Ugo Bertone, Libero 13/9/2012, 13 settembre 2012
I GIUDICI TEDESCHI S’INCHINANO A DRAGHI
Lunga vita all’euro. Cinquanta giorni dopo il guanto di sfida lanciato da Mario Draghi alla speculazione («faremo tutto quel che è necessario per salvare l’euro»), la battaglia è vinta. Ieri gli otto giudici della Corte Costituzionale di Karlsruhe hanno respinto i ricorsi, sei in tutto, contro l’adesione della Germania all’Esm, il meccanismo di salvataggio della zona euro. Unico limite: la partecipazione della Germania al capitale dell’Esm, non potrà superare un tetto massimo di 190 miliardi, salvo ulteriore autorizzazione da parte dei due rami del Parlamento. Da questo momento, scrive il New York Times che non ha mai fatto mistero del suo scetticismo sulla tenuta della moneta unica, «l’Europa dispone di una sorta di Fmi in chiave continentale», ovvero uno scudo in grado di sgominare qualsiasi attacco alla moneta, grazie all’azione combinata degli acquisti sul mercato secondario della Bce e l’impiego dei fondi Esm (in tutto 500 miliardi) in sede di emissione. Difficile, almeno per ora, che qualcuno s’azzardi ancora a scommettere sul rischio euro sparando ai bersagli «facili», Italia e Spagna. Al contrario, soprattutto se il direttorio della Fed oggi darà il via alla terza edizione del Quantitative Easing (ovvero innaffierà di liquidità i mercati ritirando titoli a lungo), non è azzardato prevedere che i flussi della grande finanza faranno rotta sui «periferici» d’Europa, cercando di sfruttare a proprio vantaggio la riduzione degli spread. Ma non è solo per questo che la decisione delle toghe rosse di Karlsruhe offre all’Europa un’occasione preziosa, quasi irripetibile. Innanzitutto, la Consulta tedesca ha fatto una scelta di campo netta: «Nessuno è in grado, in questo situazione di crisi, di stabilire con certezza - ha detto il presidente del collegio Andreas Vosskuhle - che cosa sia giusto fare per il bene della Germania o dell’Europa, ma proprio per questo devono decidere gli eletti dal popolo». Una bella tirata d’orecchi per la Bundesbank, ma anche per i giornali che, dalla Bild alla Frankfurter Allgemeine, hanno sparato a zero contro Angela Merkel. In questo modo la Germania ha risposto indirettamente a George Soros che aveva invitato Berlino a «prender la guida dell’Europa o farsi da parte». Ma la partita non finisce qui. Già si annuncia battaglia sulla scelta dell’Unione Europea di affidare, entro il 2014, la vigilanza su tutte le banche dell’eurozona alla Bce: né Berlino né Londra intendono cedere senza dar battaglia. Resta, in tutta la sua gravità, il nodo greco mentre già da stamane le cancellerie cercheranno di capire gli umori profondi emersi dal voto olandese. Ma la vera partita, al solito, si gioca in Italia ed in Spagna. Si tratta di capire e con quali modalità Madrid e/o Roma chiederanno di attivare il meccanismo salva Stati. Certo, l’evoluzione positiva dei mercati del debito rende meno urgente la decisione, almeno per l’Italia. Ma la questione è tutt’altro che accantonata. In realtà, come scriverà sul Financial Times di stamane l’ex membro della Bce Lorenzo Bini Smaghi, sono possibili due scenari: uno positivo in cui i governi accelerino le riforme, soprattutto sul fronte delle privatizzazioni, sfruttando nel modo migliore la luna di miele con i mercati. L’altro, negativo (ahimè, non improbabile) in cui le forze politiche cedano alla tentazione di rinviare le scelte più spinose ma anche più attese. Intal caso,ammonisce Bini Smaghi, la vendetta dei mercati potrebbe essere implacabile. La decisione della Consulta tedesca, insomma, ha gettato la palla nel campo italiano: o ci si muove sul fronte della competitività (in cui l’Italia è in ritardo perfino rispetto alla Grecia) oppure gli sforzi dell’ultimo anno rischiano di essere compromessi. Da Karlsruhe, insomma, è arrivato, per dirla in termini calcistici, un perfetto cross. Ora tocca agli attaccanti (italiani e spagnoli, ma non solo) tradurre l’azione in un goal. Guai se, come è arrivata con i prestiti della Bce, l’occasione non verrà sfruttata.