Gianluca Veneziani, Libero 13/9/2012, 13 settembre 2012
LA CRISI COLORA IL MONDO DI ROSA MUSCOLI E FORZA NON CONTANO PIÙ
È appena uscito negli Stati Uniti il libro La fine dell’uomo della giornalista Hanna Rosin (nella foto in alto). Nel saggio la columnist del quotidiano americano Atlantic sostiene che la crisi economica ha favorito un rovesciamento di ruoli tra uomini e donne. Queste ultime si sarebbero affermate nelle professioni socialmente più accreditate, sfruttando alcune abilità come la predisposizione al multitasking e la capacità di conciliare lavoro e faccende domestiche. Gli uomini, invece, avrebbero perso i posti di comando nella sfera professionale per almeno due ragioni: l’economia moderna non richiede più virtù come l’uso della forza e lo sfoggio dei muscoli; e la crisi ha colpito proprio le industrie dove era più evidente il dominio maschile: le costruzioni, l’indu - stria manifatturiera e l’alta finanza. Eil motivo per cui,adetta della Rosin, la recessione sarebbe stata anche una «man-cession», cioèunarecessione degli uomini.Eavrebbe, allo stesso tempo, sottratto fascino al genere maschile e aggiunto una sorta di aura di comando, di appeal da “sesso forte” a quello che, fino a qualche decennio fa, era considerato l’anello debole della società. Secondo la giornalista, il ribaltamento si sarebbe verificato anche all’interno delle muradomestiche. La donna avrebbe assunto il ruolo di sfamare la famiglia, di provvedere al sostentamento del nucleo grazie al suo lavoro; l’uomo invece sarebbe stato costretto a svolgere attività da casalingo, provvedendo al disbrigo delle faccende domestiche e subendo quindi un duro contraccolpo nella sua autorappresentazione sociale. Non sempre però, secondo la Rosin, i ruoli sono così rigidamentedistinti. A volte le donne riescono a combinare entrambi i ruoli, diventando imprenditrici e politiche di successo pur continuando ad avere una posizione egemone in famiglia. È il caso di Marissa Mayer, nominata a luglio amministratore delegato di Yahoo mentre era già al settimo mese di gravidanza. Altre volte, invece, l’affermazione professionale delladonna nasce dal rifiuto della tradizionale equazione donna ugualemamma. Johanna Sigurdardottir, ad esempio, è diventata premier dell’Islanda, dichiarando apertamente di essere lesbica. Il saggio della Rosin si chiude con una riflessione apocalittica: siamo alla «fine del maschio», all’epilogo di un predominio millenario o comunque al tramonto della «supremazia del testosterone ». Sul tema Libero ha ascoltato i pareridi due autorevoli intellettuali italiani: Ida Magli e Manlio Sgalambro. La prima, antropologa, ha dedicato i suoi studi alla condizione della donna nella civiltà occidentale, con saggi quali La femmina dell’uomoeLa donna, un problema apertoe negli anni Settanta ha anche scritto sul periodico dell’associazione femminista «Unione Donne Italiane». Il secondo, filosofo e paroliere, ha speso la sua vita affrontando l’opera di Nietzsche e di Cioran, con un taglio che molti critici hanno definito nichilista e misantropo. La sua ultima fatica è, appunto, un saggio pubblicato da Adelphi, intitolato Della misantropia.
CON LE DONNE AL POTERE CROLLA LA CIVILTÀ–
Ida Magli, l’autrice del libro La fine dell’uomo sostiene che le donne si siano avvantaggiate della crisi economica, per sostituire i maschi nei ruoli di comando. Concorda con questa tesi?
«Per nulla. Non credo che la crisi sia stata un fattore destabilizzante del potere maschile. Gli uomini sono ancora ai posti di comando e di questo mi rallegro. Le donne, anziché contrastare l’uomo, avrebbero fattomeglio ad avviare una riflessione su due temi: l’immigrazione e il predominio gay».
Si spieghi.
«Dacché esiste l’Unione europea, non ho mai sentito un politico donna opporsi seriamente all’immigrazione. Eppure l’immigrazione contribuisce alla frantumazione dell’unità dei popoli europei. Nel 2030,quando i musulmani avranno il predominio nel nostro continente, non sarà solo la fine della donna, costretta dall’islam a un ruolo di minorità, ma anche del maschio europeo. Solo in questo senso riesco a parlare di “fine dell’uomo”... europeo».
I gay, invece?
«Sono l’altra dimostrazione che la donna non ha vinto. L’élite omosessuale, sempre più presente nei luoghi di potere, è l’immagine del maschio che fa a meno della donna. L’uomo gay indica la morte della società, condannandola a essere sterile. È l’altro segnale preoccupante della fine della nostra civiltà».
Eppure, sostiene la Rosin, le donne oggi sono predominanti nelle professioni socialmente più accreditate, laddove i mestieri più muscolari e più maschili subiscono un crollo. Come commenta?
«Credo che le cose perdano valore quando se ne impadroniscono le donne. Penso alla psicoanalisi. Era una scienza nobile, fin quando era nelle mani degli uomini, dai padri fondatori in poi. Non appena si è creata la figura dell’analista donna, la psicoanalisi ha perso influenza, per lo meno nel nostro continente. Lo stesso vale per la scuola e per la comunicazione. Gli uffici stampa sono pieni di donne, ma questo dimostra soltanto che la donna è uno strumento di comunicazione tra maschi».
C’è almeno un aspetto positivo nell’emancipazione della donna?
«Il femminismo ha provato a intercettare il potere dei maschi e ha creduto di raggiungere il successo facilmente, senza una riflessione su quello che ciò avrebbe comportato. L’unica conseguenza è che, con l’emancipazione femminile, si è distrutta la famiglia e si è abbassata la natalità».
In questo panorama fosco, esiste qualche donna di potere che stima particolarmente?
«Non mene viene in mente nessuna. Si dice che Michelle Obama sia la donna più potente del mondo: ma non è potente lei, è potente suo marito. È un po’come Carla Bruni per Sarkozy. D’altronde, anche quando le donne hanno il potere, non riescono a sfruttarlo. La regina d’Inghilterra è sul trono da sessant’anni, ma in tutto questo tempo non ha mai speso la sua voce su temi decisivi per la nazione. Potrebbe essere importante, ma fa finta di non esserlo».
Forse però alcune donne sono limitate nella loro ascesa dall’impossibilità di conciliare il ruolo di donna con quello di madre. Esiste, secondo lei, un aut aut di questo tipo nel nostro Paese?
«Fare figli è un impegno serissimo e decisivo per la sopravvivenza della civiltà. Purtroppo però in Italia non si fa nulla per incentivare questo servizio alla società. Anzi, il governo di Monti ha impedito alle dipendenti statali di usufruire, grazie alla maternità, di un periodo più lungo ai fini pensionistici. E la dimostrazione di come siamo ben lontani dall’affermazione di una donna capace, allo stesso tempo, di lavorare e fare la mamma».
In sostanza, non sente di condividere in nulla la tesi della Rosin?
«Il problema è che la scrittrice guarda la situazione femminile da una prospettiva esclusivamente americana. Gli statunitensi sono ancora convinti di rispecchiare ilmondo, masbagliano. E soprattutto faticano a teorizzare, visto che sono un po’ stupidi».
Gian. Ven.