su cui l’Italia evidenzia un ritardo rispetto agli altri paesi: a 15 anni (cioè in seconda superiore) il punteggio medio di uno studente italiano nei test internazionali di matematica è di 483, inferiore alla media Ocse, che è intorno a 500. Per contro, un coetaneo tedesco raggiunge 513 punti, mentre uno di Shanghai, i primi della classe a livello mondiale, addirittura 600. Proprio per rafforzare la cultura scientifica nella scuola abbiamo creato una Summer academy per gli studenti delle superiori. Inoltre finanziamo un master, la Scuola di alta formazione al management, per aumentare la percentuale di laureati in materie scientifiche nel mondo delle aziende. Nelle scuole italiane c’è anche il problema dei figli degli immigrati che non conoscono bene la lingua... Da due anni la fondazione ha avviato dei corsi proprio per aiutare gli immigrati con l’italiano scritto, quello dei libri di testo, in modo che riescano a studiare più facilmente. Il livello di interesse è stato molto alto: ricordo che pochi mesi fa, al termine di un corso, alcuni studenti hanno detto al loro insegnante: «Prof, se noi raccogliamo 2 euro a testa, tu continui a farci queste lezioni?». Anche il welfare aziendale è importante: che cosa fa la Fiat per l’istruzione? La Fiat ha un piano di borse di studio per i figli dei suoi dipendenti in tutto il mondo. A Torino, all’interno del complesso di Mirafiori, è stato creato uno degli asili più avanzati d’Italia. Inoltre Fiat finanzia corsi di formazione per giovani in vari paesi: uno è stato appena annunciato in India mentre il più articolato è in Brasile, senza contare le numerose iniziative di collaborazione con le università, come quella in Michigan. Le aziende dovrebbero fare di più? Penso di sì. E le medie aziende dovrebbero assumere più laureati, non lasciarli solo alle grandi imprese e alle multinazionali. Ho constatato che è da queste ultime, più che dalle imprese italiane, che è arrivato il maggiore interesse per i programmi della scuola di alta formazione. Lei ha vissuto tra Stati Uniti, Francia, Italia. Come mai ha frequentato la scuola francese? Perché è una scuola pubblica che garantisce, in ogni paese dove si trova, lo stesso standard di qualità. Anche Leone e Oceano studiano alla scuola francese di Torino. Sì, è una scuola pubblica che ha un programma bilingue in francese e inglese. E per me le lingue sono molto importanti. La scuola italiana invece in questo campo è un po’ carente. Lei dà molta importanza alle materie scientifiche ed è laureato in ingegneria. Ma il suo amministratore delegato Sergio Marchionne ha in tasca una laurea in filosofia. Chi ha ragione? Diciamo che Marchionne ha un curriculum di studi molto ricco: ha anche un master in economia e una laurea in legge. È un’ulteriore prova che studiare è fondamentale per avere successo nella vita.