Uri Dadush, Il Sole 24 Ore 13/9/2012, 13 settembre 2012
NELLA SUN BELT IL MERCATO AIUTA LA RIPRESA
Se dovessi andare a cercare indicazioni utili su come gestire la crisi, normalmente non sarebbero gli Stati Uniti il primo posto dove andrei a guardare, visto che tre anni dopo la fine della Grande Recessione, la disoccupazione è ancora inchiodata sopra all’8 per cento. Eppure l’esperienza di tre Stati della fascia meridionale degli Usa, la cosiddetta Sun Belt, nello specifico l’Arizona, la Florida e il Nevada, che hanno subito l’impatto di devastanti bolle immobiliari e ora stanno tornando a crescere, può offrire molti insegnamenti per le meno fortunate controparti europee Grecia, Irlanda e Spagna (chiamiamolo il gruppo del "Club Med"), anche loro colpite da colossali bolle immobiliari, ma che stanno avvitandosi in una recessione sempre più grave.
Sia gli Stati della Sun Belt che i Paesi del Club Med fanno parte di un’unione monetaria, perciò, per definizione, non possono ricorrere alla svalutazione. Né gli uni né gli altri possono compensare in tempi rapidi il tracollo del settore immobiliare svalutando e puntando sulle esportazioni e sulla sostituzione delle importazioni con prodotti nazionali. Almeno da questo punto di vista, quinti, partivano dalla stessa identica situazione.
La Sun Belt è in ripresa, ma non sta facendo sfracelli, tutt’altro. Mentre il Pil degli Stati Uniti è tornato sopra ai livelli del 2007, prima della crisi, in Nevada è ancora il 9 per cento al di sotto e in Arizona e in Florida circa il 6 per cento. Negli Stati Uniti come in Europa, la bolla immobiliare ha avuto effetti devastanti sugli Stati dove più si era gonfiata. Qual è l’insegnamento? Che chi ancora crede che la crisi del Club Med sia solo l’effetto di una spesa pubblica irresponsabile farebbe bene a dare a un’occhiata oltreoceano.
Nei tre Stati della Sun Belt il calo dell’occupazione è stato sì brusco (del 4-5 per cento), ma non paragonabile al tracollo avvenuto nei Paesi del Club Med, dove è scesa del 12-15 per cento rispetto al picco e dove la disoccupazione sta raggiungendo livelli da depressione economica e non accenna a fermarsi.
E allora perché nel Club Med la crisi è molto più profonda e protratta che nella Sun Belt? In un recente articolo a sei mani con i miei colleghi della Carnegie Shimelse Ali e Zaahira Wyne, abbiamo individuato i principali fattori.
Innanzitutto negli Stati della Sun Belt i mercati apparentemente funzionano meglio, e questo significa che gli aggiustamenti sono più brutali, ma anche più rapidi e uniformi. È evidente soprattutto nel mercato immobiliare: sia nel Club Med che nella Sun Belt i prezzi delle case sono quasi raddoppiati fra il 2003 e il 2007, ma da quando è scoppiata la crisi nei tre Stati Sun Belt si sono più o meno dimezzati, mentre in Spagna e in Grecia alla fine del 2011 si erano ridotti solo del 15 per cento e in Irlanda di un terzo circa. Il forte calo dei prezzi nella Sun Belt sta portando a una ripresa della domanda di case e ha costretto le banche ad ammettere le perdite su crediti in modo più rapido e trasparente, eliminando una grossa fonte di incertezza.
Anche la maggiore mobilità dei lavoratori e la maggiore flessibilità salariale che esistono negli Stati Uniti quasi certamente hanno contribuito al differenziale di disoccupazione con i Paesi del Club Med, che dovevano fare i conti anche con la fortissima perdita di competitività registrata dal momento dell’introduzione dell’euro. La gravissima crisi occupazionale in Spagna, Irlanda e Grecia sembra aver colpito soprattutto i lavoratori meno tutelati, come giovani e immigrati, mentre l’aggiustamento della forza lavoro in Arizona, Nevada e Florida è stato più uniforme e probabilmente più efficiente.
Ma a mio parere, il fattore che più di ogni altro concorre a spiegare perché la recessione nel Club Med è tanto più pesante che nella Sun Belt è la crisi di debito pubblico e il suo collegamento con la crisi bancaria, che stanno lasciando i governi di Atene, Dublino e Madrid senza accesso al credito e senza possibilità di spendere. Nella Sun Belt tutto questo non succede perché Arizona, Florida e Nevada possono contare sui trasferimenti automatici (minori tasse sul reddito e maggiore spesa sociale) di un grosso Governo federale - che non c’è in Europa - e su stimoli di bilancio discrezionali di entità pari al 5 per cento del Pil ogni anno durante la fase peggiore della crisi; e possono contare anche - ed è un elemento fondamentale - su istituzioni federali che provvedono direttamente a salvare le banche in crisi. E in quasi tutti i casi si tratta di trasferimenti puri e semplici, non di prestiti come nei pacchetti di misure di salvataggio adottati in Europa.
La spesa gestita dai governi Statali di Arizona, Florida e Nevada equivale solo al 10 per cento circa del Pil, i disavanzi sono insignificanti perché esiste la regola del pareggio di bilancio e il debito pubblico equivale solo al 4 per cento circa del Pil. I Paesi del Club Med invece gestiscono una spesa che equivale circa al 40 per cento del loro Pil, hanno disavanzi che sfiorano il 10 per cento e un debito pubblico che si avvicina al 100 per cento del Pil. Non c’è da stupirsi che la Florida, per esempio, abbia ancora un rating in tripla A mentre i bonos spagnoli ormai sono quasi a livello dei titoli spazzatura.
Ovviamente non sto dicendo che la zona euro potrebbe cambiare rapidamente diventando come gli Stati Uniti. Ma l’esperienza dei tre Stati della Sun Belt offre indicazioni utili per l’Europa e dimostra che anche nelle migliori circostanze una bolla immobiliare è devastante e che la strada per recuperare è lunga e difficile.
(Traduzione di Fabio Galimberti)